-Forse, là dove sembra che tutto sia regolato da leggi esatte, esclusive, inevitabili, si cela una realtà più sottile di quanto ci appaia. Forse… ma proprio non so!
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La vecchia storia del nonno e del suo “ amico misterioso” ci ha accompagnato da sempre. Appartiene alla tradizione di famiglia, così come gli gnocchi al pesto della nonna, l’ annuale gita a Murta per la festa della zucca o la messa di Natale.
Vicenda ricca di mistero buona da raccontare a tavola o da tramandare di padre in figlio come richiederebbe ogni buona tradizione di famiglia.
Bastava che noi ragazzi innescassimo la miccia con una semplice allusione, con un ammiccamento del viso, con un riferimento anche fuori luogo e il nonno partiva nel suo narrare descrivendoci i minimi dettagli e corredando il tutto con una incontrovertibile prova fotografica che conservava nel portafoglio come una preziosa reliquia.
Tutto incominciò un mattino di gennaio del 1935 quando come tutte le mattine il nonno si stava avviando verso il suo studio che si trovava in Piazza della Raibetta, lì dove termina, o secondo i punti di vista, lì dove incomincia via San Lorenzo.
Tutto incominciò quel mattino ma iniziò a diventare storia solo due o tre giorni dopo, quando tornando a casa per il pranzo il nonno raccontò alla moglie che da diversi giorni era testimone di una cosa assai strana.
Oltrepassata Piazza San Lorenzo incominciava a intravedere in fondo alla via una figura indistinta che si agitava. Avvicinatosi poteva distinguere chiaramente un uomo all’ incirca della sua età con indosso abiti assai strani, un lucido giaccone blu, pantaloni verdi stretti alle caviglie e strambe calzature chiare.
Quest’ uomo sembrava agitare la mano destra come a richiamare la sua attenzione, mentre con la sinistra teneva probabilmente un sigaro che avvicinava a intervalli di tempo alla bocca emettendo volute di fumo.
Avvicinatosi ulteriormente, quasi in prossimità dell’ uomo al quale avrebbe voluto domandare se il gesticolare era rivolto a lui, al quale il nonno replicava peraltro con un cenno della mano, ebbene, dell’ uomo stesso non vi era più traccia, come sparito nel nulla.
Questo fatto avveniva sistematicamente quasi ogni mattina e andò avanti per circa un mese.
Il nonno era assai mattiniero e Via San Lorenzo alle sette del mattino del 1935 non si presentava così come la possiamo vedere oggi ma era attraversata solo da qualche carro trainato da cavalli, rare automobili, pochissimi passanti. Via San Lorenzo alle sette del mattino del 1935 era pressoché deserta…
Appena rientrato a casa per il pranzo la nonna gli rivolgeva sempre la solita domanda con tono canzonatorio: “ Allora, sei riuscito a parlare con il tuo amico misterioso?” Il nonno bofonchiava qualcosa per poi raccontare alla prima occasione tutto logorroicamente fin nei minimi dettagli.
E la cosa andò avanti per un bel po’ di tempo tra via San Lorenzo, qualche carro trainato da cavalli, rare automobili, pochissimi passanti, avvistamento dell’ uomo misterioso, subitanea scomparsa, rientro a casa, canzonatura della nonna, finché un bel giorno il nonno acquistò una macchina fotografica Contax della Carl Zeiss e con essa la credibilità…
La fotografia che mostrò con soddisfazione anticipando l’ irrisione della moglie ritraeva un signore di circa 35 anni vestito in maniera decisamente insolita e intento nelle azioni che il nonno aveva più volte minuziosamente descritto.
E così gli anni passarono come da sempre accade dispensando monotonia, giorni lieti e altri meno, il tutto secondo la normalità, finché il nonno decise che era giunto il suo momento e se ne andò altrove e non ho mai ben capito dove, ma credo di essere in buona compagnia.
Mio padre proseguì la sua attività nello studio di Piazza Raibetta, quanto a me il destino mi aveva riservato altri posti dove sbarcare il lunario.
Passarono, come è solito che succeda, altri anni, mio padre colto da spirito di emulazione decise di imitare il suo e così il destino mi richiamò in quella piazza.
Routine, consuetudini, soliti percorsi…
Ed è ritornato gennaio, l’ anno però il 2015, la strada sempre la stessa. Funicolare S. Anna, De Ferrari, attraverso il Ducale, Piazza Matteotti e poi giù per San Lorenzo ed eccomi in Piazza Raibetta.
Potrei tagliare per i vicoli del centro storico, probabilmente farei prima, ma ho scoperto che amo le antiche tradizioni, e così si va allo studio, perché studiare è importante.
Via San Lorenzo oggi è un putiferio di confusione. Gente che va e che viene, bancarelle che dispensano arte e dolciumi anche alle due di notte, e poi, turisti a frotte. Mancano solo i carri trainati dai cavalli ma non se ne sente la mancanza.
