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Clorinda della pioggia

Fantasy

In un paese lontano lontano viveva una bambina dagli occhi grandi ed i capelli riccioli e neri come fili di fumo, il suo nome era Clorinda. Il suo villaggio era formato di case di fango e di paglia e tutti erano contenti e vivevano in grande armonia. Un giorno arrivò al villaggio un uomo vestito di stracci con un bastone da viandante, tutti lo accolsero con gentilezza e gli offrirono i prodotti della loro terra, qualche focaccia di mais, un sorso di latte di capra. Quel viandante, in realtà, era un potente mago che andava per i villaggi a chiedere che gli fossero dati i bambini che erano nati la notte dell'eclissi di luna di dieci anni prima. Il mago aveva letto nella sua sfera di cristallo che uno di quei bambini lo avrebbe sconfitto poiché aveva in sé i doni del Bene ed il suo potere sarebbe stato troppo grande anche per lui. Quando il mago si rivelò e fece la sua richiesta gli anziani del villaggio si rifiutarono ma il mago con la sua potente magia scatenò il vento e la tempesta e scoperchiò i tetti delle capanne, poi, aprendo il suo mantello, che in realtà erano ali, tirò fuori tutti i bambini che potevano avere dieci anni e li mise in un grande sacco che si issò in spalla prima di volare via, non prima di aver gettato una maledizione sul villaggio, da quel giorno in poi le nuvole che portano la pioggia non si sarebbero fermate sul loro villaggio e la siccità avrebbe distrutto i prodotti dei campi e reso sterili gli animali che non avrebbero prodotto più latte.

E Clorinda? In realtà la bambina era nata in quella notte speciale, ma era talmente minuta e piccolina che il mago non avrebbe mai potuto immaginare che avesse dieci anni. Quando volò via tutti uscirono dai loro nascondigli e si guardarono attorno attoniti, le capanne distrutte ed i bambini spariti, molte mamme piangevano in silenzio e gli uomini del villaggio decisero di andare a consultare lo stregone per decidere sul da farsi.

Il viaggio fino al luogo dove viveva lo stregone fu lungo, gli uomini deposero davanti alla caverna i loro doni ed attesero che lo sciamano facesse la sua apparizione. Clorinda, insieme ad altri ragazzi del villaggio, aveva seguito i passi degli adulti, sapevano che era proibito ai bambini recarsi presso la caverna dello stregone per non disturbare le preghiere del santone, ma quella era una situazione di emergenza ed i ragazzi avrebbero fatto di tutto per ascoltare senza essere scoperti. Ora che gli uomini del villaggio erano seduti in attesa dello sciamano i ragazzi si erano nascosti dietro a massi ed arbusti per poter vedere ed ascoltare senza essere scoperti.

L'attesa fu lunga ma infine lo stregone apparve, aveva una maschera colorata sul viso, incuteva timore, con quegli occhi cavi e profondi e la grande bocca dipinta di rosso. Gli uomini posero la domanda e lo stregone, dopo aver intonato una litania prese delle pietre colorate e le lanciò davanti a sé. Tutti trattennero il fiato aspettando l'esito. Lo stregone sfiorò con le dita le pietre, poi parlò:

« Solo una guerriera, piccola di membra ma grande di cuore potrà sconfiggere il grande mago e riportare i bambini al villaggio. Ma dovrà compiere un lungo viaggio pieno di prove, conoscerà la paura, l'incertezza e l'inganno. Se riuscirà a mantenere puro il cuore vincerà. Lo sciamano ha parlato» e raccolte le pietre sparì all'interno della caverna.

Gli uomini si guardarono incerti: una guerriera? Il loro villaggio viveva in pace, allevavano animali e coltivavano i campi, accendevano il fuoco per proteggersi dalle bestie feroci ma non c'era nessun guerriero, tanto meno una donna guerriera, nel loro villaggio.

Erano disperati, scuotendo la testa tornarono indietro domandosi cosa avesse voluto dire lo sciamano. Non avrebbero potuto superare una stagione di siccità, già i campi avevano le zolle che si spaccavano sotto il sole cocente.

