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Mentre una gaia goccia di sole mi colpisce l’ occhio quand’ ecco un’ altra che mi lambisce il viso, eccomi placidamente desto in questa stanza dai mille e più mirabili colori, ampie vetrate che mi propongono vedute collinari declinanti verso un azzurro mare increspato da moltitudini di vele che pare si rincorrano in un arioso mulinare. Sicché, dopo il primo candido stupore, se ne succede un altro, perché in questa stanza a me del tutto ignota, io mi domando cosa vi stia a fare… Abbandono l’ ignota donna che mi giace accanto. La sua delicata posizione di cui m’ incanto ad osservar le tenui forme che mi celano il suo viso m’ inducono a pensare che essa stia dormendo, forse anche sognando cose che purtroppo io non so. Oltrepasso una porta che m’ introduce in un lungo corridoio. Da ambo i lati si contrappongono altre aperture quasi a sfidarsi in un duello che non decreta vincitori. Alla prima sulla destra concedo solo un’ occhiata e tanto basta per classificarla come ignota alla mia memoria. È un bagno rivestito di ceramiche eleganti, rubinetteria dorata, scroscio d’ acqua a riversarsi nello scarico di un lavandino. In fondo, adagiato sulla tazza un uomo si rimira i piedi e non avverte la mia presenza. Mi astengo dall’ interrompere il suo fare e proseguo oltre. Sverso la vista verso il lato opposto. Mi si presenta un ripostiglio colmo di libri di favole precipitati da un soppalco e adagiati sulla schiena di un immobile signore che tiene ben salda nella mano una bottiglia di vino. Gli spazi successivi fissano coppie d’ amanti in un immobile amplesso, signori adagiati su poltrone a fissare su un giornale articoli senza una fine, televisori al plasma che trasmettono presumibilmente un notiziario in cui una giornalista in abito cremisi sta comunicando una notizia. Tutto tace, finché l’ ultima porta m’ immette in uno splendido salone le cui ampie vetrate mi ripropongono quell’ azzurro mare increspato da moltitudini di vele che si rincorrono in un arioso mulinare e solo adesso comprendo che sono ancora lì, immobili, come alla prima vista. C’è gente fissamente seduta sui divani, chi con un cellulare in mano, chi con un bicchiere a mezz’ aria, chi intento all’ apparenza a parlare col vicino senza che però nessuno digiti sui tasti, porti quel calice alla bocca né che emetta alcun suono. Osservo e penso… ed è così che compio a ritroso il percorso fatto dal salone al corridoio fino a quella camera da letto dove la gaia goccia di sole ha lambito il mio viso, ed è ancora lì, a illuminare il cuscino che rivela le concavità della mia testa. Mi avvicino lentamente alla donna ignota che mi giaceva accanto. La osservo, pare che stia ancora dormendo eppure non avverto alcun respiro. Avvicino timorosamente un dito fino a sfiorarle il viso, ed è il contatto con un corpo caldo, vivo. Indietreggio in silenzio e oltrepasso ancora quella porta che m’ immette nel corridoio. Osservo il bagno dove lo scroscio d’ acqua è sempre lì mentre fuoriesce dalla rubinetteria dorata ma non emette alcun rumore, quanto all’ uomo adagiato sulla tazza continua a rimirarsi i piedi e a non avvertire la mia presenza, così come quell’ altro nel ripostiglio di fronte sempre con la bottiglia ben salda nella mano e i libri di favole sulla sua schiena. Mi avvicino a entrambi, fino a sfiorarli con un dito e a percepir la vita che anima i loro corpi, così come le coppie d’ amanti colte negli spazi successivi nei loro immobili amplessi e i lettori di giornali mentre la donna in abito cremisi è posta dietro lo schermo al plasma e non ha completato il suo intervento. Tutto è fisso, immobile, eppure tutto è vivo. Entro nel salone già sapendo cosa troverò e l’ ansia mi assale, forse, sicuramente il terrore di trovarmi davanti a quelle persone che a prima vista paiono cristallizzati in un loro tempo, come già defunti, eppure io so che sono vivi. Fissamente seduti sui divani mimano un’ azione, un gesto che non avviene. Mi riavvicino all’ ampia vetrata e le vele sono sempre lì, senza che nulla accada. Penso a un episodio di Godard, penso di essere l’ ultimo uomo antico in questo nuovo mondo, surreale, irrazionale, penso a un’ esplosione atomica, a un virus, a un incidente che non so spiegare e che non ha danneggiato nulla se non l’ agire di ogni forma vivente, uomini, mari, natura, astri, tutto, eccetto me. Poi, penso che tutto procede come sempre e io solo l’ anomalia di chi ha dilatato quel tempo che è solo un attimo, una frazione di niente, mentre in quel niente vivo una vita asincrona con l’ universo stesso. Continuo in questi pensieri senza senso fissando lo sguardo verso quell’ azzurro mare increspato da moltitudini di vele che pare si rincorrano in un arioso mulinare, vele che all’ improvviso come sospinte da un vento inavvertibile incominciano a scorrere veloci. Alle mie spalle odo il vociare allegro di uomini e donne mentre qualcun altro appena entrato nel salone invita tutti a festeggiare con del buon vino. Rimango lì, inosservato ad osservar le vele che fanno a gara, vorrei voltarmi, partecipare a quell’ evento ma non posso, proprio non riesco, mentre una voce proveniente dalla stanza accanto annuncia la nascita del nuovo mondo |
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