La giornata era particolarmente calda. Verso le tre del pomeriggio le piastrelle scottavano, così pure la ringhiera di ferro battuto e il muricciolo che divideva la rampa di ventidue gradini dal pianerottolo e che, poco più alto di un metro, aveva alla sommità il bordo arrotondato. Le porte che si affacciavano sul terrazzo, in particolare quella esposta a sud che dava nel soggiorno, presentavano a causa dell’intenso calore grosse bolle di vernice marrone.
Dalla strada lastricata con basalti giungevano ovattate le voci dei miei amici ‘Ntonio (1), Meluccio (2), Giggino (3) e Amedeo. Scesi freneticamente le scale e in un attimo fui fuori. Gli amici mi proposero di sfuggire alla calura e di rifugiarci sotto il "portico"di Zi’ Peppe (4). Certamente il luogo non era salubre, perché lungo la parete che lo separava dalla proprietà dei Gingià (5) correva un canale di scarico, non solo di acque piovane, ma, in compenso, il luogo era freschissimo, in quanto esposto a nord, cosicché il sole vi faceva capolino solo nelle più lunghe giornate estive. Vi si affacciavano la cantina di Zi’ Peppe ‘i Gnummessa (6), il quale, ogni anno, con l’aiuto della moglie, Ze’ Cuncetta (7), faceva la vendemmia e "cacciava la frasca" (8) per vendere il vino. Vi lavorava Peppeniello ‘U Zuoppo (9), il quale, sebbene fosse condizionato da due grucce, riusciva a costruire solidissime sedie di paglia, utilizzando arnesi semplici ma molto efficienti.
Il pavimento del portico non era né in cemento, né piastrellato, ma di terreno sedimentato molto scuro e compatto: l’ideale per stare al fresco e giocare al "richiamo" (*)
Mentre giocavamo divertiti, sentimmo l’inequivocabile fragore di un vetro in frantumi e, subito dopo, le imprecazioni della vicina di casa "Delinquenti, chi è stato? Se vi acchiappo ve la faccio pagare!".
Dal cortile antistante casa mio fratello, giocando con mazza e piccuzillo (specie di legnetto lungo una quindicina di centimetri che, colpito su una delle due punte con la mazza (un bastone) roteando poteva essere lanciato lontano) aveva colpito in pieno la vetrinetta del portone di fronte, oltre il muro di cinta! Noi, anche se non coinvolti direttamente, raccogliemmo velocemente le monete e scappammo via.
(*) Il gioco del "richiamo", possibile con due o più giocatori, prevedeva un tracciato a forma di segmento lungo circa un metro, inciso con un rametto o simile sul terreno . Dopo aver tirato a sorte (‘u tuocco), ciascun giocatore lanciava una moneta da dieci lire, tenendola ben sistemata tra pollice, indice e medio, in modo da imprimerle un senso rotatorio e poterla meglio indirizzare verso il "richiamo". Si determinava in tal modo un turno. Il vincitore aveva la facoltà di scegliere tra due opzioni: la prima consisteva nel far mischiare bene tra le mani e lanciare tutte le monete in aria da un giocatore precedentemente stabilito e gridava "testa! " (capa) o "croce"!; tra quelle cadute a terra le prescelte gli erano attribuite, mentre le altre erano riservate con la stessa modalità agli altri giocatori. La seconda possibilità consisteva nella facoltà drastica e più rischiosa per il vincitore dell’accosto al "richiamo" di farsi lanciare una "pizza". A questo punto chiedeva al giocatore prefissato di lanciare in alto e far ben roteare una sola moneta e, mentre questa era sospesa a circa un metro, avrebbe dovuto afferrarla e subito spiaccicarla a terra, nascosta sotto le dita di una mano, in modo che non si potesse riconoscere. A questo punto il vincitore dell’accosto, con qualche scaramanzia gridava " testa"! oppure "croce"! e l’altro scopriva lentamente le dita, originando grida di gioia o lamento di sconforto.
(1) Versione dialettale sta per Antonio( 2) Versione dialettale del diminutivo di Carmelo( 3) Versione dialettale di Gigi- Luigi( 4) Versione dialettale e confidenziale di Signor Giuseppe( 5) Nomignolo di una nota famiglia di Montesarchio, proprietaria di un grande negozio di tessuti.(6) Nomignolo derivante da piombo( 7) Signora Concetta( 8) Posizionava un ramo di ulivo per richiamare l’attenzione dei passanti, potenziali acquirenti del vino; il servizio era integrato da un banditore, il quale, suonando una trombetta gridava " Abbasc’i Curci, rint’a cantina ‘i Zi’ Peppe ‘i Gnummessa, ‘u vino russo a ciento lire ‘u litro! Pruvatelo! E’ robba bona!"(9) affetto da zoppia a causa dei postumi di poliomelite infantile.