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A Timmy

Biografie e Diari

Ho passato l'infanzia e la prima adolescenza giocando ore nei dintorni di periferia dove abitavo. Proprio fra quei dintorni così spopolati cercavo una contentezza infantile fra gli animali liberi che mi venivano incontro . Trovavo sempre qualche gatta che da poco aveva partorito dei micetti, o cani randagi che venivano attorno fissandomi nello sguardo come per chiedermi:” Guardami sono un buon cane, prendimi con te”. Io lo facevo, ma regolarmente i miei mi negavano tale possibilità. Allora dopo tanti tentativi, imparai a godermeli in strada. Il 1958 ancora bambina capitò con un evento che mi vide stretta fra la gioia immensa e la disperazione profonda. Imperniato su di un piccolo esserino che con la sua vicinanza riuscì a farmi scoprire precocemente la forza dell'affetto .

Amavo giocare spessissimo con Nivetta, una bambina della mia stessa età, vicina di casa. Andavamo tanto d'accordo e spesso passavo i pomeriggi d'inverno a casa sua. Aveva un fratello di 12 anni tremendo, con il quale la madre doveva faticare per farsi ascoltare. Fannullone nello studiare, prometteva male ed era anche crudele e attaccabrighe con gli altri ragazzetti del rione. Si atteggiava a piccolo capetto e gli altri lo seguivano infierendo azioni che scatenavano l'ira di chi le subiva malvolentieri. Il padre era un marittimo trattenuto sulle navi anche due anni di seguito. Spesso mandava alla famiglia qualche pacco con le specialità dei luoghi dove approdava la nave sulla quale era imbarcato. In un pomeriggio dei tanti avvenne che il postino recapitò loro un pacco. Arrivava dalla Tunisia. La madre di Nivetta gioiosa nel sentire con quel dono, un po' più vicino quel marito così sempre tanto assente, iniziò a spacchettarlo. Dentro c'era un po' di tutto, una stoffa rosa di lino, frutta tropicale conservata in scatole, caramelle dolciumi vari e sotto, un'ultima scatola lunga forse venti centimetri con un'immagine di grandi cioccolatini invitanti. Appena sollevato il coperchio schizzò fuori come un razzo una cosa piccola a quattro zampe, letteralmente squilibrata che iniziò a saltellare un po' dappertutto nel soggiorno emettendo un verso acuto. La madre di Nivetta impressionata gridò:” Cos'è questo animale, prendetelo e portatelo via vi prego, mi fa paura e ripugnanza”.Il fratello presente alla scena non perse l'occasione e furfante nell'animo grido:” Mamma non ti preoccupare, lo prendo e lo porto fuori così mi divertirò con i miei amici” Io osservavo la scena mentre la mia amica se ne stava un po' in disparte spaurita. Vedevo veramente ciò che immaginavo, iniziai a chiedermi. Era una scimmietta falba, non più grande di dieci cm di altezza, con arti lunghi ed una testolina grossa come un ermellino. Il suo pelo ispido era sporco di cioccolato della scatola dove era stata costretta a viaggiare . Probabilmente il loro padre, vedendo l'animale così piccolo e carino, aveva creduto bene di farne dono ai figli lontani. Laggiù in Africa sono animali comuni che costano anche poco. Senza farselo ripetere il ragazzo agguantò il piccolo animale spaventato e rinvenuta in un cassetto un pezzo di cordicella lo legò ad una zampa, appendendolo successivamente fuori sulla rete divisoria del giardino incurante degli strilli emessi dalla bestiola. Chiamò a gran voce alcuni amici che comunque bighellonavano sempre nei dintorni, invitandoli a raccogliere delle pietre per poi scagliarle addosso alla scimmietta come fosse un tirassegno. Vedendo ciò che si stava preparando, corsi sdegnata a casa da mia madre e la implorai di scendere. Avevo urgente necessità che mi aiutasse a mettere fine a quello scempio crudele. Venne giù brontolando che aveva da fare, ma tirandola per la mano, la portai là dove i ragazzi sghignazzando, stavano colpendo con cattiveria la piccola scimmia che urlava e sulla quale erano già comparse gocce di sangue. A quello spettacolo mia madre alzò la voce