Arzano, rispetto a Pomigliano, si trova in una posizione geografica privilegiata.
Per andare a Napoli, da Pomigliano esiste sostanzialmente una sola via: o col trenino, o con un bus, o con l’ auto, prendendo la strada nazionale, la superstrada o l’ autostrada, si passa comunque da Poggioreale e si arriva a piazza Garibaldi; da lì poi...
Da Arzano ci sono due possibilità: passare da Capodimonte o da Capodichino; il primo itinerario è più, diciamo così, "turistico", ed il secondo, diciamo sempre così, più "industriale" .
Sono sempre stato un buon camminatore (visiterò in seguito quasi completamente a piedi anche grandi città europee: Parigi, Londra, Barcellona, Vienna...), e da giovane talvolta mi piaceva andare a Napoli con le mie gambe.
Percorrevo tutta via Napoli, attraversavo la rotonda e poi il quadrivio di Arzano, prendevo della buona aria sulle alture di Miano, ed ecco, ben presto si profilava la sagoma della Reggia di Capodimonte e, attraverso il corso Amedeo di Savoia, arrivavo a via Toledo (che allora si chiamava via Roma), e da lì raggiungere la Galleria o il Palazzo Reale era uno scherzo...
Percorrevo in un’ ora e mezza quell’ itinerario (la mia media oraria, a piedi, era allora di sei chilometri; ora si è abbassata, ma non di tanto: diciamo che è diventata di cinque...) Ma i chilometri erano sempre otto, anche quando passavo da Capodichino, prendendo il Rettifilo al Bravo, percorrendo via De Pinedo, scendendo per la calata Capodichino e via Arenaccia, arrivando così alla Stazione centrale.
Più anime di Napoli mi si presentavano: con il primo itinerario, dapprima quella militare (delle caserme dopo il quadrivio di Arzano), poi quella un po’ popolare di Miano, che però lambivo soltanto, e dopo, sempre più intensamente, quella della nobiltà decaduta della capitale del Sud; con il secondo, l’ anima della classe operaia, che sembrava, allora, essere proiettata verso un futuro sempre migliore, e anche quella, verso piazza Garibaldi, degli scambi, dei commerci più o meno leciti, e dei viaggiatori in transito.
Credo quindi che Arzano abbia sempre goduto, nella storia, di almeno due prospettive diverse, di almeno due venti che, soffiando dalla vicinissima Napoli, hanno formato in modo multiforme e complesso il carattere degli Arzanesi, un po’ come Proust, da bambino, poté usufruire sia del lato di Guermantes (della nobiltà che di quello di Mé sé glises (della borghesia) ...
A Pomigliano, invece, nel corso dei secoli è sempre arrivato da Napoli, un po’ più lontana, un solo, indistinto vento, che ai paesani faceva immaginare la capitale come misteriosa, segreta, magari pure un tantino minacciosa, simile al "Castello" indecifrabile che si presentava agli occhi dell’ agrimensore K . nel noto romanzo di Kafka (quando ero bambino, con un carretto trainato da un cavallo, veniva a vendere, a viale Alfa a Pomigliano, dell’ ottima frutta e verdura un certo C ., un bravo e onesto giovane sui trent’ anni di età, di tendenze, si diceva, omosessuali; ebbene, quasi si vantava di non avere mai visto il mare...)