Tutti i ragazzi seguirono a distanza gli adulti che tornavano al villaggio, Clorinda cominciò a restare indietro e prima che qualcuno se ne accorgesse, si era fermata sotto un grande albero che donava un po’ di ombra. Una voce potente la stava chiamando e non le permetteva di seguire la fila dei suoi compagni.

« Torna indietro e vieni da me» le ordinò la voce. A Clorinda non restò che ubbidire e ripercorrendo il sentiero tornò fino alla caverna dello sciamano. Quando si trovò nella radura dove poco prima si erano seduti gli adulti si sedette con le gambe incrociate e si mise in attesa. Il sole era cocente ed aveva sete ma qualcosa dentro di sé le ordinava di resistere e di muoversi da lì. Trascorsero molte ore ed il sole piano piano allentò la sua morsa fino a scivolare dolcemente dietro una collina, il cielo si era dipinto di rosso e di viola ed era uno spettacolo bellissimo. Scese la notte e non accadeva ancora nulla, Clorinda sentì che le si chiudevano gli occhi ed a tratti scivolava nel sonno ridestandosi poi, con il cuore in gola, quando sentiva i suoni della notte, una fiera che ruggiva poco lontano, un barbagianni dagli occhi luminosi che si era appollaiato su un ramo lì accanto.

« I grandi guerrieri non hanno paura del buio ma si avvolgono con il mantello del buio per nascondersi alle forze del male. Crea un cerchio di pietre intorno a te e poi riposa, la pantera ed il gufo proteggeranno il suo sonno» le disse quella voce che le rimbombava nel petto.

Clorinda si guardò attorno, non c’ era nessuna luce se non quella della luna, era sola nella notte infinita, lontana dal suo villaggio, indifesa. Eppure sentiva che quella voce era benevola pertanto ubbidì, si alzò e cercò delle pietre che rilucevano alla luce della luna e fece un grande cerchio, ci entrò e poi si sdraiò all’ interno addormentandosi immediatamente.

Fu risvegliata dalla luce del sole, si guardò intorno meravigliandosi di essere ancora viva.

Accanto a sé trovò una ciotola con del latte di capra ed una focaccia di mais, aveva tanta fame e mangiò e bevve con grande gusto. Quando ebbe finito si rimise seduta ed attese.

Solo dopo molto tempo sentì un fruscio di passi. Avrebbe voluto fuggire ma qualcosa più forte di lei le ordinò di restare ferma. Dopo poco un vecchio con la barba bianca emerse dalla caverna, aveva l’ aria mite e gli occhi bianchi di un cieco, ma camminava sicuro e la scrutava come se le leggesse nel cuore.

« Hai compreso ora chi è la guerriera che dovrà andare a liberare i ragazzi del villaggio?» le disse con voce gentile.

« Ma io sono piccola, e non ho armi» rispose la bambina con un filo di voce.

« Hai un cuore impavido e puro, hai sentito che la voce che ti ha ordinato di tornare indietro e di restare qui per tutta la notte, era di colui che non ti vuole male, questo è un grande dono. Ed anche saper dominare la superstizione e la paura, non temere il buio perché non lo vedi, ognuno di noi ha dentro degli occhi che sanno vedere oltre le apparenze, ma molti quegli occhi li tengono chiusi» continuò

« Come posso fare? Io non so dove andare per trovare il mago e non so come sconfiggerlo» dichiarò la bambina.

« Segui il tuo cuore e troverai tutti i segnali ed io ti darò una cosa che ti aiuterà nel tuo viaggio» le disse il vecchio porgendole un sacchetto.

Clorinda lo prese tra le mani e stava sciogliendo il laccio per guardarci dentro quando il vecchio la fermò.

« Non aprirlo ora, lo farai solo quando non troverai altre soluzioni, in quel sacchetto ci sono quattro pietre magiche, chiedi loro quello di cui hai bisogno ma sappi che quando avrai finito non ci sarà più nulla, quindi usale bene e sappi chiedere. Ora bambina vieni qui e fatti benedire e poi parti, immediatamente, perché il viaggio sarà molto lungo»

« Da che parte devo andare?» chiese allora Clorinda.