inducendo con perentorietà di smetterla in quel gioco malvagio .Avvicinatasi alla bestiola la slegò prendendola con le mani per calmarla. Fu in quell'attimo che implorai per il desiderio sorto spontaneo che mi pulsava nella mente ”:Mamma, prendiamola noi ti prego, mi occuperò io di lei te lo giuro, le vorrò tanto bene credimi”.Lei ci pensò un po' su e quindi chiese alla madre di Nivetta se la mia richiesta avesse potuto essere esaudita. Figuratevi la risposta della donna:” Prendila si, portala via, io non la voglio in casa, ma non voglio neppure che faccia una fine così spietata” . Il fratello di Nivetta alzando le spalle molto contrariato per non esser riuscito a divertirsi fino in fondo, uscì a giocare con gli altri nel rione e noi portammo a casa quell'esserino spaventato, ma così tanto grazioso. Io lo vedevo così. Una strana nuova sensazione mi scorreva dentro sentivo un'energia che mi arrivava al cervello nel quale turbinavano progetti per la futura mia convivenza con quell'animale .Ero figlia unica, e quindi non avendo un fratellino, desideravo tanto possederne uno per riempire i miei momenti di solitudine. Ero un po' introversa per certi versi, per altri ero allegra e loquace, tanto che in classe a scuola, non stavo mai zitta. Appena fummo in casa mamma prese una bacinella, ci mise del bicarbonato con acqua calda e aiutandosi con un batuffolo di ovatta cercò di ripulire la stremata bestiola, mentre io la tenevo fra le mani. Il cuoricino le pulsava forte. Quel battito entrava attraverso il contatto fino al mio cuore che anch'esso batteva emozionato. Lentamente l'animale si calmò e lasciò fare. Prontamente mamma pensò di confezionarle un piccolo gilet con del cotone arancione, era così brava a lavorare di uncinetto. Unito sulla schiena dell'animale sarebbe servito per agganciarvi una catenella ed impedire alla scimmietta di andarsene per casa senza controllo. Così fu fatto. Lo chiamammo Timmy, avendo scoperto che si trattava di un maschietto. Lentamente si ristabilì e mi saltò sulla spalla sedendosi con un fare curioso negli occhietti. Gli offersi un pezzetto di banana che stavo mordendo e con la manina lui la prese e se la mangiò di gusto. Ero pazza di gioia. La felicità mi scorreva nelle vene di bambina, avevo un esserino dal cuore battente tutto per me, avrei dedicato a lui ogni attimo libero e lo feci. Appena tornavo da scuola, avevo otto anni allora, lui mi saltava sui capelli me li arruffava come se cercasse qualche cosa, poi scendeva sulla spalla e là restava per molto tempo . Affettuoso come non avrei mai sospettato stringevo Timmy al petto e lui chiudendo gli occhi si appoggiava sul mio petto ed io sentivo il suo cuoricino battere accanto al mio. Non lo sapeva quasi nessuno che tenessi in casa una piccola scimmietta, ma una mattina a scuola, lo raccontai a delle compagne, narrando piccoli episodi che la riguardavano. Non mi credettero e quando mi arrabbiai alzando la voce, la maestra intervenuta, mi fece calmare schierandosi anche lei dalla parte delle compagne, dandomi della fantasiosa bugiarda. Quel giorno uscii da scuola in lacrime e mamma saputo dell'accaduto mi rassicurò dicendomi:” Non preoccuparti, la porteremo con noi a scuola e così capiranno che hai raccontato il vero”.L'indomani la mettemmo in una piccola borsettina che mi era servita per la Prima Comunione e quando tutti la videro si meravigliarono di quanto fosse carina, così piccola e vispa e di come mi difendesse dalle altre persone. Non voleva essere toccata da nessuno solo da me e mia madre dimostrando un attaccamento a noi fortissimo. Suscitai non poche invidie, ma non me ne curavo. Ero felice, avevo un compagno unico a cui davo tanta tenerezza sincera e che mi contraccambiava .Mia madre pensò di ritrarlo su di in un album per ricordarcelo sempre, e lo conservo ancora .Me ne stavo ore da sola con lui. Con Timmy avevo stabilito un codice tutto mio per comunicare con il quale esso interagiva intelligentemente .Le compagne mi