C’è parecchia gente (forse) che sostiene di provare l’esperienza metafisica (ciò che comunemente si intende con questa parola: andare al di là del mondo fisico, avvertire la presenza di entità soprannaturali) entrando in una chiesa, dove al contrario io, se vi permango un po’ troppo tempo, rischio di rimanere alquanto deluso, di disvelare un inganno che ci viene insistentemente proposto da duemila anni.
Ho quasi timore, invece, di percorrere il viale dove sono nato e dove ho abitato da piccolo, perché mi sembra di rischiare di diventare un altro, di sentirmi sostituito con il bambino che ero, il quale è ancora lì ad aspettarmi, e quasi a rimproverarmi di non avere sfruttato le opportunità che mi aveva suggerito...
Il viale ora, con le aggiunte fatte dagli anni Sessanta in poi, è quasi triplicato per lunghezza, e cambia nome due volte. E’ interessante percorrerlo partendo da sud, da dove, lasciate un paio di superstrade, vi si immettono in particolare gli automobilisti provenienti dai paesi vesuviani: quel tratto, il più recente, impercettibilmente curvilineo e popolarmente chiamato "vialone", ha il nome di via Gandhi. Immagino che i cosiddetti Vesuviani abbiano l’impressione di arrivare finalmente in una benigna pianura (anche se mi risulta che alcuni di loro la chiamano, non so quanto scherzosamente, "palude") , di stare abbandonando i loro siti, più pericolosi a causa della maggiore vicinanza del vulcano, e di trovare una minore focosità anche nelle persone che vedono e incontrano (la configurazione di un luogo, si potrebbe dire cercando di emulare Montesquieu, incide anche sul carattere dei suoi abitanti) . Quella via Gandhi, inoltre, ha sulla sinistra un ingresso del poco più che ventennale e bel parco pubblico, che costituisce un ottimo biglietto da visita della mia cittadina.
Si giunge poi ad una moderna rotonda e, procedendo sempre dritti, si imbocca via Leonardo da Vinci, nata un po’ stretta e perciò percorribile dalle auto solo a senso unico sud- nord. Sulla sinistra ci sono un ristorante- pizzeria un tempo famoso, ma ora parecchio decaduto, e un lindo alberghetto (non sono pochi i forestieri che ogni tanto devono pernottare nella mia cittadina, soprattutto per motivi di lavoro legati alle industrie), e sullo sfondo si intravvede chiaramente, a distanza di qualche chilometro, la torre piezometrica della "FCA", ex "FIAT", ex "Alfasud", ex aeroporto militare...
Il rettilineo asse sud- nord del quale sto parlando è lievemente inclinato in direzione nord- ovest (più o meno come l’Italia) e, se lo si fa proseguire in linea d’aria, dopo avere sfiorato Acerra raggiunge la Reggia di Caserta (non sono forse le moderne grandi industrie delle riedizioni delle regge settecentesche dove, invece di quella del monarca, si aspetta ansiosamente la visita di qualche top manager?) e, volendo, Bologna, Parigi, Londra (o forse la Ruhr...) , non senza essere passato da Milano (talvolta scherzo con qualcuno o qualcuna, e dico che Pomigliano si chiama così perché è un "po’ Milano" ...) Non so se il tracciato iniziale della strada fosse stato progettato con questa consapevolezza nei primi anni Quaranta, ma è certo che esso ha un valore quasi metafisico, permettendo alla fantasia di evadere dai tanti problemi del Sud e di sognare condizioni di vita migliori a nord, sempre più a nord...
Finita via Leonardo da Vinci, si imbocca finalmente il viale Alfa. Cinquanta metri dopo la casa dove abitavo, c’è un crocicchio per certi versi inquietante, perché sembra trasportare in un’altra epoca, al centro di quello che nel passato era il rione appena nato (sarà per questo, forse, che vi accadono non pochi incidenti mortali? Nel solo ultimo anno un’auto che lo percorreva di notte ad altissima velocità si è schiantata contro un muro, ed un novantenne, mentre lo attraversava a piedi, è stato investito da un giovane intento a trastullarsi col cellulare), e poi il viale, fiancheggiato ora da palazzi e palazzetti piuttosto anonimi, incontra la strada nazionale "7 bis", superata la quale, sempre dritto, si inoltra nella zona ormai industriale, fino a finire in un’ampia rotonda (proprio lì, nel 1939, Benito Mussolini pose la prima pietra di tutto quello che sarebbe poi venuto di conseguenza, compresa la man mano sempre più considerevole locale "addizione erculea") , al centro della quale un piccolo industriale del posto ha installato, donandolo alla cittadinanza, un modellino di aereo piuttosto ben realizzato.
Praticamente non resta altro, giunti fin lì, che entrare in qualcuno dei grandi stabilimenti o tornare indietro, non senza essere rimasti un po’ turbati da quel bagno metafisico di cui ho cercato di dare una sia pur pallida ed imperfetta idea.