« Questo devi saperlo tu, segui i segni» le disse lo sciamano prima di sparire ai suoi occhi.

Clorinda si alzò, prese il suo sacchetto con le pietre e si guardò intorno. Davanti a lei si perdeva la grande savana, senza alberi e senza protezione, sulla sinistra un sentiero che portava verso le montagne che si stagliavano all’ orizzonte. Non sapeva decidere, il viaggio attraverso la savana sarebbe stato più agevole anche se pericoloso, la montagna le avrebbe imposto di arrampicarsi e di seguire una strada che non aveva mai percorso. Ma da che parte andare? Clorinda era confusa. Si sedette ancora nel suo cerchio di pietre. Man mano che il sole si alzava nel cielo, notò che le pietre che aveva raccolto la notte avevano colori diversi, una in particolare, illuminata dal sole aveva riflessi di mille colori. Si avvicinò ad osservarla e mentre la sua vista si acuiva notò che dentro la pietra si stava formando un disegno, vide la guglia di un castello e poi uno sperone di roccia a strapiombo, intorno vorticavano nuvole nere e tempestose, le nuvole della pioggia che aveva rubato il mago insieme ai bambini. La montagna! Doveva andare verso la montagna! Clorinda raccolse la pietra e se la mise nella tasca poi di buona lena cominciò a seguire il sentiero che portava verso la montagna. Camminò e camminò ed arrivò fino ad un grande bosco oscuro, gli alberi erano altissimi e coprivano la vista del cielo e del sole. Era stanca ed affamata ma sapeva che doveva continuare. Il sentiero era ben tracciato e ben presto si trovò vicino all’ ansa di un fiume. Si guardò attorno, non c’ era nessuno, si tolse i sandali e si immerse nell’ acqua, bagnandosi e bevendo e ridendo mentre si tuffava nell’ acqua limpida. Attorno trovò moti frutti e mangiò in abbondanza, poi stanca per il lungo cammino cercò dei sassi, fece un cerchio ci entrò dentro e si addormentò profondamente.

« Ma secondo te cos’è?»

« Non lo so, certo è proprio un mostro!»

Clorinda sentì delle voci vicino, aprì un occhio ma non vedeva nulla, ne aprì un altro e si trovò di fronte a due strane creature, urlò di spavento. Anche le creature cominciarono ad urlare correndo a destra e sinistra e tenendosi le mani sulle orecchie. La scena era talmente buffa che cominciò a ridere, e le creature si fermarono guardandola stupite, poi cominciarono a ridere anche loro rotolandosi nell’ erba.

« Ma chi siete?» chiese non appena riuscì a riprendere fiato.

« Oscar Mc Neal» rispose la prima creatura.

Clorinda lo osservò bene, era alto due palmi e vestito di verde, aveva le orecchie a punta ed un naso lungo e rosso.

« Buongiorno, signor Oscar Mc Neal, io mi chiamo Clorinda» si presentò educatamente.

« Ehm, io sono Baloonga» si presentò l’ altra creatura schiarendosi la voce e facendo un inchino.

Clorinda lo guardò bene, era più alto dell’ altro, aveva le spalle larghe ed un corpo massiccio e due denti ricurvi che gli uscivano dalle labbra carnose.

« Buongiorno, mister Baloonga, piacere di fare la sua conoscenza» si inchinò porgendogli la mano,

Baloonga fece un balzo all’ indietro, poi resosi conto del gesto assunse un’ aria più seria e feroce e strinse la mano a Clorinda.

« Ma cosa sei?» chiesero all’ unisono.

« Io sono una bambina, e voi?» domandò la piccola

« Io sono il capo degli gnomi del bosco e lui è il grande guerriero del popolo degli Orbears. Ma cosa ci fai qui? Non avevamo mai visto una creatura brut… ehm, buffa come te prima» aggiunse Oscar.

