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Ho rimediato un paio di calze color crema dal mio amico Gino il panettiere, che a quell’ ora della notte se ne sta come conviene in ciabatte e canottiera, anche se fuori c’è un freddo nero che sembra di stare al polo. Ho un bel completo di vigogna e scarpe come nuove, roba del nonno dell’ Emilia, tanto non le indossa che saranno quindici anni e forse anche di più, da quella sera che è annegato giù nel fiume, ma la cosa non è stata mai chiarita. Comunque, se un giorno o l’ altro volesse indietro la sua roba, non ci sarebbero problemi da parte mia. Farei un bel falò e getterei il tutto via nel Po, dove, detto tra noi, non credo che il vecchio se la passi poi tanto male, a parte la stagione estiva, quando il fiume è in secca, ma lui riesce, chissà come, a passare sempre inosservato. La camicia a righe arancione e verde, la cravatta gialla e il farfallino rosa sono roba mia. Vere chicche all’ ultima moda, compreso tutto quello che c’è sotto, nel senso della biancheria, che poi è marrone e in fine lana, quella d’ un tempo, con i pungiglioni. Quella per intenderci, che sanno indossare solo gli uomini con gli attributi, mica i quaquaraquà qualunque o i babaccioni! Eccomi bello che pronto per la balera e tutte le piccanti avventure che mi riserverà la sera. Quanto alla Rosina, beh! Si guarderà la televisione. Se ne starà in casa sola soletta a far la calza. Le ho detto di dormire, beata lei, in santa pace, perché il lavoro che devo fare dall’ Anselmo sarà, ahimè, una cosa lunga e noiosa. Entro nel locale che è quasi mezzanotte, almeno questo è quanto dice il marcatempo appeso alla parete, mentre lo specchio che sta all’ ingresso mi ripete che sono proprio un figurino. Mi aggiro con malcelata circospezione, così, tanto per dare nell’ occhio a chi ha il piacere di guardare. Mi avvicino al banco e domando una coppa di sciampagna. Quello che sta dall’ altra parte mi guarda dall’ alto in basso, solo perché è sulla pedana, poi mi dice: “ Senti, ora io vado a pisciare. Tu nel frattempo guarda bene dove sei capitato, casomai, ne riparliamo al mio ritorno, quando mi sarò svuotato”. Da persona educata quale sono, seguo il suo consiglio e osservo la stessa mercanzia in bella mostra. Sento il rumore di uno sciacquone che s’ inserisce nel bel ritmo di una rumba, la porta sul retro che si apre e poi si chiude. Adesso l’ uomo viene verso di me decisamente più rilassato e mi domanda: “ Desidera signore?” “ Facciamo una barbera?” dico io un po’ titubante, ma la risposta deve essere quella s’ aspettava, e mi rifila una bottiglia che fa scivolare sul bancone come in un vecchio film americano. A questo punto sento di avere tutto dalla mia parte. Indosso un abito elegante, mi muovo con scioltezza. Due o tre sorsate consistenti mi hanno messo una certa euforia. Il ritmo della musica m’ invita al movimento. Manca solo una donna con cui scambiare qualche sguardo audace, lanciarmi nelle danze, il resto poi verrà da sé. Adocchio una tipa che se ne sta seduta tutta sola. Per mia disgrazia ho lasciato gli occhiali da vista nella tasca della blusa. Dai tre metri fa proprio un bell’ effetto, fluente acconciatura rosso aurora. Dai due metri l’ audace decolleté conferma la prima impressione. Senza indugio e con virile spavalderia mi siedo proprio di fronte alla signora. A cinquanta centimetri strizzo bene gli occhi. Metto a fuoco la preda e mi ci vuole appena un niente per capire dove sono capitato. Forse non è ancora tardi e cerco degli sbocchi. Ho, Rosina mia! Giungi al più presto in mio soccorso! Faccio per alzarmi e chiedere al padrone di potermi scaricare nel suo retro di tutta una cosa che mi sta venendo su, quando la maliarda con prontezza tempestiva mi domanda: “ Mi offri da bere, bello?” Cautamente le allungo la bottiglia di barbera che fa sua con la velocità di una mangusta ed inizia a tracannare fino all’ ultimo gocciolo. Me la restituisce tutta impiastrata di un rossetto viola disgrazia ed esclama soddisfatta: “ Fiiiga! Sembra sciampagna!” “ Eh sì! È roba raffinata” esclamo balbettante. “ Se madama mi permette, gliene prendo un'altra. Mi allontanerei solo un istante” “ Eh no! Bello! Semmai facciamo dopo. Stai fermo e non scappare. Adesso voglio ballare. Perché tu sai ballare, vero?” mi domanda con un tono che non ammette alcun rifiuto. Oh, Rosina mia, perché mai t’ ho abbandonata? “ Veramente… preferirei il tango” Ma proprio in quel momento Beppe il salumiere, a tempo perso mediocre fisarmonicista, invade la sala con un urlo terrificante che mi agghiaccia il sangue nelle vene e tuona: “ TANGO!” “ CAZZO!” impreco io per la disperazione. “ Sììì…?” fa lei sbarrando gli occhi e mettendo in evidenza il linguone penzolante” Cerco di metterci una pezza ed esclamo con un fil di voce “ No, volevo solo dire… peccato! Questa è una milonga, ed io prediligo il tango… quello più raffinato. Peccato! Vorrà dire che sarà per un’ altra volta” Ma la milonguera non mi molla. “ Un’ altra volta un paio di palle!” e s’ abbarbica al mio corpo spremendomi con tutta la sua carne frolla. Parte la musica, la danza, il suo furore, e nello stesso partono i palpeggiamenti della mia dama che sembra un polipo in calore. Ahimè, per mia sfortuna s’ imbatte disgraziatamente nel fagotto che ho sistemato proprio lì, prima di uscire. Così, giusto per darmi un tono più elegante. Oh, Rosina mia, me traditore! Il tosto guscio scatena i suoi più animaleschi ardori. Avverto una specie di proboscide che mi rovista nella bocca, ma ciò che è peggio, una dentiera ciondolante che non è la mia. Stacco con violenza la mia bocca dalla sua ormai avvinto, sfilando via due corone di canini ed incisivi. L’ allontano con fare risoluto, trovandomi nella mano un seno finto. Urlo! Anch’ essa urla seppure sgraziatamente. “ Oraziooo…! Questo verme mi ha mancato di rispetto! Che patisca supplizio e straziooo…!” Oh, Rosina mia cara, dove sei? Il Beppe fa tacere il suo strumento. Ormai nessuno danza. Tutti, ma dico, proprio tutti mi osservano in silenzio e disgustati. Denti penzolanti dalla mia bocca, una tetta finta stretta nella mano destra. Tutti! Ma proprio tutti! Toh! C’è anche la Rosina, seduta ad un tavolino nell’ angolo più scuro del locale. È avvinghiata ad una specie di gorilla tutto barba, muscoli ed insetti. È l’ Orazio! Dà una slinguata alla “ mia” Rosina, le fa un cenno come a voler dire di aspettare solo un momento. Si alza, e l’ operazione sembra non finire mai, perché di roba d’ alzare ce n’è tanta. Quindi viene verso di me a passi lenti. Oh, mia Ros… Ritengo non sia più il caso d’ insistere nell’ implorazione, così, vista la situazione. Dopo di che non ricordo quasi niente. Se non che prima mi sento piuma, poi come un aviatore che vede scorrere dall’ alto il pavimento, infine, sento soltanto umido e freddo, proprio come quello del Po d’ inverno.
Oh, mia Ros… No! Abbiamo già detto basta!
Adesso sono circondato da carpe, lucci ed altri pesci di cui non conosco neppure il nome, ma con i quali riesco ad intendermi alla perfezione. “ Hai incontrato l’ Orazio?” mi chiede una trota di passaggio. “ E tu come fai a saperlo?” domando alquanto sbigottito. “È per via della tua faccia. Ti sei visto come sei conciato?” “ Ah!” faccio io al pesce impertinente e senza dare ulteriore confidenza proseguo lungo la mia corrente. “ Ehi, signorino!” sento qualcuno che mi chiama. Mi volto. È un uomo anziano, ma ancora in buona forma. “ Giacca e pantaloni! Su! Restituisci il maltolto. È tutta roba mia, la riconosco” “ Il nonno dell’ Emilia?” domando con riverenza. “ In carne ed ossa. C’è su l’ Orazio?” “ Eh sì. Era con la Rosina” “ Ah! Buona quella! Sempre insieme a ravanare, da sera a mattina, da che mi ricordo. Comunque non ti devi preoccupare. Anche senza vestito non si sta poi tanto male. Mi serve solo per darmi un certo tono. Sai com’è? Da queste parti i lucci credono d’ essere tutto loro. Quanto a te, puoi stare pure tranquillo. Anche d’ estate, quando il fiume è in secca, anche se sei in mutande, non ti nota neanche un coccodrillo” E meno male, penso tra me. Cadavere, cornuto, alla mercé delle stagioni Ma almeno senza l’ Orazio o null’ altri che mi rompano i coglioni.
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Divertente e scritto bene. Complimenti (DaviD)
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