Pieve Solinga, un piccolo borgo montano nel quale mi trovo, residente forzato, da quasi dieci anni. Pieve e i suoi abitanti, circa duemila cinquecento, dei quali io sono ormai confessore oltre che medico, infermiere e consulente familiare.
Questo luogo isolato e solitario, da qui il nome, dista dalla città più grande circa settanta chilometri, non molti a dire il vero, ma abbastanza per questa gente chiusa ed enigmatica che vive e si muove tra la nebbia e le nuvole che spesso avvolgono l’ intero paesello.
Settanta chilometri, la giusta misura, perfetta per sentirsi unici, appartati. Settanta chilometri che si possono, volendo, percorrere per raggiungere il resto del mondo, dove servirsi e rifornirsi come in un grande magazzino, dal quale fuggire poi, veloci così come si e’ arrivati, per tornare in quel nido non sempre caldo, quasi mai tranquillo che e’ Pieve Solinga.
Borgo austero, Pieve, nel quale hanno fatto naufragio personaggi a dir poco strani e misteriosi, come Augusto il vecchio violinista mezzo cieco, arrivato in un freddo giorno d’ inverno, verso il calar del sole.
Magro quasi ossuto, bianchi capelli lunghi, la barba incolta, e due occhi piccoli, stretti e rossi come brace. Augusto e’ sceso solo dalla corriera, nella mano sinistra una valigia grande, piena di chissà cosa, mentre la destra stringeva forte la custodia del suo violino. La piazza lo guardava curiosa, mentre il sole piegava gli ultimi suoi deboli raggi, tra gli alberi degli alti monti in lontananza.
Arrivavano spesso solitari, uno ad uno, i nuovi abitanti di Pieve, quasi come se la corriera, dopo il lungo travaglio del viaggio, li partorisse, proprio li al centro della piazza. E lentamente il borgo li assorbiva e si nutriva di ognuno di loro, delle loro abilità, dei loro sentimenti, della loro bellezza come della bruttezza e l’ aria stessa di Pieve era intrisa dell’ essenza stessa dei suoi abitanti.
All’ arrivo di Augusto fece seguito quello di Margherita, la piccola bibliotecaria, lunghi capelli biondi, piccoli occhiali tondi, che non riuscivano a nascondere i suoi grandi occhi azzurri. Un corpo minuto il suo, sempre troppo coperto da vesti assolutamente anonime e in ogni caso troppo grandi per lei. Poi dalla corriera scese Sonia la giovane e bella ragazza russa, e con lei anche Osvaldo e sua moglie Linda: lui, il nuovo preside del liceo, avrebbe occupato il posto del vecchio professor Maraldi ormai in pensione.
Ad ogni arrivo il borgo si contraeva e pareva quasi deglutisse i nuovi ospiti, trovando al suo interno il posto idoneo ad accogliere e sistemare gli ultimi forestieri. Ognuno aveva la sua casa o meglio, era questa a richiamarlo a se, uno era la serratura l’ altro la sua chiave. Pieve Solinga viveva, respirava e si muoveva.
Il professor Osvaldo Vanelli e sua moglie Linda sono venuti ad abitare in una piccola villetta con giardino appena dietro la biblioteca. Alla villetta si arriva percorrendo un lungo viale alberato che anche io percorro ogni giorno, la mia casa infatti si trova proprio di fronte a quella del nuovo preside.
La giovane Sonia e’ ospite dalla vecchia perpetua, che, data l’ età aveva chiesto da tempo a don Pino, un aiuto per le faccende in casa e per le pulizie che giornalmente bisogna fare in chiesa. Certo, non si sarebbe mai aspettata l’ anziana Parisina di ritrovarsi in casa una ragazza così giovane e soprattutto bella, troppo bella.. una ragazza che non conosce che poche parole di italiano... chissà cosa ci fa a Pieve? E cosa più importante come l’ avrà conosciuta don Pino? Tante sono le domande che affollano la piccola, semplice, mente della povera sconsolata perpetua.
