Quando salgo da me si apre il cielo e vedo oltre lo sguardo dei miei occhi bicolori.
Tutto mi appare chiaro, tranne quelle poche volte che passa un aeroplano con la scia di gas fumoso e bianco che sporca la mia vista.
Ricordo la prima volta che mi capitò di venire fuori, era piccolo, avevo appena dieci anni, salii rapidamente senza ascensore nella stanza delle meraviglie, venni fuori bagnato. Stavo ammirando un giardino pieno di alberi di mandarini stretto con le mani alla ringhiera del cancello, avevo ben saldo le mani ai ferri a forma di lance quando improvvisamente mi ritrovai fuori inebriato dagli odori pungenti di questi frutti meravigliosi, i colori degli stessi saltarono davanti ai miei occhi e un calore spirituale avvolse il mio corpo, ricordo che era fine novembre, ancora portavo i pantaloni corti; le mie snelle e magre gambe resistevano bene in quel tempo al freddo. Rientrai presto dentro, una voce di un passante, forse quella del proprietario del giardino disturbò il momento magico invitandomi ad andare via dal cancello e da quel luogo. Per mesi dimenticai l’ avvenimento, non ci feci più caso, continuai nel quotidiano vivere i giorni che si susseguirono senza nulla di speciale. Andavo a scuola a mala voglia, non mi piaceva la maestra, non usciva mai da lei, non accendeva quel calore che riscaldava l’ ambiente sterile e incolore. Imparai presto che oltre al salire da me, potevo anche scendere, e quando ciò avveniva non c’ era fondo da toccare, diventavo triste, a volte piangevo nascondendo le lacrime e un mesto e grigio colore si impossessava dell’emozioni. A pensarci ora, mi commuovo per quanto provavo, mi abbraccio e una leggera e penetrante nostalgia attraversa per intero la casa della mia anima. Passò del tempo, le discese e le salite si accentuarono dentro di me, mi resi conto con gli anni che passarono degli opposti che regnavano dentro il mio essere, compresi allora che dovevo intervenire in questa dicotomia emotiva, ma come e con quale mezzo potevo intervenire in questo mi era sconosciuto. Quanto salivo da dentro un caldo mi avvolgeva, il tutto fuori mi appariva colorato e un tenero sentimento d’ amore avvolgeva il mio cuore, non avevo bisogno di nulla in quei momenti, ma quando scendevo dentro, nel profondo buio delle stanze, una tristezza infinita mi assaliva, mi toglieva energie portandomi lontano, cereo il volto mi diventava e il mondo si ritraeva come le onde del mare dopo una tempesta. Fuggivo, non avevo altro scampo, scappavo sotto alle sottane delle ragazze, queste mi davano conforto, mi facevano sentire protetto, così ritornavo su da me in attimo e lo sconforto della discesa diventava un lontano ricordo. Col tempo e con l’ impegno quotidiano di conoscermi, cosa non facile e non razionale, difficile nell’ applicazione in questo tempo e non solo, riuscii a diventare capitano della nave, della mia nave emotiva. Esercitandomi di giorno in giorno tra dolori e gioie riuscii a reggere bene alle tempeste, non scappavo più sotto alle sottane merlettate delle ragazze, conducevo con impegno la nave emotiva nel porto, affrontavo le alte e basse maree come un veterano di mare, come un lupo d’acqua, anche l’ equipaggio della nave era fiducioso, tutti applaudiva il mio reggere con forza il timone della nave. Col tempo questo diventò prassi, non ebbi più paura di scendere e salire, certo una ascensore veloce mi avrebbe fatto comodo, ma non m’importava, l’ importante era che quando volevo salire da me, mi raccoglievo nell’ intimità e navigavo nei giardini pieni di alberi di mandarini tra il pungente profumo degli agrumi e la dolce spiritualità della naturale degli uomini che conquistai con l’impegno e col tempo.
Sono passati anni da allora, il vento ha spazzato via quei momenti, oggi, domani e sempre ancora salgo e scendo da me in me con padronanza, navigo quando voglio, scendo dentro e non ho più paura delle maree, delle tempeste, dell’oscuramento di certi momenti, lascio il tutto fluire come l’acqua di un fiume, mi raccolgo nell’intimo quando lo desidero, navigo dentro e fuori da me senza paura e senza temere nessuno e nessuna cosa di questo mondo e del mio mondo, ne sono fiero.
Quando salgo da me
vengo fuori con un sorriso.
Ripasso il percorso ...
Sequenze d’ immagini,
scene, desideri partoriti e quelli abortiti.
Ripercorro la strada fatta,
le insidie vissute, gli accadimenti,
gli affetti, gli amori, i lasciti ...
Le paure provate e ogni dolore
che ho dovuto assemblare.
Le gioie e i momenti felici,
i malinconici pensieri,
le risalite sul monte della serenità.
Non è poco ...
Giro ogni pagina della mia storia.
I baci non concessomi e le carezze mancate ...
Quando salgo da me,
apro il l’ archivio del passato
ripercorro i passi che ho fatto,
gli sforzi per essere.
Sorrido ...
Accarezzo me stesso,
bacio il bambino,
gli asciugo le lacrime,
gli tengo la mano,
conto i passi che ho fatto.
Continuo il viaggio ...
Mi porto dietro tutto il bagaglio. |
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