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Presi il primo aereo disponibile, non mi interessava dove sarebbe atterrato e nemmeno in quale quadrato del cielo avrebbe volato. Comprai un biglietto estraendo il tagliando del volo con gli occhi bendati da un cilindro di carta, una fata vestita di bianco accompagnò la mia mano nella scatola della pesca. Un luogo qualsiasi mi stava bene, non mi interessava nessun territorio particolare, volevo semplicemente volare, guardare le nuvole dall’oblò del finestrino dell’aereo; distendermi su un morbido sediolini fatto di piume e sognare tanta panna con tante ciliegie rosse. Il volo fu tranquillo senza alti e bassi con assenza di scossoni e perturbazioni. Non mi prese alcun tipo di panico all'atterraggio dell'aereo dentro il rettangolo della lunga pista mentre il motore rullava all’incontrario, l'uccellaccio atterrò all’ora prevista come un passero sul ramo di un albero qualsiasi, leggero come un filo di paglia. Scesi dalla scaletta dell’aereo frettolosamente con la valigia piena di immagini : “ Il Pan di Zucchero, la Torre Eiffel, le Piramidi d’ Egitto, il Rio delle Amazzoni, le Cascate d’ Iguazù, la foresta degli Gnomi, i soffioni di fuoco del paese delle meraviglie e le cime dell’Everest dove il primo vagito dell’alba segnala il nuovo giorno. Nel caotico aeroporto di questa capitale a me sconosciuta riuscii a recuperare me stesso a stento, tutto era annebbiato da nuvole di tanti pensieri che ogni passeggero lasciava fluttuare nell'aria circostante, il tutto creava nebbia e confusione. Chiamai all’uscita dell'aereoporto subito un taxi, il conducente del veicolo mi chiese la destinazione, imbarazzato e senza indirizzo alcuno, gli risposi:” Hotel Ignoti ” Lui, accese subito la radio e chiese qualcosa in una lingua a me sconosciuta alla centralinista, poi, ridendo ... si diresse verso la destinazione ascoltando ad alto volume un jazz allegro. Viaggiammo per molte ore evitando fiumi di emozioni, strade conflittuali e intoppi di false coordinate stradali e morali. Arrivammo alla meta verso sera, fummo accolti da una leggera brezza di vento e da una Luna che ci baciava dandoci il benvenuto. L’Hotel era situato al centro di una vasta distesa di verde, gli alberi circondavano il tutto e l'odore dei fiori, in particolare quello dei gelsomini inondavano di buoni sentimenti il provare, ogni trambusto emotivo e pratico si affievolì. Pagai il taxi, ringraziai il conducente, persona simpatica che continuava a ridere senza motivo apparente, nemmeno sapevo perché ridesse tanto, forse una sbornia di profumo di gelsomini li frullava nel naso oppure qualcosa di bello lo solleticava l'anima, ma non ci dieti peso, m'importava poco il suo stato. Frettolosamente con la valigia piena di immagini colorate varcai la vetrata d’ingresso e mi diressi verso il banco marmoreo dell’accettazione, una graziosa ragazza vestita da fata, forse lo era davvero a mia insaputa, mi accolse con un sgargiante sorriso: “ Prego Signore, desidera sicuramente una stanza per smaltire la fatica dell’esistere è vero? ” Si, gli risposi, c’è disponibilità ? Certo, mi rispose ! L'aspettavamo …
Il dolore dell’esistere è inevitabile
sta a noi assorbirlo bene resistendogli con il nostro centro gravidazionale.
Ora che mi avvicino alla stanza buia
devo imparare a non controllarmi,
accettare ogni tipo d’incertezza.
Se la vita è solo un sogno,
al risveglio rideremo.
Mi fu assegnata una bellissima stanza all’ultimo piano, di sera guardando il cielo contavo le stelle, le figure geometriche che questi punti luminosi disegnavano nel nero manto erano stupende, una luna sempre colorata dai raggi gialli e rossi del sole si mostrava ai miei occhi sempre sorridendo: " Uno spettacolo interiore "
Il servizio era ottimo in tutte le sfaccettature, le camere accoglienti e intime, il personale vestito con livree dai bottoni dorati era sempre disponibile a qualsiasi richiesta di notte e di giorno, anche la per la richiesta più strana, come poter volare su di una scopa attorno ad una stella.
I clienti dell’Hotel erano tutte tranquille persone in cerca di pace. Eravamo in molti a ripulirci dalle scorie dolorose della vita nella piscina della consapevolezza,questa accadeva ogni mattina.
Ognuno portava il suo accappatoio …
Pezzi frantumati di vita galleggiavano la sera a pelo d’acqua nella vasca, le scorie di allegerimento spirituale venivano tolte ogni sera dagli operai specializzati che chiamavano col nome di Angeli, questi, pulivano con cura ogni macchia o alone di ogni passato.
Certo ogni cosa pensavo, si usura, quindi anche il passato.
Viaggiavo la notte dentro le immagini che mi portai nella valigia, in ogni luogo rimasi settimane,
la torre Eiffel fantastica, le cascate di Iguazù meravigliose, le piramide d’ Egitto perfette geometrie, il Pan di Zucchero con il Cristo Redentore che accoglie delizioso, volare dall’ alto sull’immensa città sottostante Rio de Janero, meraviglioso, il Rio delle Amazzone grandioso, riserva di naturale di bellezza spirituale e naturale.
Nella foresta degli Gnomi spesi molto tempo, conobbi Saggezza, lo gnomo anziano, m'insegnò la pazienza, l’attesa, la perseveranza e l’ accettazione del tutto che accade, compresa la fine ultima di tutte le cose. Quando ci salutammo mi regalò il suo berrettino magico, quale, ovviamente misi nella valigia la sera prima del ritorno alla base materiale della mia esistenza. Salutai destinazione Ignoto di buon mattino, il tempo era fermo, ritemprato, fortificato, corroborato. Ero pronto al rientro …
Quante volte entro,
quante volte esco da me.
Sempre la porta aperta lascio,
non si sa mai …
In questi tempi bui,
fortunatamente trovo sempre il conforto
del rifugio, Hotel ignoto,
il ricordo dello gnomo,
il cappello della fata,
figure che appartengono
a piccole isole della mia anima.
Fortunatamente m'imbarco quanto voglio, in particolar modo in questi tempi senza luce e senza amore, volo spesso ...
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