« Io faccio parte della tribù degli uomini e sono in viaggio, devo arrivare al castello del grande mago per liberare i miei compagni rapiti, e poi devo riportare al mio villaggio le nuvole della pioggia prima che muoiano tutti per la siccità, ma non so ancora come fare» disse la bambina diventando improvvisamente triste. Due grosse lacrime si erano formate agli angoli dei suoi occhi, si gonfiarono e caddero giù esplodendo nell’ erba. A quella vista lo gnomo e l’ orso si commossero profondamente e si avvicinarono a lei.

« Ma sai dove si trova questo castello?» chiesero.

« No, ma ho visto in una pietra di cristallo che è su una montagna, oltre una foresta e lo sto cercando»

« La montagna delle Guglie!» esclamarono all’ unisono le creature « Ma è un viaggio pericoloso e pieno di insidie per chi non conosce la strada» aggiunsero. Poi si allontanarono e Clorinda li vide confabulare animatamente.

« Baloonga ed io abbiamo deciso che aiuteremo ad attraversare il bosco e ti indicheremo la strada per le montagna. Vieni, seguici, e non correrai nessun pericolo» .

Clorinda batté le mani ridendo di gioia. Aveva trovato due compagni di viaggio, fiduciosa li seguì inoltrandosi nel fitto della foresta. La strada era piena di ostacoli ma i suoi compagni le indicarono sempre la via più semplice, erano instancabili e di buona compagnia, le raccontarono molte leggende della foresta e degli aneddoti che la lasciarono senza fiato. Oscar conosceva ogni creatura ed ogni pianta, Baloonga, con la sua aria di guerriero impavido teneva lontano ogni pericolo. La notte accendevano un bel fuoco e dopo aver mangiato delle minestre e dei frutti si sdraiavano accanto al falò e guardavano le stelle. Il tempo trascorse molto velocemente e giunse presto il giorno dei saluti, dopo molti giorni di marcia arrivarono infine alla fine della foresta, davanti a Clorinda si apriva un sentiero di sassi e terra che si inerpicava verso le montagne. Erano tutti molto tristi, erano diventati amici e per loro era doloroso staccarsi

« Oscar Mc Neal, amico caro, Baloonga, grande guerriero, io vi sono molto grata, non so cosa avrei fatto senza di voi» cominciò commossa

« Perché non ti fermi con noi ancora per qualche giorno?» le chiese Ballonga tossicchiando mentre Oscar annuiva tormentandosi il cappello.

« Non posso, lo sapete, ma certo non vi dimenticherò mai» disse la bambina inginocchiandosi davanti a loro.

« Porta questo con te, c’è un anello prezioso che potrebbe servirti ed un sacchetto con delle erbe che ti daranno energia se tu non dovessi trovare cibo, e queste sono delle scarpe di erba intrecciata che potrai indossare se i tuoi sandali dovessero consumarsi. Ci mancherai, Clorinda».

Si abbracciarono a lungo e poi Clorinda riprese il cammino voltandosi indietro mille volte e salutando con la mano fino a quando una curva del sentiero non nascose alla sua vista i suoi grandi amici.

Il cuore di Clorinda era pieno di malinconia e la strada le sembrava più difficile senza la presenza dei suoi amici. Le avevano fatto dei doni ma quello più grande era stato certo quella di averle voluto bene al di là delle loro differenze.