chiamavano per giocare, ma io trovavo scuse per restare con la scimmietta . Alcune volte sembrava quasi ridesse, univa i denti bianchi e alzava le labbra come facesse un sorriso mentre mi saltava da una spalla all'altra . Passò la primavera, passò l'estate calda e la bestiola sembrava proprio bene adattata al clima e alla vita con noi in famiglia. Venne l'autunno con le sue piogge e Timmy iniziò ad avere qualche malessere irrilevante, passeggero. Ogni tanto lo trovavamo che si era fatta addosso la cacca .Non ci pensammo poi troppo. Lo pulivamo, gli cambiavamo i lenzuolini che mamma aveva cuciti per lui e creato un lettino in una scatola di scarpe. Venne l'inverno con le giornate assai fredde e l'animale iniziò a dare segni evidenti di una seria malattia. Gli venne la febbre ed allora io con le lacrime pregai mamma di portarlo da un veterinario Così facemmo. In un pomeriggio freddissimo lo mettemmo in una sciarpa dentro ad una borsa che io tenevo stretta al me per scaldarlo ancora di più .Soffiava la bora ricordo, e si faceva fatica a camminare. Scendemmo dall'autobus e dopo un discreto tragitto salimmo all'ambulatorio al quale avevamo in precedenza fissato un appuntamento. Subito il medico mostrò curiosità verso la scimmia per le sue minuscole dimensioni essendo essa già una Bertuccia adulta, ci riferì dopo averla visitata per bene. Constatò che avesse una grave malattia degenerativa agli arti inferiori e che sarebbe morta molto presto. La medicina non poteva esserle di aiuto. Piansi e per la prima volta compresi cosa significasse la parola” Morte “.La leggevo nelle favole, la udivo pronunciata dagli adulti, ma essa scorreva via dal mio intendimento come i titoli di coda di un film. Il veterinario ci propose di lasciargliela in ambulatorio. Desiderava comprendere l'origine della malattia che l'aveva colpita facendole degli esami approfonditi. A quella richiesta diedi fuori da matta. Diventai isterica nel mio pianto e urlai che la volevo tenere con me fino alla fine .Rifiutavo quel responso. Con le mie premure unite all'affetto ero certa si sarebbe compiuta quella magia che accadeva nelle liete favole. Il medico nel vedermi così affranta decise di accontentarmi. Fece una iniezione alla scimmietta per aiutarla un po' nel dolore e ce ne tornammo a casa in silenzio. Mamma mi guardava restando zitta, io persa nel mio primo grande dispiacere che mi pungeva il cuore come un ago profondamente conficcato dentro. Piansi sommessamente anche in autobus e le persone credettero che volessi fare la capricciosa con la mamma. Da quella sera iniziai a dormire con la scatola della scimmietta accanto al mio cuscino. A lui piaceva tantissimo, tenevo la mia manina sul suo corpicino disteso fino a quando sentivo che dormiva. Tuttavia ogni poco gli usciva qualche lamento sommesso che io percepivo e che mi procurava lacrime silenziose. Quelli furono per me giorni assai tristi tanto che a scuola se ne era accorta anche la maestra nel vedermi sempre pensierosa e taciturna. Mi tenevo quel dolore così nuovo per me difficile da accettare Facevo fatica ad esternare ciò che provavo dentro. Poi venne quella tremenda sera nella quale la situazione di Timmy precipitò all'improvviso. Era stato male tutto il giorno, ormai le sue zampe si erano rattrappite e continuamente sporche dalle feci che gli uscivano da sole. Lo pulivo in continuazione, ma non serviva a nulla . Venne ora di andare a dormire per me e così feci mettendo come ogni sera la scatola accanto al cuscino con dentro il mio prezioso amico. Mamma spense la luce e uscì dalla stanza. Attenta iniziai ad ascoltare quel sottile lamento quasi un pianto di Timmy che gemeva per i dolori che lo affliggevano. Allora lo presi in mano e lo appoggiai sul petto dalla parte del cuore e lo accarezzai piano consolandolo come può fare una bambina che crede ai miracoli. Ne avvenne uno piccolo impensato. Smise di lamentarsi ed io provai come un fremito di vittoria per le mie covate convinzioni.

