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Passaggio oltre la notte

Biografie e Diari

Non mi ritenevo un abitudinario, un ferreo metodico o una persona affetta da qualche patologia mentale, di certo avevo problemi sociali, non tolleravo gli imbecilli. Odiavo il senso di branco, mi irritava, mi toglieva il respiro. Stavo con pochi, scelti, particolari e con la testa funzionante o anche da solo, non mi spaventava il silenzio.
Mi piacevano le cose fatte con calma, senza fretta, era un modo per rallentare, sta vita corre come un giovane puledro, lasciando poco tempo per riflettere.
Appena il sole calava e le luci della città si facevano più nitide, prendevo la lattina di coca, qualcosa da sgranocchiare, una coperta e mi andavo a sdraiare sul tetto.
Stare lontano dallo smog, dal chaos e dai luoghi troppo compressi.
Era una casetta molto semplice, quattro stanze, ma vivevo più fuori, che fra le mura domestiche.
Poco distante dal centro, ma fortunamente come zona era ancora scarsamente popolata. Essere più alti e lontani dal terreno, mi dava l’ illusoria sensazione che pure i problemi fossero meno asfissianti.
La maggior parte dei miei compagni era dedita a ben altri rituali: sballarsi, bere e scopare con estranee, "un modo come un altro per ottundere la mente ed evadere" dicevano loro, come se i problemi trovassero risposta nell’ assenza di domanda. Poco importa se dopo erano piegati a libro, storditi per ore e con un hang- over duro da passare, loro dovevano per forza fare così, raramente passavano il Sabato da sobri.
Provai in un paio di occasioni a portare altri esempi di divertimento, ma non riuscirono a valicare la membrana timpanica, per tutta risposta mi rovesciarono un paio di bottiglie di birra sulla testa e mi sgonfiarono le gomme della macchina... molto maturi. Fortuna loro, non ero vendicativo.
Quella notte oltre a farmela a piedi quasi tre chilometri, pregare il tassista di farmi salire a bordo pagando di più per lo smacchiamento del sedile, convincerlo che non ero sbronzo, pagare il carro attrezzi e tornare a casa oltre le 3: 00 con un conto di cento e passa euro... beh, era il caso di dire basta. Stando con loro perdevo solo tempo, rischiavo denunce e la mia autostima non gradiva.
Dovevo uscire di scena senza rischiare altre noie, inventai la favoletta, ben studiata, di aver trovato la ragazza un po’ distante. Se la bevvero, da quanto era fatta ad arte, ci credevo pure io, mi fecero pure la festa d’ addio. L’ ennesima serata passata fra vodka, pasticche, fumo e piste di coca, ma stavolta mi eclissai prima di mezzanotte... e fu un bene.
Tre giorni dopo via messaggio di testo laconico, mi dissero il resto.
Una corsa inutile, al pronto soccorso per un overdose.....una vita spezzata per non aver detto no.
Dopo questa mirabolante prova di maturità e di integrità, ci sparpagliammo come semi di Tarassaco nel vento, nessuno chiese a nessuno, rischio di finire nel mirino delle autorità.
“ Vivrò con il rimorso? Affatto, ho provato e riprovato, ma senza successo". Alla fine "mors tua, vita mea" non per egoismo, ma di pagare per causa altrui, non mi andava, capivo la paura di stare soli, il non trovare una propria dimensione, ma non capivo come distruggersi potesse essere la soluzione.
Quello che mi faceva sperare, era il rapporto che si era creato con Michele, ma per tutti era Fischio, aveva il talento di emettere un fischio così intenso da stordire chi stesse troppo vicino e far scattare gli antifurto. Memorabile quando rimase bloccato in ascensore, svegliò mezzo condominio, il video divenne virale.
Un ragazzo senza genitori, sballottato in case famiglia ed istituti come una valigia.
Fra quei quindici diavoli, era uno dei pochi che ascoltava, certo, quando era sobrio.
Lo presi in simpatia, lo portavo con me, volevo fargli vedere che c’ era qualcosa oltre lo sballo, ma era fragile,
la droga gli dava forza e coraggio.
Ricordo quasi con una punta di tristezza quando lo accompagnai alla stazione, aveva trovato lavoro come muratore al confine con la Germania.
Eravamo su quelle panchine di marmo, scritte e sporche, un paio di clochard, l’ odore di stazione, il rumore dei freni, faceva freddo e lui tremava come una foglia.
"Non hai una giacca più pesa gli dissi? "
“ No, macchè ho speso tutto nel biglietto, non ho nemmeno mangiato ".
Mosso a compassione gli detti il mio giaccone, un po’ di euro e andai al bar a comprare qualcosa da mettere sotto i denti. Non era un cattivo ragazzo, fu solo molto sfortunato, si era rannicchiato fra il palo ed il cartellone, faceva tenerezza e rabbia.
Gli porsi un tramezzino ed un succo di frutta.
“ Sai, Bione, mi sarebbe piaciuto averti come fratello maggiore, essere più forte. Avrei voluto avere una famiglia, un amico vero in più e cento conoscenti estranei in meno, ma alla fine che te ne fai? Mi chiese quasi supplicando una risposta non banale.
"Mi spiace Michè, ma non so che dirti, hai trovato l’ unica persona che sta bene sola e che non gli frega nulla di amici, conoscenti e parenti”.
Mi guardò torvo, alzando le sopracciglia, mentre si accendeva l’ ennesimo spinello.
"Ancora non hai smesso? " gli chiesi
"Smetterò stanne certo, ma ora son troppo triste per affrontarlo".
Arrivò il treno
.
" Vai tigre, i crucchi ti aspettano, non fare cazzate, se hai bisogno chiama. "
Annui fischiando strizzandomi l’ occhio.
Era un addio, un arrivederci? Boh, ero contento per lui, il resto fregavasega, avevo altro a cui pensare.

Ed eccomi qua sul tetto di casa, a fissare le stelle ed aspettare un po’ di serenità, che non guasterebbe. Nei momenti di lucidità emotiva quando il mio caos calmo finalmente riposa, anche senza volerlo, ripenso alle scelte. Imposte, volute o semplicemente successe. Mi dico “ fortunato” ma lo sono realmente? Resto intrappolato in questa ragnatela di dubbi, certezze e vane speranze. Sì, lo sono. Un lieve sorriso mi corrugò le guancie, sorseggiai la coca, mentre il rumore di un piroscafo disturbava i gabbiani. Mi sdraiai chiudendo gli occhi, una lacrima ed un soffio di vento.

Fine


Matteo Bio Matteucci 20/04/2018 02:54 1119

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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mi piace come scrivi. (Silvie)

hai delineato bene i personaggi sembra di vederli (Silvie)



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Matteo Bio Matteucci
 I suoi 147 racconti

Il primo racconto pubblicato:
 
Scatole & ricordi (09/09/2014)

L'ultimo racconto pubblicato:
 
Guardami (05/05/2022)

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Dolce respiro (15/12/2016, 6385 letture)


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