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Clelia e Valerio erano rimasti d’ accordo che si sarebbero rivisti il giorno dopo, ma a cena. Valerio doveva richiedere il NIE al Comisaria Central de Policia. A Siviglia non tutte le imprese, i bar o i negozi assumevano cittadini dell’ Unione Europea senza NIE, il quale serviva anche semplicemente per stipulare un contratto di telefonia cellulare o per aprire più agevolmente un conto in banca. Poi era necessario che Valerio procedesse al suo "empadronamiento", cioè doveva presentare richiesta di residenza sivigliana all’ Officina de Ayuntamiento, l’ ufficio del comune. Per poter richiedere l’ empadronamiento doveva avere un domicilio a Siviglia, che poteva essere di proprietà, in affitto, o la casa di un parente o un amico che lo stava ospitando. Per intanto era alloggiato in un hotel in Calle del Rosario, non distante dalla boutique di abbigliamento dove lavorava Clelia, ma abbastanza dall’ appartamento di lei in Calle Santander, vicino alla Torre dell’ Oro, la torre di guardia sul Guadalquivir, costruita, come la Giralda, nel periodo della dinastia degli Almohadi che avevano spostato la capitale del califfato da Cordova a Siviglia nel 1147. Il pomeriggio del 3 gennaio 2017 Valerio aveva accompagnato Clelia al lavoro dopo il pranzo e le aveva dato un bacio sulla guancia dicendole: "Sei incantevole, vorrei rivederti presto." Lei aveva risposto di getto, senza pensarci: "Perché non domani sera, offro io. La sera è meravigliosa al Barrio de Santa Cruz, più che di giorno. C’è un mare di gente, un giusto numero di persone per scaldare un pochino l’ ambiente!" "Sono già molto caldo e poi non ti permetterò di offrire tu! Sono una specie di Don Giovanni, ho almeno tre secoli sulle spalle, sono un uomo d’ altri tempi!" Aveva risposto lui. Clelia aveva glissato sorridendo: "A domani sera, ci vediamo in Plaza del Triunfo." "Non vengo a prenderti al lavoro o a casa tua?" "No, in Plaza del Triunfo, Don Juan!" "Don Juan?" chiese Valerio. "Ma come? Conosci Don Giovanni e non conosci il personaggio sivigliano che lo ha ispirato, prima a Tirso de Molina col suo Don Juan Tenorio e poi a Mozart?" "Uhmmmm, voglio essere la reincarnazione di questo personaggio..." affermò Valerio. "Me lo spieghi domani sera..." "Va bene, a domani," concluse Clelia, sempre sorridendo.
La sera del 3 gennaio 2017 si era addormentata nel suo grande lettone matrimoniale pensando a Valerio, ai suoi meravigliosi occhi verdi, e ai versi di un poeta messicano, Amado Nervo, che sua madre le recitava spesso:
Sempre quando c’è un vuoto nella tua vita, riempilo d’ amore. Adolescente, giovane, vecchio: sempre quando c’è un vuoto nella tua vita, riempilo d’ amore. E quando saprai di aver davanti a te un periodo vano, vai a cercare amore. Non pensare: Soffrirò. Non pensare: Mi ingannerà. Non pensare: Dubiterò. Vai, semplicemente diafanamente, gioiosamente, alla ricerca dell’ amore. Che indole d’ amore? Non importa. Ogni amore è pieno di eccellenza e nobiltà. Ama come puoi, ama chi puoi, ama tutto ciò che puoi... però ama sempre. Non preoccuparti della finalità del tuo amore. Esso porta con sé la sua finalità. Non considerarlo incompleto perché non trovi risposta alla tua tenerezza, l’ amore porta con sé la propria compiutezza.
Siempre que haya un hueco en tu vida, llé nalo de amor.