Poi decisi di riporlo nuovamente nel suo lettino, ma appena lo feci esso iniziò a lamentarsi ancora di più .Perseverante lo ripresi in mano e lo rimisi nella posizione di prima, ecco che si taceva. Allora capii che esso voleva stare proprio addosso a me e lo feci non so per quanto tempo sentendomi dentro una disperata impotenza .Una fucina d' emozioni si stavano impossessando del mio cuore . Spontaneamente mi scoprivo capace di essere necessaria per Timmy e nello stesso tempo alla mente affioravano flascbach di momenti bellissimi trascorsi con esso. Perdevo qualcuno a cui volevo tanto bene e che speravo mi sarebbe stato accanto per molto tempo ancora. E giunsero quegli attimi in cui l'animale stentava a respirare. Chiamai mamma .Era piena notte, lei corse accese la luce e mi trovò con Timmy sul petto, confusa. Tremavo mentre la scimmietta emetteva solo rantoli. Sentivo avvicinarsi un crescendo di profonda anticipata solitudine che sapevo sarebbe venuta quando quell'esserino intelligente mi avrebbe lasciata.

Quando si è tanto giovani i sentimenti che si provano sono così autentici ed estremizzati al massimo e il dolore diventa un macigno che crolla addosso senza sapersi difendere .Da adulti ci sostiene la razionalità e tante spiegazioni che servono ad elaborare la sofferenza. Allora io non sapevo tutto questo. Poi inaspettato, dalla boccuccia, gli uscì del sangue, le sue manine mi strinsero la pelle del collo e poi tutto tacque L'energia vitale di Timmy se ne era andata lasciando sul mio cuore un fagottino falbo di peli con un gilet arancione ed una leggera catenella a ricordarmi un grande vuoto attorno. Per giorni e giorni lo piansi e poi dovetti rassegnarmi al suo ricordo.

Con quell'esserino c'era stato uno scambio generoso di attenzioni e d'affetto incredibile che mi aveva riempita di giocondità.

Con Timmy avevo vissuto una favola bellissima tutta mia ma senza un lieto fine.,

Compresi già allora che ogni essere vivente cerca e da amore . Il sentimento non vede, va in ogni direzione, sa però sentire molto profondamente la spontaneità riuscendo a stringere sodalizi proficui e appaganti. In fondo gli avvenimenti della vita offrono sempre un profondo senso. Stà ad ognuno di noi scoprirlo ed apprezzarlo.


rita iacobone 20/05/2016 10:59 1 1253

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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Nota dell'autore:
«Non mi dimenticherò mai di quel 1958 vissuto con il piccolo Timmy. Amavo istintivamente gli animali tutti, ma dopo l'esperienza vissuta con la scimmietta li adorai e li adoro tuttora.»

Commenti sul racconto Commenti sul racconto:

«Un bel racconto, scritto con dovizia di particolari e ricco di emozioni e sensazioni vere, ma soprattutto ricco di quel senso di amore così profondo e totalizzante che solo i bimbi sanno dare e provare sulla propria pelle, specie per un piccolo esserino, come la scimmietta Timmy. Brava, il mio apprezzamento.»
Pasquale Farallo

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Un racconto dolce ma ricco di emozione. Mi piace (Annalisa Amadei)



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Il primo racconto pubblicato:
 
La Morte beffarda (26/10/2013)

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