Clorinda camminò a lungo ed a passo spedito, un bel sole illuminava il sentiero ed il cielo era uno specchio azzurro senza nemmeno l’ ombra di una nuvola. Per farsi compagnia cominciò a cantare una canzone che le aveva insegnato Oscar e così cantando e fischiettando arrivò alla fine della strada. Si guardò attorno e rimase senza fiato. Davanti a lei si apriva un grande crepaccio, si affacciò e vide che sotto scorreva impetuoso un grande torrente. Non c’ erano ponti che le permettessero di attraversarlo e fu colta da un profondo smarrimento. Era la strada giusta? E come avrebbe fatto a seguirla? I suoi amici le avevano detto che c’ era un unico sentiero che dalla foresta portava alla montagna e lei lo aveva seguito. Forse doveva tornare indietro. Ma era stanca e così decise di fermarsi a riposare un po’. Aveva tanta fame così aprì l sacchetto con le erbe che le aveva dato Oscar, ne prese una con la punta di un dito e se la mise sulla lingua, immediatamente sentì la sua bocca riempirsi del dolce sapore di banana. Emise dei gridolini di piacere, prese un’ altra fogliettina e fece la stessa cosa, questa aveva il sapore del latte di capra. Ne mangiò ancora una ed aveva il sapore di focaccia di mais. Era sazia, richiuse il sacchetto legandoselo alla cintura e poi cercò un piccolo giaciglio dove riposare. Si sdraiò e si addormentò di colpo. Mentre dormiva sognò lo sciamano che volando sopra la fenditura della roccia le mostrava che oltre di essa il sentiero ricominciava. Quando si svegliò guardò oltre il baratro e vide che effettivamente c’ era una strada. Ma come fare? Si ricordò delle pietre magiche del suo sacchetto, ne prese una l’ appoggiò sul ciglio del baratro e chiese a voce alta di poterlo attraversare. Una luce fortissima uscì dalla pietra e davanti ai suoi occhi vide intrecciarsi dal nulla un meraviglioso ponte di corda. In pochi istanti si formò davanti ai suoi occhi, Clorinda mosse i suoi passi per attraversarlo ma come ci mise sopra un piede questo cominciò ad oscillare forsennatamente. Tornò subito indietro con il cuore in gola. Non ci sarebbe mai riuscita, l’ altezza e l’ oscillazione le bloccavano il respiro. Cominciò a piangere disperata, non ci sarebbe mai riuscita ed avrebbe fallito nella sua impresa. Ma perché avevano scelto proprio lei? No, non ce la poteva fare. Stava per arrendersi quando sentì lontano il rombo di un tuono: la pioggia, la pioggia che avrebbe salvato il suo villaggio dalla carestia, no, non poteva fermarsi. Respirò a fondo e senza guardare in basso, un passo dopo l’ altro, quasi senza respirare, attraversò infine il ponte. Ce l’ aveva fatta! Continuò a camminare e camminare, a fermarsi solo quando non ne poteva più, consumò i sandali ed indossò le scarpe di corda ed erba che le avevano donato i suoi amici ed appena messe queste si adattarono immediatamente al suo piedino avvolgendolo e proteggendolo. Camminò per giorni e giorni, sempre in solitudine, ma sempre più decisa a portare a termine la sua missione e finalmente si trovò ai piedi della Montagna delle Guglie. Non aveva mai visto una montagna e le sembrò immensa, incombeva su tutta la valle con la sua punta e creava molte zone d’ ombra. Guardò con attenzione e vide che proprio sulla cima si ergeva un castello dall’ aspetto inquietante intorno al quale vorticavano nuvole nere di tempesta, cominciò l’ ascesa, non c’ era erba o vegetazione ma solo alberi anneriti e scheletrici i cui rami sembravano mani rivolte verso il cielo. Ben presto cominciò ad avere veramente freddo, il suo abitino leggero non la proteggeva dai venti gelidi che spazzavano le rocce tutto intorno. Non le restava che utilizzare la sua seconda pietra, chiese abiti adatti e caldi e presto fu ricoperta di un caldo mantello di pelliccia e da guanti e stivali. Era arrivata quasi davanti alla porta del castello, si nascose dietro una roccia ed osservò attentamente. Intorno alla porta c’ erano creature mostruose armate e dall’ aria feroce che impedivano il passaggio. Si fermò a riflettere, come avrebbe fatto a passare? Non le restò che aprire il sacchetto ed estrarre l’ ultima pietra, chiese il dono dell’ invisibilità. In pochi istanti si sentì diversa, si specchiò in una pozza d’ acqua e non vide nulla, era pronta. Facendosi coraggio arrivò fino alla porta e passò tra le guardie armate che non si accorsero della sua presenza anche se le sentì annusare l’ aria intorno e digrignare i loro terribili denti. Attraversò la grande porta ed il cortile e salì un’ ampia scalinata, si trovò dentro un grande salone. Non c’ era nessuno ma dove andare? Improvvisamente sentì delle voci provenire dalla sua destra, corse in quella direzione ed attraversando un buio corridoio si trovò nelle prigioni del castello. Lì c’ erano due guardie che russavano su una sedia, una di loro aveva un mazzo di chiavi attaccato alla cintura, un pianto flebile flebile proveniva dall’ ultima stanza chiusa, si avvicinò alla grata e vide i suoi amici abbracciati gli uni agli altri ed in catene. Sussurrando li chiamò ad uno ad uno per nome. Si guardarono attorno stupiti.