La piccola bibliotecaria e il suo ingombrante bagaglio, fatto per lo più di libri, la maggior parte in inglese, quasi tutti molto vecchi, hanno trovato posto in un antico pagliaio ristrutturato, per il quale Margherita paga un misero affitto al signor sindaco, il notaio Baldi.
Margherita e’ una mia assidua cliente, purtroppo, affetta da attacchi di panico. Mi chiama spesso e ancor più spesso viene a farmi visita allo studio. Il cuore in gola, il respiro affannoso, a volte quasi un rantolo, si precipita dentro e si butta di peso sul lettino.
Margherita che sobbalza per ogni piccolo rumore, Margherita che in preda alla paura non riesce neanche ad emettere suoni che abbiano un senso compiuto. Chi e’ questa giovane donna? Quale storia si porta dentro? Quale dramma c’ e, nascosto dietro i suoi piccoli occhiali rotondi? Quale violenza, sopruso, angheria può mai aver sopportato, una cosi fragile creatura?
Pieve Solinga vive in un eterno brusio, quasi fosse un alveare, strani rapporti nascono e finiscono tra i solinghi abitanti, e io ne sono l’ involontario testimone, medico del corpo e dell’ anima.
Il professor Osvaldo Vanelli è uno dei tanti ad aver dato vita a tutta una serie di rapporti molto particolari, fin dal suo primo giorno a Pieve Solinga. La sua prima conquista e’ stata la matura signora Morelli, direttore, amministratore delegato, nonché sola agente immobiliare dell’ unica agenzia pievana. Alta, prosperosa, ma soprattutto molto loquace, Giovanna Morelli era stata contattata, qualche mese prima del loro arrivo, dalla famiglia Vanelli, e più precisamente dal professor Osvaldo, poiché le loro ricerche di un possibile alloggio erano state infruttuose, cosi Giovanna si era subito messa all’ opera e aveva girato in lungo e in largo il borgo, fino a quando inaspettatamente qualcuno le aveva ricordato della villetta in fondo al viale alberato quasi al limitare del paese. Così avvenne che Osvaldo e Giovanna si trovarono la prima di tante altre volte in quella che divenne, anche se per poco, il luogo dei loro frenetici incontri amorosi, al termine dei quali il professore portava con se, fotografie particolareggiate dell’ ampia cucina, del rifinitissimo bagno, e di quella stanza da letto da riarredare.
Dal loro arrivo il professor Osvaldo ha collezionato già un paio di avventure, o come le chiama Linda con aria rassegnata, le sue piccole distrazioni . Osvaldo non nega mai, si limita ad omettere quando ciò che fa potrebbe creargli problemi, o a raccontare verità un tantino distorte, cosi da forgiare una parvenza di normalità che giustifichi i suoi incontri, i pranzi saltati, le tante telefonate e i messaggi che intasano la memoria del suo cellulare. Sono trascorsi ormai sei mesi dal loro arrivo, e ogni mattina attraversando il viale per recarmi allo studio passo davanti alla villetta del signor preside e della sua bella moglie, e ogni mattina Linda passeggia tra gli abeti del giardino, triste, sempre più triste, lo sguardo perso dietro chissà quale sogno, e a me sembra quasi stia scomparendo poco a poco, ogni giorno un po’ di più.
Eppure e’ bella, intelligente, e sembra addirittura innamorata di quell’ uomo quasi anziano, che ha sposato ormai da dieci anni, un uomo che ha circa vent’ anni più di lei, come avrà potuto mai scegliere un uomo così diverso da lei, uno cosi pieno di se, convinto di poter piacere a tutti, o meglio a tutte, un uomo che in qualsiasi discorso riesce a parlare di se, fosse anche un dibattito sull’ attuale governo, o una disquisizione su Platone, il professor Osvaldo Vanelli, riesce a concentrare e a far cadere la disputa su di lui, nei suoi monologhi, c’ e un infinito IO, un egocentrico IO che annienta, umilia e distrugge chiunque .