Caricammo l'ultimo bancale quasi al cantar del gallo.
Ci aspettava un tragitto abbastanza breve, ma la stanchezza poteva essere un problema.
Non potevamo dormire. Avessimo toccato il letto o assunto una posizione orizzontale comoda ci saremmo svegliati a Natale.
Giornata fresca, un po' di brina sul vetro.
Sensi ovattati e sbadigli.
Il termos del caffè a portata di mano, sigarette e qualche snack.
Presi su lo zaino, occhiali da sole, i- pod ed allungai le gambe. Il timore di frantumarmi una vertebra dopo uno stiramento con ricco scrocchio mi fece sobbalzare.
I primissimi raggi di sole picchiavano sul parabrezza senza ferire, sperando non fossero il prodromo della consueta giornata bollente.
Il viaggiò cominciò in assoluto silenzio.
Le parole stavano ancora dormendo, i neuroni erano in letargo e le labbra saldate come due placche di metallo.
Per la prima mezz'ora mi sarei fatta cullare dalla musica, dal caffè e dalla consueta sigaretta.
Avrei sonnecchiato con la testa appoggiata al finestrino sbavando come un bull dog.
Voltai la testa a sinistra per assicurarmi che il mio compagno di viaggio fosse desto, attento, vigile e ovviamente vivo.
Cappellino verde, occhiali da sole, barba lunga di cinque, sei giorni.
Immobile come una statua.
Mi toccò il ginocchio grugnendo, abbozzando una specie di smorfia.
Passammo il casello in direzione Savona.
Mi versai una tazza di caffè. Buono. Fumante.
Buttai giù il finestrino e accesi una sigaretta.
Traffico assente, condizioni quasi perfette, ma c'era troppo silenzio.
Versai un'altra tazza di caffè e la passai al telamone che aveva preso le sembianze di una gargolla.
Mi scartai un twix blaterando il ritornello di " I'm on fire ".
"Davide, ma il tuo amico, quello alto, secco, strambo e un po' tonto, come sta, si è ripreso oppure ha ancora il lutto al braccio? "
Il camion perse giri, la velocità dimuinì.
Da sotto il cappellino a voce bassa quasi sussurata, mi arrivò una risposta netta.
" Il mio secco strambo amico ha un nome. Tu non lo conosci, ma dici che è tonto.
Puoi fare tutte le battute del mondo, puoi ridere fino ad avere mal di stomaco, ma considerato che sta soffrendo dimostra di avere un briciolo di rispetto. Mangia, bevi, fuma, ma stai zitta".
Restai con il boccone fra i denti, non sapevo se sputarlo o mandarlo giù insieme al senso di rivalsa.
Lo guardai quasi allibita.
Potevo fare la domanda in un altro modo, ma la sua replica non la capivo e mi irritava.
Anche a distanza di giorni, se ci ripenso, mi fa un male boia.
" Ho fatto una domanda, Davide, stai calmo e rilassato " replicai stizzita.
" No, Greta, tu non hai fatto una domanda. Tu hai fatto dell'ironia dove non serve, lascia perdere, risparmiati altre figuracce. "
Due a zero palla al centro....mi stava montando il nervoso.
Gli chiesi di accostare al primo autogrill, dovevo andare in bagno e raffreddare la rabbia. Temevo di perdere la pazienza e dargli una sberla.
Accellerò come un pilota di formula uno.
Qualcosa mi diceva che dopo questo viaggio, uno dei due avrebbe chiesto il cambio turno.
Arrivati al "Pick & Drink" detti una sportellata cosi forte che si chiuse pure lo specchietto.
Andai in bagno, mi detti una sciaquata al viso, avevo bisogno di ritrovare un attimo di calma.
Mi giravano le palle come un'elica.
Mi accesi un'altra sigaretta senza gustarmela, intanto il mio socio se ne stava seduto a terra con le testa appoggiata al muretto.
Presi fiato, coraggio e cominciai.
"Davide, tu ora mi spieghi che cazzo ti prende e perchè mi hai risposto in modo strafottente. Non sei mio padre e mi devi portare rispetto".
"Greta che ti sei fumata. Vuoi rispetto? Bene, prima portalo. Rilassati, il viaggio è lungo. Non ho voglia di argomentare".
Ghiacciata ancora. Che stress. Era inutile andarci di petto.
"Ok socio calma ripartiamo da zero. Ho fatto una domanda infelice, ma mi spieghi perchè te la sei presa come se avessi detto a te? ".
Allora Gretina accomodati e ascolta.
" Il mio secco amico ha un nome. Si, è un tipo strambo, ma da qui a dire che è tonto, frena. Prima parlaci, poi giudica. Si è ritrovato per le mani una storia strana. Si è sentito preso in giro.
Ha affrontato tante battaglie, molto più dure, molto più lunghe. Aveva bisogno di calma e serenità in questo momento e questa breve parentesi non gli ci voleva. Potessi avere un terzo del suo carattere non avrei fatto le cazzate che mi son costate sei anni di galera ".
La stima, unita a quel senso di ammirazione, mi dette una serie di schiaffi morali che mi facevano male le gote della mia coscienza.
" Eh vabbè però scusa, son cose che capitano, non è morto nessuno. Si è fidato della persona sbagliata. Daltronde è anche colpa sua. Poteva stare più attento" Replicai.
Si alzò il berretto e scansò gli occhiali. Mi guardò quasi con disprezzo.
" Hai ragione Greta, è colpa sua. Non doveva farsi vedere vulnerabile, restare un pezzo di ghiaccio. Doveva mandarla a cagare senza farsi troppe domande."
Si alzò.
"Ripartiamo e finiamo sta consegna và. Domani passa dalla sede e fatti cambiare autista, è meglio per tutti e due".
Montammo sul furgone, senza scambiarci parola.
Inforcai gli occhiali da sole, calai il cappellino e mi isolai completamente dal rumore della strada e dal rumore delle parole senza senso.