« Clorinda ma sei proprio tu?» chiese uno

« Sì, non mi potete vedere perché ho il dono dell’ invisibilità, vado a prendere le chiavi e vi libero» e così fece, sfilando abilmente il mazzo di chiavi dal cinturone dell’ orco. I bambini passarono ad uno ad uno davanti alle guardie che continuavano a ronfare beatamente. Uscirono e seguendo la voce di Clorinda che li guidava. Arrivarono nel grande atrio del castello ma avevano appena sospirato di sollievo che davanti a loro apparve il mago. Aveva un’ aria terribile, grandi occhi scintillanti ed un mantello lungo e nero che svolazzava spinto da oscuri venti di tempesta.

« Dove credete di andare?» ruggì con voce terribile « punirò le guardie che vi hanno lasciato passare, e poi penserò a voi!».

I bambini si strinsero in cerchio e solo allora sentirono la presenza di Clorinda che era al centro. La bambina stava cercando di pensare in fretta, doveva salvare i bambini. Sfilò il suo sacchetto delle pietre e se lo rovesciò sul palmo della mano, guardò il suo cristallo e vide il suo villaggio, erano tutti tristi ed abbattuti, prese l’ altra pietra ed espresse il desiderio che tutti loro tornassero al villaggio, stava per dirlo a voce alta quando ricordò che il mago aveva catturato anche tutte le nuvole della pioggia. Si trattenne in tempo e riformulò a voce alta il suo desiderio: che tutti i bambini tornassero al villaggio, lei doveva restare ed affrontare il grande mago. In un attimo vide sparire ad uno ad uno tutti i bambini e guardando nel cristallo li vide apparire nel villaggio tra le urla di gioia dei genitori. Quella era fatta. Il mago era terribilmente infuriato, lanciò un anatema e Clorinda apparve, aveva perso la sua invisibilità. Ora si fronteggiavano, Il mago immenso e terribile e la bambina piccola e decisa. Teneva lo sguardo alto, rivolto a lui e non abbassava gli occhi.

« Chi sei tu?» tuonò

« Clorinda, la guerriera» rispose la bambina senza paura.

« Perché non tremi?» chiese ancora mentre i suoi occhi lanciavano saette di fuoco

« Perché io non ho paura di te» rispose Clorinda.

« Non puoi nulla contro la mia forza, lo sai vero?»

« Io non ho paura!» urlo la bambina e gli lanciò il cristallo con tutta la forza delle sue braccia e del suo cuore. Il sasso colpì il mago diritto al cuore, Clorinda vide una luce allargarsi sul suo petto, vide il suo amico Oscar e Baloonga, vide la sua mamma ed il suo papà, vide gli amici che aveva liberato e che ridevano di gioia, vide il grande sciamano dagli occhi bianchi. Capì che la paura era l’ unica forza del mago e l’ amore l’ unica arma che lo avrebbe sconfitto. Ci fu un enorme boato, una luce bianca arrivò fino al cielo e poi divenne piccola piccola ed il cristallo cadde ai piedi di Clorinda. La bambina lo raccolse e lo mise nel sacchetto poi andò a cercare le nuvole.

Al villaggio i bambini stavano raccontando ai genitori della loro avventura e di Clorinda, ad un tratto sentirono il rombo fortissimo di un tuono, alzarono il capo e videro sopra le loro teste addensarsi un temporale. Ad un tratto un bambino urlò indicando una grande nuvola:

« Guardate lassù, Clorinda cavalca la pioggia!».

Quel giorno la bambina fu festeggiata come una vera eroina e da allora fu chiamata “ Clorinda della pioggia”.


Annamaria Barone 02/05/2016 11:27 1704

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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