Serviva il foglio bianco di questo cielo madreperla, per ritrovare nel pagliaio della memoria l'ago sottile della tua voce. Sono anni che rimando a domani il difficile compito di riordinare l'ultimo cassetto, sempre quello, o troppo in basso o troppo in alto, mai al posto giusto in qualunque occasione.
Ma oggi, ho inciampato nel tuo ricordo e il tuo ricordo era la chiave di quel cassetto. Ci guardo dentro fingendo stupore, che ipocrita... ben conosco ogni pensiero, ogni spazio vuoto che ho circumnavigato passandoci accanto ogni giorno.
E' questo ciò mi resta di te, un'ombra seduta tra i vasi di gerani nel giardino della mia infanzia. Non riesco a pensarti com'eri, da quell'estate, nell'impenetrabile prigione d'incomprensioni che ci aveva allontanato, l'età, la malattia, la rabbia della solitudine a cui ti aggrappavi e che io non capivo essere l'unico vero nemico da combattere. E il tuo declino, uno sfiorire repentino che faceva troppo male guardare, per viltà mi dicevo che fosse meglio evitare quegli scontri che erano ormai l'unica nostra forma di comunicazione. Un'estate ti aveva catapultato in un'esistenza nuovamente desolata. Elio se n'era andato, in pieno giugno, mentre la primavera esplodeva sotto il sole. Lui era morto, quasi senza avere il tempo di rendersene conto e il tuo mondo iniziò a sbriciolarsi e con il tuo anche il mio, che l'amavo come un padre, lasciando pause sempre più lunghe nei nostri occhi.
Non conta per quanto tempo sia stato... certi dolori assomigliano alla peggiore delle eternità. Arrivò repentino il giorno della resa, subito dopo il tuo compleanno, dopo quella telefonata che era un grido d'aiuto, una preghiera... ora lo so, ma non allora e ti feci una promessa che non ho mai potuto mantenere, c'era tempo... l'avrei fatto, c'è sempre tempo per fare quello che si deve e che ci pesa, c'è sempre tempo per rinviare, rimandare, c'è sempre domani per guardare in faccia la realtà. Ma non c'è stato. Non per te, non per me, che ho perso l'ultima occasione per dirti che ti volevo bene. Forse nemmeno te l'avrei detto.. però mi piace pensarlo, per zittire qualche secondo la mia coscienza.
Ed era nuovamente estate. Un'altra delle tanti estati della nostra vita. Ma era la nostra ultima estate e non potevamo immaginarlo.
Quante cose da dire, quante parole impronunciate da decenni da stringerci fra le mani, come quando ero bambina e le tue braccia erano tutto ciò che desideravo.
Per questo ti rivedo a sferruzzare l'uncinetto seduta fra i gerani... per ricordarti serena e illudermi che sia per sempre, come quelle estati, le nostre estati più belle, nel profumo di magnolia e glicini, a caccia di lucciole, quando le lacrime ancora non facevano parte integrante dei nostri cuori. L'estate aveva segnato tutta la tua vita. In estate eri nata e fu un'estate che ti portò via, una mattina chiara di settembre, mentre il sole svegliava le rose davanti alla mia finestra e il telefono squillò, facendomi sussultare.
Sentii nell'anima il rumore di una porta che sbatte. E che quella nostra estate, mamma, stava finendo, in
quell'istante, mentre alzavo la cornetta.
L'ultima delle nostre estati finiva insieme a te, lasciandomi solo freddi, interminabili inverni.