Non saprei come iniziare il diario della mia vita, quale sia il punto di inizio di una storia come tante e dove poter collocare tutte quelle valigie in partenza che si chiamano sogni ancora in viaggio, guardando dalla finestra di un cielo da ammirare. Ho aperto gli occhi una mattina con l’ idea di affrontare la quotidianità che si spegne ardentemente dietro il sole del domani. Purtroppo, mi sono svegliata sentendomi annaspare tra le lenzuola, presagendo un dolore che pulsa nel petto e rimarca la paura di un sospetto divenuto presto realtà.
Così, in un baleno, ho sentito un brivido camminarmi lungo la schiena e pervadere ogni mio senso, quasi paralizzato. Le notizie che non ti aspetti non le porta la cicogna, come un fagotto chiuso nel fazzoletto rosa o celeste da appendere sulla porta, un dolce fiocco che fiorisce nel grembo di ogni donna.
No, alcune notizie arrivano con la tempesta dei fremiti che sconvolgono i tuoi piani, trasformandoli in frecce di fuoco, così per dissolverti nella cenere che già ti compone. In mezzo a quel miscuglio di pensieri, si fanno largo altri pensieri e nuove preoccupazioni. Ti ritrovi celata nel buio, aspettando che qualcuno levi la benda che stringe gli occhi e trattiene lacrime da versare sopra l’ asciutto dei fogli che tratteggiano la tua esistenza in pericolo.
Così mi son sentita precipitare dentro me stessa, perdendomi nell’ oscurità di una selva che attende di essere esplorata, come un inferno dantesco, nel quale non sempre è tempestivo il salvifico aiuto dal cielo, nel momento in cui devi lottare contro le belve più feroci. La selva è quel mondo impervio, in cui fan presto ad assalirti i dubbi e i gironi peccaminosi si fan largo come tentazioni che si dipanano attraverso i fili con cui costruisci la tela dei tuoi giorni. In questa vita tanto imperfetta, sei preda di svariati accadimenti, che volutamente o involontariamente ti sospingono lungo un corridoio da percorrere alla cieca, spesso all’ inverso.
Di strada ne ho percorso un bel tratto, inciampando sugli errori più banali, e ancora ricadendo negli stessi prima di imparare a volare, come un uccellino dalle ali fragili, quando si allontana per la prima volta dalla sua mamma e ancora ne ricerca la protezione, non abbastanza sicuro di muovere i primi passi.
Presto o tardi, un pò gattonando e un pò cadendo sul pavimento, tutti cominciamo a reggerci sulle gambe, a dare fiducia a noi stessi per conoscere tutto ciò che sta attorno, ad afferrare a poco a poco, con la curiosità di un bambino, le cose che cominciano a prendere forma dalle nostre mani, dal desiderio di trasmettere in esse l’ unicità dell’ esperienza di cui siamo capaci. I sogni, infatti, nè si comprano nè si vendono, ma sono forgiati come da un bravo falegname che li lavora su misura; i sogni sono a misura d’ uomo, ma a volte vanno al di là delle nostre possibilità e diventa quasi impossibile acchiapparli.
Un giorno, mentre ne rincorrevo uno, mi sono ritrovata col viso sul fango, la faccia sporca di lacrime, che non sono stata in grado di raccogliere per farne forza contro il destino ribelle.
Non avevo le forze per combattere ed esausta ho deciso che mi sarei lasciata andare, tradendo il mio istinto umano, tradendo quei principi che dettano regole alla mia stessa indole.
Sono caduta nel mare dell’ illusione, io che, credendomi immortale, ho esaurito le carte del futuro, senza farmi leggere quell’ ultima che presagiva odore di morte. L’ ho lasciata fumare come la carta che incendia una vita giovane, non ancora consumata, appresso alla scintilla che con tenacia rivendica la luce di un abbaglio.