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Sulla ricchezza

Sociale e Cronaca

Ho in mano una vecchia fotografia, datata 15 agosto 1954: ci sono io, a tre anni (beh, devo riconoscere che allora ero abbastanza carino, tant'è vero che una bambina vicina di casa, molto più grande di me, sui dieci anni di età, mi aveva regalato una bella cartolina, in cui aveva scritto che avrebbe voluto mettersi sotto una campana di vetro che le avesse impedito di crescere fino al momento in cui anch'io avessi raggiunto la sua stessa età, per poi potermi sposare...) , all'improbabile guida di un'automobilina a pedali nel giardino di una bella villa.

La villa non era la mia, naturalmente, ma quella di un ricco zio di mia madre, a Pesaro. Si diceva in famiglia (non so se era vero) che quel mio prozio fosse stato, negli anni Trenta, dopo un industriale farmaceutico che aveva un'altra villa, poco distante dalla sua, nei pressi del Piazzale della Libertà, al centro del lungomare, il secondo uomo più ricco di Pesaro.

Aveva operato nel settore dell'imprenditoria edile, come suo padre, che alla fine dell'Ottocento era andato a far fortuna a Roma, allora brulicante di lavori pubblici per la costruzione di ponti, strade e palazzi, e che lì (forse a Tivoli) aveva sposato una ragazza del posto: erano nati una decina di figli, dei quali quel ricco zio di mia madre era uno dei primi (mio nonno, invece, era l'ottavo, e per questo fu chiamato Ottavio) . Il mio prozio aveva ereditato l'attività di suo padre, restando però a Pesaro.

L'automobilina era bella e, tornato a casa, più volte pensai che mi sarebbe piaciuto possederla; quando, invece, avevo ormai più di dieci anni e tornammo a Pesaro, consegnai immediatamente ai miei genitori la banconota da diecimila lire che quel prozio, ormai molto anziano, aveva estratto con nonchalance dal suo portafoglio per darmela, dicendo più o meno: "Comprati quello che vuoi! " (Ora che ci penso, quella borghesia pesarese, più che all'italiana, era nello spirito vicina alla borghesia mitteleuropea descritta da Musil, da Mann, alla "mescolanza di sognante fantasia e goffa pesantezza di cui è costituita la civiltà tedesca", come scrive Claudio Magris in "Microcosmi", con una preponderanza forse della pesantezza sulla fantasia.)

Sono in realtà a volte stato attratto da certi oggetti, ma mai dal denaro in sé. Da giovane, dopo il Sessantotto, anch'io (come quasi tutta la gioventù di allora) pensavo che il modello comunista (simile, del resto, allo spirito più fondamentalista del cristianesimo) fosse il migliore: siamo tutti uguali, e dobbiamo tutti essere pagati allo stesso modo... Col tempo, però, mi accorsi che ciò non era vero, che siamo diversi ed abbiamo differenti priorità: c'è chi ha bisogno di molti soldi, e chi di pochi.

Se io, ad esempio, compro un bel libro e lo pago, diciamo, venti euro, sto bene per una settimana: non ho bisogno di trascorrere quel tempo andando a teatro, al ristorante, a fare una gita, mentre chi non ama la lettura avrà bisogno, in quella settimana, di duecento e più euro per fare tutte quelle altre cose...

Mi affeziono agli oggetti che mi piacciono, e soffrirei se li abbandonassi: uso scarpe, camicie, calzoni comprati anche tanti anni fa, e non ho quindi bisogno di molti soldi per vestirmi, mentre chi non possiede questa virtù soffre se non cambia frequentemente gli abiti...

"La povertà è il tuo tesoro. Non barattarla mai con una vita agiata", consigliava ai suoi allievi il maestro zen cinese Zengetsu, vissuto ai tempi della dinastia T'ang. A me questa esortazione calza a pennello, e non mi costa (quasi) nessuna fatica seguirla, mentre mi rendo conto che potrebbe suonare una dura condanna per tante persone. Non siamo tutti uguali, e Marie- Antoinette, ad esempio, non voleva essere sarcastica consigliando al popolo francese di mangiare le brioches in mancanza di pane, perché non riusciva a immaginare che il terzo stato non conoscesse le brioches. Il piatto preferito di mio padre era forse pasta e fagioli, ma mia madre lo preparava un po' male e piuttosto malvolentieri perché, condizionata da mia nonna (bravissima con cappelletti in brodo, pasta al forno, tagliatelle, ecc.) , lo riteneva quasi un piatto per poveri; quando, a diciannove anni di età, alla visita di leva a Pozzuoli (i cosiddetti "tre giorni") mangiai per la prima volta una pasta e fagioli preparata in modo classico, ne rimasi entusiasta!

Penso che ogni uomo, in modo diverso l'uno dall'altro, sia ricco. La parola "ricchezza" ha assunto col tempo sempre più un significato quasi esclusivamente economico, mentre il suo vero senso è ben più ricco (è il caso di dirlo...) ; concludo scrivendo una cosa che piacerà poco ai miei (ex) colleghi del mondo della scuola: è vero che gli insegnanti sono (sempre stati) mal pagati ma, per le mie esigenze, se potessi tornare indietro preferirei guadagnare la metà di quello che dà la scuola pur di fare un lavoro per me veramente appassionante (ecco una vera forma di ricchezza!) , il ricercatore universitario, il giornalista specializzato, il traduttore, il critico letterario...


Antonio Terracciano 15/08/2016 00:43 975

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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