Anche se da antichi e recenti pensatori e sociologi (come Cicerone o come Francesco Alberoni) l'amicizia è stata spesso considerata con ottimismo e vantata, io tendo piuttosto a pensarla come Franç ois de La Rochefoucauld. Delle sue trentasei massime sull'argomento, ne cito solo tre, fra le più brevi: "Le plus grand effort de l'amitié n'est pas de montrer nos dé fauts à un ami; c'est de lui faire voir les siens" ("Il maggiore sforzo dell'amicizia non è quello di mostrare i nostri difetti a un amico; è quello di fargli vedere i suoi") ; "Quelque rare que soit le vé ritable amour, il l'est encore moins que la vé ritable amitié" ("Per quanto il vero amore sia raro, esso è comunque meno raro della vera amicizia") ; "Dans l'adversité de nos meilleurs amis, nous trouvons toujours quelque chose qui ne nous dé plaî t pas" ("Nelle avversità dei nostri migliori amici troviamo sempre qualcosa che non ci dispiace") .
Forse tutto dipende dalla prima esperienza. Se da piccoli si è avuta una cura sbagliata o si è stati sottoposti a un intervento chirurgico inadeguato, si tenderà ad avere poca fiducia nella medicina per tutta la vita, e se si è avuta una disastrosa prima esperienza amorosa si faranno con grandi difficoltà altri tentativi di quel genere. (Quando, invece, le prime volte tutto è andato bene, ci si fortifica per sempre: scrivo poesie con una certa sicurezza anche perché il mio primo tentativo, alla scuola elementare, fu lodato dal mio maestro, e non ho timore dei terremoti perché quando avvertii il primo, il 21 agosto 1962, mi accorsi che non era successo niente di grave e che gli adulti erano più impauriti di me...)
La mia prima amicizia non fu certo molto felice. Avevo quattro anni quando veniva a giocare a casa mia un amichetto toscano della Lucchesia (e mia madre era contenta, perché aveva vissuto la sua adolescenza a Pontedera, dove mio nonno aveva lavorato in una nota industria meccanica), che però metteva sempre a soqquadro i miei pochi e poveri giocattoli; cominciai a pensare: "Non è meglio giocare da soli? "
Di un altro bambino toscano, assai più tranquillo, rimasi amico fino all'età giovanile, quando, senza dirmi nulla, si fidanzò con la ragazza alla quale allora tenevo: nulla di strano, naturalmente (lui era molto più affascinante di me), però poteva anche, da amico e da uomo, farmelo sapere prima che l'evento mi fosse riferito da altre persone!
Da giovane avevo anche un paio di amici che tra loro già si conoscevano. Uno mi veniva a trovare quasi ogni domenica, ma spesso, quando magari il discorso cominciava (per me) a diventare più interessante, se ne andava abbastanza bruscamente, dicendo che doveva urgentemente tornare a casa. L'altro amico mi rese edotto della verità: venire da me era per lui un pretesto per non dire apertamente in famiglia (aveva, tra l'altro, uno zio prete) che in realtà il suo scopo principale era quello di andare alla ricerca di qualche prostituta...
Quell'altro amico comune forse era relativamente più sincero e ammirava la mia intelligenza (lo preparai, ad esempio, per l'esame di inglese - lingua che non aveva mai studiato - all'Università) , ma spesso si dimostrava troppo gretto, non solo in campo economico (però ricordo ancora volentieri la fiducia che riponeva in me, come quella volta che, dopo avere conosciuto una ragazza, mi chiese umilmente se, secondo me, gli fosse convenuto approfondire il rapporto: diventò poco dopo suo marito, ed andò a vivere con lei a Prato) .
In età più matura strinsi amicizia con un collega di scuola, preparatissimo ma rigorosissimo, quasi asfissiante, in famiglia (con la moglie e le due figlie), con gli allievi e con tutti in generale. Insegnava l'inglese, e a un certo punto, per motivi suoi, si trasferì a Brescia, da dove ogni tanto mi incaricava di fargli qualche piccolo piacere. L'ultima volta che mi telefonò, però, gli dissi che non potevo accontentarlo, perché sarei dovuto andare in un posto in cui la mia auto, ormai in fin di vita, non poteva avventurarsi: evidentemente pensò che la mia fosse una scusa, perché poi non mi telefonò più...
"Sentimento che scaturisce dall'incontro tra due o più persone che percepiscono una comunanza di interessi, di valori e di ideali e che per questo stabiliscono delle interazioni intime fondate sulla comprensione e sulla fiducia reciproca", si legge alla voce "Amicizia" del "Dizionario di Psicologia" a cura di Umberto Galimberti: può darsi che la colpa sia solo mia, che sia stato incapace di sufficiente empatia per gli interessi, i valori e gli ideali degli altri, che abbia mostrato poca comprensione e poca fiducia nei loro confronti; del resto, nella vita incontriamo solo un numero infinitesimale delle persone che abitano il nostro pianeta e tra le quali, forse, come nell'amore sembra esserci una sola anima gemella, nell'amicizia c'è un solo amico ideale!