Ci raccontammo un po’ di noi, alcune cose apparvero subito chiare.
Non era impostato, non gli interessava di piacere, nè cercava consensi o usava stupidi espedienti per apparire diverso. Parlava con scioltezza, mi piacque per quello.
Rimasi spiazzata tante di quelle volte che ad un certo punto mi sentivo persa, c’ era un alone di mistero, attorno a ‘ sto ragazzo, si illuminava e si abbuiava in un lampo. Diventava distante, irraggiungibile.
Un tipo insolito ed intrigante, viveva il dialogo come un momento quasi sacro, c’ era condivisione, non giudizio, credo sia uno dei pochi che ascolta veramente. La maggior parte aspetta il turno per parlare
Un ragazzo semplice, umile, tante battaglie, vittorie e momenti di sconforto.
Ha mantenuto un cuore puro, pur tuttavia le mazzate prese.
Gli piaceva il mare, solo d’ inverno.
Un solitario.
Un bel cervello ed una lingua tagliente, diretto, anche troppo. Sognatore, alle volte un po’ ingenuo. Malinconico, ironico, cinico e spietato, un carattere peperino.
Non parlò mai di calcio o di politica, anche se si poteva intuire il suo schieramento, nè di sesso.
Non fuggiva le domande, ma scansò l’ argomento delle esperienze passate con stile e savoir faire, nonostante qualche mia domanda un po’ indiscreta.
Si passava da argomenti seri a quelli più leggeri.
La passione per la scrittura, fotografia, per le cose più strane, per la natura e tutti gli animali, tranne che i gatti: insolito.
Selvaggio, accattivante, un pazzo... si creò un certo feeling, in alcuni momenti eravamo sulla stessa lunghezza d’ onda.
Mi raccontò i suoi tatuaggi, toccante quello di Mati.
Il rapporto travagliato con la fede, con il presente, il futuro ed il passato, provai una pena al cuore, quando mi parlò di suo padre...
Daltronde aprire il cassetto dei ricordi è quasi piacevole, ma molto rischioso, si inciampa sempre in qualche rimpianto.
Un’ altra fetta di cheesecake ed un bicchiere di coca.
Stavo bene, a mio agio.
In un momento di pausa gli chiesi: " ma perchè Bio? ".
Sorrise, ma non mi dette risposta.
" Aspetta un attimo " si alzò e andò credo in camera, sentii il rumore della stampante.
Tornato mi dette un foglio.
"Tieni, fatti due risate", mi aveva stampato la lista dei soprannomi.
Cominciai a leggere, mi andò di traverso la saliva, tossii, dalla foga piansi, mi venne pure il mal di pancia, nomignoli assurdi, curiosi, alcuni un po’ offensivi, altri totalmente farnetici.
Mi guardava con aria sorniona.
Si rollò uno spinellino, me l’ offrì, accettai, una volta ogni tanto ci può stare.
" Oh Susanna, se ti scappa sta lista, caschi in un ginepraio di madonne, sallo eh "
"Stai manzo, Bio, la terrò con cura", mi rispose muggendo.
Ovvai, eravamo partiti per il cazzeggio, quello bello, inarrestabile, senza limiti.
E... poi al mio risveglio, avevo addosso una coperta di pail.
Il fuoco del caminetto era quasi praticamente spento, stava albeggiando, il cane russava beatamente sulla poltrona. Guardai l’ orologio con gli occhi ancora chiusi, circa le sette e venti.
Mi alzai, avevo i capelli come un mocho vileda infeltrito.
Sul tavolino del soggiorno c’ era una tazza di caffè, latte, biscotti, un cornetto alla nutella. La porta di camera semi aperta, filtrava una luce celeste ed una canzone molto particolare in sottofondo.
Vederlo dormire con i piedi di fuori mi fece sorridere, era veramente lungo.
Piano, senza fare rumore tornai in sala, mi sedetti e ripresi contatto con il mondo.
Sulla mensola dell’ ingresso c’ era una bustina, dentro i soldi e un bigliettino:
" Mi ha fatto veramente piacere averti avuto come mia ospite, spero ricapiti.
Grazie della compagnia e della bella serata.
Bio Hazard ☣
Quel nome, quel simbolo, stai a vedere che è il ragazzo dei fulmini... figlio di buonadonna.
Avrei voluto saltargli sul letto con un triplo salto mortale, ma vista l’ ora mi limitai a scrivere il cellulare sul bigliettino da visita. Lasciai i soldi, non mi sembrava corretto.
Salutai Piuma, chiusi la porta e tornai a casa mia, sperando che “ Ser stecco” si facesse sentire.