-Io ho fatto così mamma, sia quando siete morti, tu e papà, sia adesso che con Lucio è tutto finito. Ho fatto così, comunque vada ho sempre cercato amore-
Era giunto il pomeriggio del 4 gennaio. Valerio l’ aveva informata telefonicamente la mattina che stava facendo una coda chilometrica al Padró n Municipal, l’ anagrafe spagnola, insieme a giovani come lui e a meno giovani di tutte le nazionalità, e che forse avrebbe ritardato per la cena. Clelia si turbò un pochino dopo la telefonata. Era impaziente di rivederlo. Aveva preparato già sul letto del suo appartamento un abitino nero cortissimo, lunghe calze autoreggenti, un piumino azzurro, stivali bluette a fianco del letto. Le piaceva seguire le sue emozioni con cura, coltivarle anche tangibilmente nelle cose esteriori, un vestito, un profumo, un nuovo rossetto. Salutata Mireya, la sua principale, alle 20. 30, quando chiudeva il negozio, s’ incamminò sull’ Avenida de la Constitució n, come era suo solito per raggiungere casa, farsi una doccia e prepararsi per l’ incontro con Valerio. Fece tutto in una mezz’ oretta: un bel massaggio ristoratore con un guanto sotto la doccia e un bagnoschiuma al gelsomino, una passata di crema idratante, l’ immancabile crema ravvivante il colorito sul viso, mascara nera sulle lunghe ciglia e il rossetto rosa antico che le piaceva tanto. Si trovava bella, glielo avevano detto in molti, sia in Italia, sia in Spagna- muy hermosa- le dicevano qui, ma quella sera, guardandosi davanti al grande specchio del piccolo corridoio si trovo ‘ incantevole‘, proprio come le aveva sussurrato Valerio il pomeriggio del giorno prima, quando aveva le labbra struccate dopo il pranzo e il mascara leggermente sciolto sotto le ciglia, per il leggero stress emotivo e qualche lacrima che si era affacciata timidamente alla palpebra inferiore, ma che l’ atteggiamento allegro di lui aveva saputo farle trattenere. Aveva deciso di prendere un taxi, dato il tacco alto, quando verso le 21- l’ appuntamento era per le 21 e 30- sentì suonare alla porta. Azionò maldestramente il citofono indossando uno stivale sì e uno no e chiedendosi chi poteva essere a quell’ ora quando scorse sorpresa il viso di Valerio nello schermo. Si chiese come avesse saputo che abitava lì, poi fece due più due: Mireya, sicuramente Valerio aveva parlato con Mireya e da quell’ affabulatore affascinante e simpatico quale le era sembrato era riuscito a farsi dare il suo indirizzo. Non doveva andare cosi, si disse tentando di frenare lo stupore e l’ irritazione, non subito! Ma era troppo felice di rivederlo e rispose lieta: "Siiii, cosa ci fai qui?" "Ho pensato che uscire di sera per una donna sola sarebbe stato troppo pericoloso. Ci andiamo insieme al Barrio! Ti aspetto qui." Clelia non amava troppo le sorprese, nemmeno quelle positive. Ormai si era convinta di andarci da sola, come aveva fatto parecchie volte con Lucio, di professione architetto, alcune volte troppo impegnato coi suoi clienti dei patios e dei giardini, per avere tempo di passare a prenderla. Non le era mai successo niente e perché mai avrebbe dovuto succederle qualcosa quella sera? Dapprima non seppe cosa rispondere, era troppo arrabbiata, ma poi le venne un’ idea, l’ unica che pensò plausibile se Valerio era arrivato sin lì. "E perché non mangiamo qui, sali!" e apri la serratura del portone. "Seconda scala a destra, quinto piano! Alla tua sinistra c’è l’ ascensore." Valerio arrivò dopo dieci minuti buoni. Si era fatto tutte le scale a piedi e ansimava: "Non mi avevi detto che stavi in Paradiso" scherzò, quando lei gli aprì la porta. "Non te l’ aveva detto Mireya? Che abito all’ ultimo piano, intendo!" "Più che altro era preoccupata per te e io anche," disse ancora sulla soglia. "Entra,"gli disse Clelia. "Sì, ma se vuoi usciamo, ti aspetto," rispose lui notando la lieve irritazione dipinta sul volto di lei. E aggiunse: "Come sei bella! Questo vestitino nero è molto sexy, anche gli stivali, wow!" Si accomodò su una delle due poltrone a fiori damascati dell’ ampio soggiorno- cucina che fungeva anche d’ ingresso, dove c’ era un angolo cottura con fornello a tre fiamme, un lavello, una lavastoviglie e un piccolo frigorifero. Poi l’ arredamento dell’ ambiente, molto curato, era costituito da un bel mobile credenza con molta frutta fresca sul ripiano e un tavolo rotondo con due sedie accostate con dei cuscini rossi in cretonne sopra. Sul ripiano di un altro mobiletto, dove campeggiava il televisore, c’ era la foto di un uomo e una donna, abbracciati e sorridenti, lei bionda, snella, in un completino di pizzo beige, lui più robusto, pantaloni corti e un cappello di panama in testa. "Sono i miei alla Plaza de Toros de la Maestranza", asserì Clelia incrociando lo sguardo di Valerio che si stava guardando in giro. "Tua madre ti somigliava molto." "Pasta alla carbonara ti va bene?" chiese Clelia prendendo una pentola dalla credenza. "No, ma veramente non sono venuto per mangiare qui. Ti aspetto, devo anche offrire io, non ti ricordi?" Era evidentemente imbarazzato, lei sembrava non capire. Lei lo guardò dopo aver messo la pentola sul fuoco. "Sei invitato qui, ormai, ma se non hai appetito..." e si avvicinò alla poltrona in piedi, chinandosi leggermente per baciarlo sulla bocca. Lui non vedeva l’ ora: la tirò a sé con irruenza, la fece sedere sopra di sé, le sollevò il vestito sino all’ inguine. Mentre la baciava con passione sulla bocca, sul collo, nella scollatura, le infilò le dita nelle mutandine nere, la sentì umidissima e pronta. Il suo sesso era impaziente ed eccitatissimo. Si aprì la cerniera dei pantaloni e la prese lì sulla poltrona, completamente vestiti, stivali compresi, e completamente appagati. ...
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.
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«Il racconto è un estratto del quarto capitolo del mio romanzo, "Si amavano, sappiatelo", pubblicato nel 2017.
L’immagine è dell’autrice, "Barrio de Santa Cruz, Siviglia", olio su tela.» |
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