C’è una piccola città a sei, sette chilometri ad est della mia, con la quale io e la mia cittadina abbiamo avuto sempre parecchie affinità (a volte dei luoghi sono circondati da tanti altri luoghi ai quali poco corrispondono, mentre ce n’è uno solo che dà quasi l’ impressione di essere un loro gemello, e agli abitanti di essere rimasti a casa, pur se si trovano là) .
Questa piccola città è Marigliano, in una delle scuole medie della quale insegnai per due anni scolastici (dal 1983 al 1985), e che malvolentieri abbandonai pur se per mia volontà, soltanto per il desiderio di raggiungere comodamente a piedi la sede di lavoro, senza usare l’ automobile.
Ma già da bambino e da ragazzino avevo avuto l’ occasione di interessarmi a Marigliano, quando ben due signorine mie vicine di casa si sposarono con dei giovanotti mariglianesi: una fu una mia dirimpettaia, di materne toscane origini, che si maritò con un uomo davvero buono, come rivelava il suo cognome (era un tecnico di televisori, e mia nonna, una delle prime persone ad avere comprato quella novità alla fine degli anni Cinquanta, lo chiamava spesso, perché allora quei nuovi aggeggi tecnologici facevano sovente dei capricci...); l’ altra fu addirittura una mia cugina, che abitava al piano superiore al mio: sposò T . N ., un ragazzo con tanta voglia di successo e che, dopo avere iniziato a lavorare come perito industriale, finì la sua carriera da manager di un certo prestigio, non senza aver girato per lavoro mezzo mondo.
I miei contatti con Marigliano si riannodarono e si intensificarono quando, poco più che trentenne, andavo, come ho accennato all’ inizio del racconto, lì per insegnare, ritrovando, dopo alcuni anni, F . D ., un giovanotto come me, ma alto e robusto, insegnante di Matematica, che già avevo conosciuto in un’ altra scuola, nel Casertano, dove anche lui aveva iniziato l’ attività di docente.
Oltre a lui ricordo, in quella scuola che raggiungevo al massimo in un quarto d’ ora con la mia utilitaria, una collega più anziana di me, che avvicinavo con un po’ di soggezione, perché aveva lo stesso cognome (quello vero) di Mario Riva, l’ indimenticabile presentatore e uomo di spettacolo romano (ma di solide origini mariglianesi) che aveva allietato parecchie mie serate da bambino davanti al teleschermo, e soprattutto S . M ., di soli pochi anni maggiore di me, insegnante di Educazione tecnica e già vicepreside, il quale evidentemente con piacere mi sceglieva spesso come accompagnatore degli alunni per parecchie visite guidate (conservo ancora il ritaglio di "Paese Sera" con la fotografia di me, di lui, di altri due colleghi e di una quarantina di ragazzi, scattata quando andammo a fare visita alla sede di Napoli del quotidiano: fu l’ unica volta in cui apparvi in un giornale...)
Dal 1896 Marigliano si fregia del titolo di "città" (il mio comune ebbe questo riconoscimento soltanto una quarantina di anni fa...), e visse forse nel Seicento e nel Settecento il suo periodo di maggior splendore, testimoniato ancora soprattutto dal bel profilo del suo corso, sul quale si affacciano parecchi antichi palazzi di quattro o cinque piani. Le più di trecento occorrenze poi, nelle "Pagine bianche", del cognome "Marigliano" sono un’ ulteriore indicazione dell’ importanza del comune in epoche passate (i cognomi di luogo venivano dati, nei primi secoli del secondo millennio come tutti gli altri cognomi, considerando soprattutto le località che godevano di un certo prestigio e che erano conosciute in un ambito piuttosto ampio) . Gli abitanti di Marigliano hanno sempre un po’ superato, per numero, quelli della mia cittadina fino alla seconda guerra mondiale, quando iniziò il sorpasso (ora Marigliano ha circa trentamila abitanti, e il mio comune circa quarantamila) .
Ottenuto il trasferimento in una e poi in un’ altra scuola media della mia cittadina, i contatti con i Mariglianesi non diminuirono, ma quasi si incrementarono, perché non erano pochi gli insegnanti di quel luogo che avevano avuto una cattedra nel mio comune (e parecchi vi sarebbero rimasti fino al pensionamento) . Vorrei ricordare in particolare, tra loro, tre colleghe di Italiano e un collega di Educazione tecnica.
