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Il silenzio nel nostro scompartimento è ricco di significati, di pensieri inespressi, di gesti defatiganti, di cenni, di dialoghi muti, non confessati. Avverto nell’ aria un malcelato imbarazzo, il senso dell’ incompleto, del non definito. Assorti nei propri pensieri i passeggeri vivono in attesa. Sembra che il tempo sia uno spazio vuoto da riempire in qualche modo: leggendo, osservando il paesaggio che sfugge, evocando sensazioni, immagini. Gli sguardi talora s’ incrociano, accennano ad un possibile dialogo, che spesso ricade. Il precario, l’ effimero sottraggono sostanza all’ incontro. Quante promesse di scambi epistolari non mantenute! Perché mai ritentare? Ognuno riesamina le immagini che scorrono davanti alla propria mente. Si affollano i ricordi: alcuni si abbandonano, altri si afferrano, altri ancora s’ indagano. E’ tutto un continuo rapportarsi in solitudine col mondo esterno, con i propri pensieri, con le pulsioni del proprio corpo. Il vocì o, i rumori che provengono dal corridoio e dagli altri scompartimenti sono ovattati. Quando il treno si ferma per il rosso di un semaforo in mezzo a un bosco, qualcosa rompe quell’ atmosfera quasi magica, anche se un po’ asettica. Sulle pendici esposte a nord, tra le gagge, chiazze di neve resistono. Sul rosso infuocato delle mie palpebre chiuse, d’ improvviso dal sole accecate, ombre confuse, come quelle marezzate, di piante, tralicci e ponti. Il nero netto, altrettanto improvviso, m’ informa del passaggio in galleria. Spento il sole, rimane lo stridì o acuto delle rotaie. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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