ORGOGLIO FERITO
La Mercedes grigio perla si fermò davanti al vecchio portone di un fabbricato della periferia romana, e l’elegante signore che scese dalla macchina aveva l’aria scocciata per aver girovagato non poco per trovarlo. Guardò i nomi che erano a destra sul muro, e dopo pochi secondi suonò il campanello. Rispose una voce femminile, che al sentire il suo nome chiuse immediatamente il citofono.
Lui suonò di nuovo insistentemente, dicendole che aprisse perchè aveva cose importanti da dirle. Finalmente sentì lo scatto del portone, ed entrando fece una smorfia di disgusto, vedendo le scale sporche e malandate....non c’era nemmeno l’ascensore cosa che lo scocciò ulteriormente.
Quando arrivò al terzo piano, ansimava un pò per lo sforzo, e Luisa era già sulla porta che lo aspettava con il viso pallido e segnato da chissà quali stenti e preoccupazioni. Lui la guardò in silenzio, poi le disse: - "Non mi fai entrare? vuoi che restiamo a parlare quà sul pianerottolo?" Luisa si scansò per farlo passare, ma non aveva nessuna voglia di sentire quell’uomo che anni fà le aveva rovinato la vita... Entrando in quell’appartamento, sentì di nuovo quel disgusto che aveva provato nel salire le scale, era completamente in disordine, e dalla cucina veniva un puzzo di cavolo bollito che non aiutava di certo a migliorare l’atmosfera. Lei lo guardò con disprezzo, e le disse: -"Cosa ti aspettavi? una di quelle case arredate di lusso delle tue puttane?" - "Senti, non incominciamo", rispose lui, -"Sono venuto perchè dopo tanto cercarti, ho incontrato per caso la tua amica Gloria che mi ha dato il tuo indirizzo, e ho pensato di darti una mano" - "La mano me la dovevi dare quando hai saputo che ero incinta, invece di voltarmi le spalle, e insultarmi dicendomi che quel figlio non era tuo!" -"Dovevi capire, Luisa! io mi trovavo in un momento molto delicato della mia carriera, e uno scandalo di quel genere avrebbe rovinato tutto, ammetto che ho sbagliato a reagire in quel modo, ma tu sei scappata via, e non ho più saputo niente di te nè del bambino, o bambina?" -"Senti un pò! se sei venuto a offrirmi dei soldi in cambio di pretese verso tuo figlio, ti sbagli di grosso! lui è solo mio e basta! e ce la caviamo anche senza di te! perciò, quella è la porta!"
-"Calmati per favore, non voglio niente io, voglio solo riparare in parte al male che vi ho fatto..." e tirando fuori un assegno scrisse una grossa cifra su di esso, mentre delle grosse lacrime scendevano dal viso di Luisa, erano lacrime di rabbia, di dolore, di odio verso quell’uomo che si credeva che con i soldi avrebbe cancellato in un attimo diciasette anni di sofferenza, umiliazioni, duro lavoro, e tanti, troppi sacrifici. Avrebbe voluto prendere quel assegno, farlo a pezzetti e sbatterglielo in faccia, ma... che diritto aveva lei di privare a suo figlio di quei soldi? erano necessari per poter seguire a studiare, per andare all’università, e per avere una vita dignitosa, diversa da quella che lei gli aveva dato fino a quel momento. Ingoiando il suo orgoglio ferito, non disse una parola e solo allungò la mano per prendere quel pezzo di carta che avrebbe permesso a suo figlio di essere un giorno qualcuno...
Proprio in quel momento si udì girare la chiave della porta di casa, e un bel ragazzo moro, alto e identico a sua madre, entrò e li guardò con una espressione interrogativa. L’uomo al vederlo capì immediatamete chi fosse, e si tratenne di andargli incontro e abbracciarlo, non sapeva nemmeno come si chiamasse, e non sapeva in che modo Luisa l’avesse "dipinto" davanti ai suoi occhi, se sapeva della sua esistenza oppure se lo credeva morto. Per la prima volta in vita sua, sentì vergogna e una sgradevole sensazione di inferiorità davanti a quel ragazzone bello e alto che continuava a guardarlo con curiosità. Non seppe cosa dire e cosa fare, e alla fine decise che la cosa migliore era quella di andarsene. Luisa gli avrebbe parlato, gli avrebbe dato dei soldi, gli avrebbe spiegato... ed era meglio che lui non fosse presente. Se suo figlio, dopo, avesse voluto cercarlo, sarebbe stato il benvenuto nelle sue braccia, e con gli occhi umidi si diresse verso la porta, ed uscì.
Ma improvvisamente Luisa ebbe una reazione inaspettata, corse verso di lui afferrandolo per un braccio, e girandosi verso suo figlio, disse tutto di un fiato: - "Leonardo, questo è tuo padre, ed è venuto dopo diciasette anni a portarti questo assegno..." Leonardo sbiancò in viso, e con una voce che tremava (più per la rabbia che per l’emozione) disse: -"Digli a questo signore, che non voglio i suoi soldi, siamo andati avanti anche senza, fino adesso...!" L’uomo, fermo sulla porta, abbassò lo sguardo, e scese le scale in fretta, come volendo scappare da quella scena impietosa, raggiunse la sua lussuosa Mercedes, e se ne andò facendo stridore con le gomme.
Luisa chiuse la porta e si avvicinò a suo figlio, lo prese per mano e si sedettero tutti e due nel piccolo divano che avevano nella "sala", che non era altro che un miscuglio di panni da stirare, scarpe buttate quà e là, e una tenda di plastica che divideva una piccola brandina dove dormiva Leonardo... lui si sedette e mise la testa in mezzo alle mani singhiozzando, mentre diceva: -"Mamma! come è possibile che lo hai fatto entrare? mi potevi risparmiare questa umiliazione!" -"Figlio mio, tu sei troppo giovane, non sai niente ancora della vita, e questi soldi ti permetteranno di studiare all’università, capisci? mettiamo da parte il nostro orgoglio, e guardiamo solo il lato positivo della faccenda, abbiamo bisogno tutti e due! Che c’importa chi ce li ha dati! Leonardo, figlio, apri gli occhi alla realtà, senza questi soldi, tu dovrai andare subito a cercarti un lavoro, e, se lo troverai, appena ti basterà per le tue spese personali! Sù, ragiona!" Leonardo guardò sua madre, e senza dire una parola la abbracciò forte, forse lei aveva ragione...