Ero arrivata finalmente... Con la mia valigia vecchia di cartone, legata con una cintura per evitare di perdere per strada i quattro stracci che avevo dentro...
Dopo quindici giorni di un viaggio stressante in una nave da carico, ed il cuore pieno di speranza, mi trovavo al porto di New York, pieno di gente in condizioni più o meno pietose come le mie, chi aveva la fortuna di avere dei soldi, noleggiava una macchina, io mi guardavo intorno per vedere se riuscivo a individuare una mia lontana cugina, che conoscevo solamente tramite una foto ingiallita, che aveva mandato a mia madre molti anni prima il giorno del suo matrimonio. Io le avevo scritto una lettera dicendo che sarei arrivata quel giorno, con quella nave, e le chiedevo di venirmi a prendere, altrimenti io non avrei saputo dove sbattere la testa.
Per farmi riconoscere, visto che lei nemmeno mi conosceva, e mi aveva visto (mi raccontò mia madre) solo in fasce, scrissi nella lettera che mi sarei vestita di bianco, e mi sarei messa un foulard blu al collo, che avevo i capelli lunghi biondi e gli occhi azzurri, che secondo la gente del paese ero una bella ragazza, e che avevo 23 anni.
Mi giravo da una parte all’ altra per vedere se qualcuno si avvicinava a me, ma me ne accorsi solo che c’ era un ragazzo che mi fissava in una maniera molto insistente, e accennava ad un sorriso imbarazzato. Io non mi mossi, naturalmente, che ne sapevo che era proprio colui che mi era venuto a prendere per portarmi da mia cugina?
Quando si decise finalmente a chiedermi se io ero Daniela Gomenti, io mi illuminai dalla contentezza, già incominciavo a temere che non sarebbe venuto nessuno! E così. Dopo le presentazioni, mi diressi con il figlio di mia cugina, Marco, ad una vecchia carrozza, tirata da un cavallo ancora più vecchio! "Incominciamo bene!" pensai, ma alla fine mi tranquillizzai, sperando che fra poco sarei arrivata a destinazione.
Troppo ottimismo da parte mia! Eravamo in viaggio da ben quattro ore, Marco non parlava, io ero stanca morta, avevo fame, sete, avevo bisogno di un gabinetto, insomma, alla fine domandai: "Scusami, manca molto?" Marco mi guardò con aria divertita, e mi disse: "Altre due orette, più o meno..."
Evidentemente il mio viso deve avergli fatto pena, perché portò la carrozza sotto un grosso albero, tirò fuori da uno zaino un panino con del formaggio e una bottiglia di vino, e me li allungò, mettendosi a mangiare pure lui. Aveva portato anche delle belle mele rosse, e dopo il panino me ne mangiai una avidamente. Poi scesi dalla carrozza, e cercai un posto dove fare pipì, per fortuna eravamo in mezzo a un mucchio di arbusti e così non ci furono problemi...
Arrivammo che il sole incominciava a tramontare, si vedeva uno spettacolo che lasciava senza fiato, quei colori rossi e gialli che infiammavano il cielo illuminavano anche le case che formavano quel piccolo paese dove avrei dovuto fare la maestra nell’ unica scuola che c’ era...
Maria si affacciò subito appena ci sentì arrivare, era una donna robusta, il suo viso denunciava la stanchezza di una vita pesante e sacrificata, appena mi vide si commosse, mi fece un sacco di complimenti e mi invitò ad entrare. Prese la mia povera valigia e s’ incamminò all’ interno dell’ umile casa, dove si sentiva un gradevole odore di pane appena sfornato. Io entrai un po’ intimorita, non sapevo perché. Subito dopo notai seduto di fronte ad un piano antico un giovane uomo, che al sentirmi, si mise a suonare una melodia bellissima che mi lasciò piacevolmente colpita, alla fine, girandosi verso di me, disse semplicemente: "Benvenuta Daniela".
Rodrigo era il figlio maggiore di Maria, cieco dalla nascita, amante della musica e con un portamento e modo di fare d’ altri tempi. Io che adoro la musica, lo pregai di continuare a suonare, e nella piccola saletta si sparsero le note stupende di “ Per Elisa” di Beethoven...
Maria mi raccontò che suo marito era morto appena un anno fa, una malattia improvvisa che se lo portò via in poco tempo, e che lei aveva dovuto farsi carico della casa e della campagna intorno assieme a suo figlio Marco di 18 anni. Rodrigo purtroppo non poteva aiutarla, e si dedicava anima e corpo alla musica, che adorava da quando era piccolo.
Io andai il giorno dopo a presentarmi alla scuola del paese. Avevo mandato il mio curriculum, ed era per quello che mi avevano accettato, e anche per il fatto che viveva nello stesso paese mia cugina con suo marito, che era americano. La mia vita cambiò completamente, facevo il lavoro che avevo sempre sognato, e vivevo tranquilla assieme a Maria e i suoi figli. Rodrigo quando sentiva la mia presenza si emozionava, non riusciva a mascherare il suo turbamento, e si metteva immediatamente a suonare il piano, era la sua maniera di nascondere i suoi sentimenti, ed io sentivo nascere dentro di me qualcosa di nuovo che non avevo mai provato per nessuno.
Passò altro tempo, e un giorno che Rodrigo era seduto davanti al piano, io mi sedetti al suo fianco senza che lui se ne accorgesse, lui smise di suonare, si girò verso di me e prendendomi per le spalle mi baciò. Fu un bacio dolcissimo e lunghissimo, da quel momento in poi, non ci lasciammo più. Ero diventata parte della sua musica, e lui, una parte di me...