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In punta di piedi in un bosco. Gli abitanti di quel luogo mi diedero il benvenuto. Scoiattoli dalla lunga coda saltavano da un ramo all’ altro e svariati tipi di uccelli cinguettavano anche loro svolazzando in quell’ intreccio di vegetazione. Ricambiai il saluto, guardandoli con affetto e riconoscenza.
Mi poggiai rispettosamente a un albero, doveva essere vecchio poiché nella circonferenza era simile a grossi tronchi che erano stati tagliati, nei quali, si potevano vedere innumerevoli cerchi concentrici.
Esseri fermi immobili, pieni di vita ma anche di contraddizioni. Spogli senza foglie nelle stagioni fredde, rigogliosi e verdi in quelle calde. Testimoni silenziosi di qualsiasi avvenimento possa accadere accanto.
Severi con loro stessi, ma pieni di generosità verso il prossimo: verso gli uccelli ai quali permettono di costruire un nido tra i loro rami; verso coloro che hanno bisogno di ristoro e che lo trovano nella loro ombra; verso coloro che vogliono ripararsi da un’ improvvisa pioggia. Anche dopo la morte gli alberi perseverano nell’ altruismo, donando la loro legna al fuoco per riscaldare chiunque ne abbia bisogno … che cuore grande!
Stando in quel luogo mi tornarono in mente pensieri che facevo da bambina, credendo quei luoghi abitati da strani esseri che, al tramonto del sole, uscissero fuori dai loro nascondigli per intrecciare danze e comporre musica per incantare gli uomini.
Avrei voluto aprire una porticina nascosta in uno di quegli alberi, sicuramente avrei scoperto un mondo irreale.
Quella porticina immaginaria si aprì come per incanto, e io entrai in un mondo fantastico.
Fu lì che incontrai le fate dei boschi, dei prati, dei ruscelli dei fiori, geni dell’ aria, delle fonti, nani e gnomi che vivono nelle viscere della terra, dove forgiano l’ oro e lavorano gemme preziose da regalare agli esseri umani.
Uno di loro dalle grosse orecchie a punta mi diede il benvenuto, mi condusse in un’ enorme sala con pareti dorate, nel mezzo grandi tavoli rettangolari di legno massiccio, sui quali erano stati sistemati alambicchi di vetro e di metallo.
Ciò faceva pensare ad un laboratorio, a un lavoro attento e minuzioso, dal quale si evinceva una profonda conoscenza di tutto il materiale vegetale: foglie, fiori, corteccia, radici che serviva a produrre, tramite un’ attenta distillazione, profumi rari pieni di aromi particolari.
Il pavimento di legno era ricoperto da grandi tappeti, in parte impregnati da gocce di quel liquido che inavvertitamente cadevano dai tavoli di lavoro, gocce in grado di rafforzare quelle tonalità di calore con profumazioni a volte acute a volte aspre, o dolci.
Intorno al grande tavolo, tanti piccoli folletti, dei piccoli alchimisti che non riposavano mai. Il loro compito era quello di produrre il più bottigliette possibili con ogni sorta di profumazione, da regalare poi al mondo intero: a ogni varietà di fiore, alla terra, al mare, ai prati aspersi di rugiada. A volte anche agli esseri umani ai quali, solo in alcuni casi, veniva donato l’ elisir di lunga vita.
Per la produzione di questo ultimo prodotto, la lavorazione era più lunga ed accurata e alla sua preparazione venivano coinvolti nel lavoro gli gnomi più anziani del mestiere.
Questo era per loro un compito arduo e difficile: non solo dovevano essere attenti e scrupolosi nel procedimento chimico, al quale erano ben preparati, ma dovevano eseguirlo in un uno stato spirituale elevato.
Il loro pensiero e la loro mente non dovevano conoscere collera, ira, rabbia, ma solo tranquillità, calma, amore. Non era facile produrre questo elisir. Guardai negli occhi il mio accompagnatore lui capì che mi sarebbe piaciuto avere alcune gocce di quel preparato, da tenere con me, per poterlo poi donare a chi ne avesse avuto bisogno.
Recepì il mio desiderio e senza farsi vedere prese una minuscola bottiglietta contenente un liquido di un colore blu intenso e la mise con estrema delicatezza tra le mie mani dicendo: “ Questo è il mio dono. Ho visto con quanto interesse hai osservato il nostro operato, che non ha pause. Quello che ci ripaga della nostra fatica è il dare, solo ed esclusivamente dare”.
Uscii da quell’ albero, pensando a ciò che di strano e meraviglioso mi era accaduto, non si è mai troppo grandi per entrare nel mondo delle fiabe, forse basta avere un cuore da bambini e tutto è possibile.
Guardai quella bottiglietta, pensando a cosa mi sarebbe servita…..!
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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.
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«ps: Racconto in parte estrapolato e rivisto da “Spirito Libero”il mio primo libro 2007» |
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mio nipotino ha voluto rileggerla ,sempre bella ! (Stefana Pieretti)
chiedo scusa quel sei nel commentonon è un voto (Stefana Pieretti)
ciao ciao dal piccolo Davide .Un abbraccio (Stefana Pieretti)
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