STUPIDA GELOSIA
Quella mattina Elisa non aveva voglia di fare niente, il tempo fuori era freddo e uggioso, e sapeva che in ufficio non c’ era molto da fare, in più, il suo capo le aveva detto che sarebbe andato in montagna e che non lo aspettasse in ufficio... Così, pensò di prendersi anche lei una giornata di riposo.
Guardò l’ orologio, erano solo le otto, si girò dall’ altra parte nel letto, si coprì fino alle orecchie, e decise di starsene al calduccio. Ma non aveva fatto i conti col telefono, non l’ aveva spento purtroppo, e la musichetta insistente la fece alzare per forza, visto che non l’ aveva messo nemmeno sul comodino.
Sbuffando si avvicinò al telefono, e con voce scocciata disse: “ Pronto?” La voce piangente di sua madre la svegliò del tutto, che allarmata domandò “ Mamma! Cosa succede?” Lei, sempre piangendo disse: “ Tuo padre è andato via di casa...” Elisa rimase muta qualche secondo, e sua madre: “ Non dici niente?”
Elisa se lo aspettava da tempo, si capiva lontano un miglio che il matrimonio dei suoi genitori stava naufragando, ed era stato proprio per le continue liti, e la tensione che si respirava in casa che lei aveva preso la decisione di andare a vivere per conto suo. Era maggiorenne ormai, e non potevano impedirglielo, anche se sua madre la supplicò di non andarsene, di non lasciarla sola, perché anche lei sentiva che presto lo sarebbe rimasta.
Suo padre era un bel uomo, con i capelli appena brizzolati nelle tempie, con un fisico invidiabile, e le donne le morivano dietro. Anche la mamma era ancora una bella donna, bionda con occhi chiari, era molto attraente, specialmente quando si lasciava i capelli sciolti e si vestiva con cura. Forse era stato per quello che avevano tutti e due un sacco di ammiratrici e ammiratori che facevano ingelosire tutti e due, e la vita tra loro era diventata un inferno, avevano perso la fiducia l’ uno dell’ altro, e ogni ritardo, ogni telefonata fuori programma, era motivo per una lite furibonda. Forse si amavano ancora, ma era chiaro che non potevano più vivere insieme.
Elisa non aveva intenzione di litigare con sua madre, e cercando di rimanere calma rispose: “ Mi vuoi spiegare perché piangi? Sono mesi e mesi che non fate che litigare, di buttarvi in faccia ogni piccolo inconveniente, non avete più fiducia nessuno dei due, che senso ha di rimanere assieme?
“Come puoi dire questo? Tu sai che io amo tuo padre, e si, lo ammetto, sono gelosa, ma perché lo amo, altrimenti non m’ importerebbe quello che fa, non credi?”
“Senti mamma, calmati, vedrai che papà tornerà fra qualche giorno, quando gli sarà passata, io credo che avete bisogno tutti e due di rimanere separati per un po‘, questo vi farà riflettere, e vedere le cose più chiaramente...”
“Credi?” domandò sua madre con una voce più ferma. “ Ma certo, Mamma, vedrai, papà tornerà da te!”
Ma il tempo passava: le settimane, i mesi, gli anni... e il padre di Elisa non era più tornato. Elisa era tornata a vivere con sua madre, perché ogni giorno stava peggio, la depressione la stava distruggendo, ed Elisa non sapeva come fare per aiutarla. Avrebbe voluto cercare suo padre per dirgli che almeno venisse a trovarla, ma poi scartò quell’ idea, perché dopo sarebbe stato peggio. Il medico che la teneva in cura diceva che doveva convincersi da sola che il marito non sarebbe più tornato, e reagire, rifarsi anche lei una vita, invece sembrava che niente ne nessuno potesse scuoterla da quell’ apatia che l’ aveva invasa.
Elisa aveva trascurato anche la sua vita privata, non frequentava le sue amicizie, ne usciva più come prima, solo andava a lavorare e basta. Aveva un eccellente rapporto col suo datore di lavoro, che la trattava come una vera figlia, lei gli voleva bene, e in alcuni momenti di tranquillità nel lavoro, gli parlava di sua madre, e quello che era successo. Lui non era un bel uomo come suo padre, ma era una persona eccezionale, ed era sicura che sarebbe piaciuto a sua madre. Lui era separato, e aveva due figli maschi che Elisa aveva conosciuto al lavoro. Erano due ragazzi laureati e simpatici, uno già impegnato sentimentalmente, l’ altro una specie di Don Giovanni, che collezionava ragazze come fossero figurine del calcio....Quando veniva in ufficio dove mi trovavo io, non perdeva occasione per “ provarci” con me, ma io non gli ho mai dato corda... Chissà chi credeva di essere, oltre al figlio del mio principale....
Un giorno arrivando a casa, trovai mia madre in lacrime, non era capace nemmeno di rispondere alle mie domande, allora le dissi che mi facesse solo SI oppure NO con la testa. Le domandai se era successo qualcosa di nuovo, mi fece SI... le domandai se era qualcosa che riguardava mio padre, e di nuovo fece SI con la testa, allora le chiesi se l’ aveva visto, mi disse di SI. Lì in casa nostra? ancora SI, al che io un po’ scocciata di quel giochetto, le dissi: “ Mamma, per favore! Smettila di piangere e raccontami cosa è successo!!!”, e lei, tra un singhiozzo e l’ altro disse che suo marito era venuto per chiederle il divorzio, perché si voleva sposare con un’ altra donna... “ Mbè” dissi io, “ Non ci vedo niente di strano, dopo tre anni che non si faceva né sentire, né vedere, cosa ti aspettavi?” Sua madre si lasciò andare di nuovo a un pianto disperato, ed io me ne andai in camera mia. Cosa avrei potuto dirle?
Mentre ero coricata sul letto, sopra alla coperta, suonò il cellulare, era mio padre, che con naturale disinvoltura mi chiese il favore di convincere alla mamma di dargli il divorzio, per il bene di tutti. Io mi arrabbiai!!! Gli domandai che come era possibile che mi chiedesse una cosa simile. No e poi no, che si arrangiasse da solo, io non avrei fatto proprio niente! Non avevo mai sentito mio padre gridarmi in quel modo, mi strillò fortissimo che se non lo avessi fatto, sarebbe venuto di persona e dopo non sapeva quello che sarebbe successo, e che sarei stata IO, l’ unica responsabile. Con una voce che non era la mia, tornai a rispondere che non l’ avrei aiutato in questa sua petizione, e chiusi immediatamente la telefonata.
Conoscevo mio padre meglio di quello che lui pensasse, e sapevo che quando s’ infuriava così, tornava dopo pochi minuti ad essere docile come un agnellino. Infatti, lasciai passare una mezz’ ora e infine gli telefonai io: “ Senti papà, tu hai sempre amato la mamma, perché vuoi buttare all’ aria tutti gli anni che siete stati assieme? E perché poi? Per una stupida gelosia senza senso, per una cosa così insignificante che non vale nemmeno la pena parlarne. La mamma ti ama, e tu lo sai, dai, non farla soffrire più, mi pare che tre anni siano più che sufficienti per farvi passare a tutti e due la rabbia che avevate dentro, non fate i bambini e fate la pace! Ascoltami ti prego!”
Mio padre rimase in silenzio per un bel po‘, e dopo, con voce tremante disse: “ Hai ragione figlia mia, passami la mamma, le voglio parlare....”