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Ero piccolissima, forse tre, al massimo quattro anni. Vivevo nella casetta poverissima del nonno paterno con i miei genitori. Era una di quelle case di una volta, con le scale strette e buie, e proprio lungo la parete della scala, attaccato al pavimento, c’ era un piccolo finestrino, che al posto del vetro aveva una rete che dava luce allo sgabuzzino del calzolaio che lavorava, appunto, sotto la scala.
Il calzolaio era molto amico dei miei genitori e dei miei nonni, ed era un uomo allegro e molto burlone. Ogni volta che mi sentiva scendere le scale, quando passavo davanti al suo finestrino, si divertiva un sacco a farmi paura. Si metteva a fare il vocione grosso e diceva: “ Dove vai bella bambina”? Io rimanevo paralizzata dalla paura, mi attaccavo alla parete di fronte e urlavo come una forsennata. La mamma si affacciava subito allarmata per vedere cosa mi fosse successo, e quando se ne accorgeva del perché dei miei urli, si arrabbiava con Gino, così si chiamava il calzolaio, e lo sgridava, chiedendogli per favore di non farmi più paura, ma lui, un po’ per divertimento, un po’ per contraddizione, continuava a farlo, al punto che io mi rifiutavo fermamente di scendere quelle scale da sola.
Sono passati tantissimi anni da quando ce ne andammo da quella casa. Si, ce ne andammo in America, come tante famiglie italiane a cercare lavoro e fortuna, dopo la guerra...
Ora, sono diventata vecchia, ma quel finestrino non l’ ho dimenticato mai più..
Anche un innocente scherzo può entrare per sempre nella mente di un bambino.
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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