T . A . era (da un paio d’ anni, purtroppo, non è più nel mondo dei vivi) una signorina più grande di me di otto anni, piuttosto bassa e tozza, figlia di un grosso commerciante di patate (sia Marigliano che il mio paese si sono dedicati per secoli alla produzione e al commercio di quei tuberi): tentò talvolta, vanamente, di sedurmi (nonostante le mie imperfezioni, ho sempre preferito donne esteticamente un po’ più appetibili...), ma la ricordo soprattutto per la sua estrema socievolezza con le famiglie degli alunni, con le quali era capace spesso di stringere delle vere e proprie amicizie.
M . F ., madre di un paio di ragazzi, aveva combattuto vittoriosamente contro un male insidioso, e a scuola sapeva guidare gli alunni con equità, ma con dolcezza, con simpatia ed anche con una buona dose di umorismo. Nei primi anni del nuovo secolo e millennio mi rivolsi a lei per avere un giudizio su un paio di mie poesie (avevo ricominciato da poco tempo a scriverle): dopo alcuni giorni mi consegnò due fogli sui quali aveva scritto critiche positive e davvero professionali.
Tra le mie colleghe di Italiano c’ era poi una quasi nobildonna, ormai alle soglie della pensione e appartenente a una delle famiglie più in vista di Marigliano. Da ragazza aveva studiato in uno dei più esclusivi collegi di Firenze, e possedeva una villa alla periferia della sua cittadina: pare che spendesse ogni mese quasi la metà del pur modesto stipendio per farsi inviare da mezzo mondo delle piantine di fiori pregiati e rari, che andavano continuamente ad arricchire il suo giardino, forse il più bello della cittadina. Un figlio, già professionista, aveva ucciso, parecchi anni prima, per motivi di gelosia un rivale in amore in un paesino vicino, e stava scontando ormai gli ultimi mesi di carcere (talvolta gli appartenenti a famiglie bene possono commettere più facilmente un delitto, perché in loro è più bassa la soglia della sopportazione di una presunta ingiustizia) . Aiutai la collega a tradurre in francese una richiesta dell’ avvocato di una riduzione della pena: fu inviata a Strasburgo, alla Corte europea dei diritti dell’ uomo. (Io ero uno dei pochi a difendere la professoressa dalle numerose critiche che riceveva per il suo insegnamento; venni poi a sapere che esse erano probabilmente alimentate da una collega di Matematica, parente di quel ragazzo ucciso: ma come le colpe dei padri non devono ricadere sui figli, così quelle dei figli non dovrebbero riguardare le madri!)
A . N . (che fu messo in quiescenza un anno prima di me), infine, aveva preso una decisione più unica che rara: dopo essere stato per una ventina d’ anni impiegato in una grande azienda automobilistica, la mollò, rinunciando ad uno stipendio abbastanza più elevato, per dedicarsi all’ insegnamento, spinto, a quanto pare, dall’ amore per i ragazzi e per le loro problematiche. Si faceva effettivamente apprezzare e benvolere in tutte le classi in cui andava e, sotto il Natale, guidava gli alunni nella preparazione di bellissimi presepi. Amicone con tutti i colleghi, non si tirava mai indietro sia nelle occasioni più liete che in quelle più tristi (era tra i primi a farsi avanti quando si trattava di organizzare una bella mangiata fuori, ma anche quando c’ era da recarsi a un funerale per la morte di qualche congiunto di un o di una insegnante) . Ultimamente mi ha telefonato per farmi sapere che nella campagna mariglianese si è aperto un nuovo ristorante dove, a suo dire, si mangia dell’ ottimo pesce: qualche volta, forse, ci andrò...
Sicuramente avrò dimenticato qualcuno e qualcuna, e magari non ho citato un paio di Mariglianesi che mi erano un po’ meno simpatici, ma si sa che ogni regola ha le sue eccezioni... Come da bambino mi appassionavo a scorgere le molte somiglianze e le piccole differenze che c’ erano tra la via in cui abitavo e le quattro ad essa parallele, così da adulto ho fatto quasi la stessa cosa confrontando la mia cittadina con Marigliano, giungendo alla conclusione che, se fossi proprio obbligato a cambiare residenza, sceglierei quel comune a me così congeniale.