Un mattino, allorché mi appropinquo a destinazione, noto un agitar di braccia, noto altresì l’ abbigliamento, una nuvola di fumo che aleggia dolcemente e mi viene da ridere…
Mi accendo una sigaretta e avanzo a passo lento, tanto lui è sempre lì, finché in meno di niente, scompare…
E così il giorno seguente e l’ altro ancora, e così via, per giorni e giorni, finché con il cellulare scatto una fotografia…
Appena giunto a casa, dove non c’è una nonna che mi aspetta ma una moglie che deve ancora rientrare dal lavoro, corro a scartabellare tra le vecchie cose e scannerizzo.
Potrei sovrapporre le due fotografie, l’ unica differenza è costituita dalla migliore qualità della Contax rispetto alla melliflua resa di questi smartphone con i quali pretendiamo di essere consacrati quali artisti.
E così trascorrono i giorni e la mente s’ intrica di pensieri che non so decifrare mentre la vista non riesce a smentire il reale, finché decido di cambiare… cambio percorso.
Cambiare prospettiva certe volte può chiarire, altre volte può confondere, ad ogni modo siamo animali curiosi e dobbiamo vedere le carte di chi ci sta di fronte, anche se il rischio è quello di perdere la partita.
Decido che è ora di cambiare le antiche tradizioni di famiglia, quindi taglio per i vicoli del centro storico.
Vengo giù per i Macelli di Soziglia, poi Via degli Orefici, Piazza Banchi, proseguo sempre dritto per Via al Ponte Reale, svolto a sinistra per Via di Sottoripa ed eccomi giunto in Piazza della Raibetta.
Adesso posso osservare quell’ uomo che mi dà le spalle sempre intento nel suo gesticolare, mentre mi avvicino lentamente.
Indugio per un po’, infine mi decido: “ Mi scusi, avrebbe da accendere?”
Si volta un po’ sorpreso, quindi mi porge un accendino. Accendo una sigaretta e mentre restituisco l’ accendino porgo le mie scuse per averlo importunato.
Mi risponde cordialmente: “ No, nessun disturbo. Sto solo aspettando una persona… sa, per lavoro”
E mentre cerca di richiamare l’ attenzione di qualcuno, mi volto verso Via San Lorenzo e vedo venire verso di noi un uomo giovane con indosso un cappotto beige, un cappello tipo Borsalino e un bastone da passeggio.
Il tutto risulta assai demodé, ma ciò che mi colpisce è soprattutto il suo volto, perché quell’ uomo assomiglia a mio nonno.
I miei occhi sono fissi su quella figura che avanza, il mio cervello non riesce più a parlare, la bocca a emettere alcun suono, mentre riesco distrattamente a sentire il mio vicino che dice:
“ Vede? Dev’ essere lui. Sa, non ci conosciamo. Sì, immagino che sia proprio lui…” poi si volta verso di me con un’ espressione soddisfatta che improvvisamente muta “ Ma, lei, non si sente bene?”
“ No, no, è tutto a posto” “ Lei è pallido, e trema. Venga, l’ accompagno nella farmacia di fronte”
Riesco solo a ripetere di no, che va tutto bene, cos’ altro potrei dirgli, se non che sono preda di un paradosso?
Con i miei ripetuti no riesco a tranquillizzarlo o forse è solo in trepidante attesa per quell’ incontro, quando lo sento esclamare “ Ma… dov’è andato? Non c’è più! Lei lo vede?”
Sollevo timidamente lo sguardo ormai fuggito verso terra, ma non vedo più nessuno…
L’ uomo è deluso, affranto, e continuando ad aspirare boccate di fumo mi racconta la sua storia.
E quella che ascolto è una storia assai normale, una storia che ai nostri tempi si ripete con cadenza tristemente quotidiana. E mi racconta di un tempo felice coronato da serenità e soddisfazioni e poi di un improvviso volgere al declino e un girare a vuoto, e porte in faccia e fallimenti finché una telefonata sembra preannunciare un cambiamento, ma ecco che anche quell’ uomo che attende ormai da un’ ora avrà cambiato idea, affiliandosi alla congrega dei suoi aguzzini. E prosegue nel suo malinconico lamento e di quell’ impiego ormai svanito nello studio del dottor Pozzo!
Quel suono acuto mi si conficca nel cervello come un turbamento acuminato. Il dottor Pozzo!
E non so dove andare a scorticare un solo briciolo di certezza. E mi guardo intorno a osservare una realtà che si nasconde tra le pieghe di un mistero indecifrabile, una realtà che misteriosamente si storce e contorce, si flette e s’ incurva portandosi appresso quello spazio e quel tempo di cui c’ illudiamo d’ essere i soli padroni, quando siamo solo pure parvenze di sogni, mentre ciò che ci viene concesso è solo una continua banalità quotidiana.
Quell’ uomo, l’ aiuto sempre richiesto con continua insistenza da mia nonna e mai ottenuto. Quell’ uomo, lì dinanzi a me, al quale posso solo dire:
“ Non si disperi signor…?”
“ Mi chiamo Pozzo… dottor Pozzo. Piacere”
“ Pozzo? Anche lei? Comunque, non si disperi e mi perdoni per il ritardo, oggi ho voluto cambiare percorso… piacere, dottor Pozzo”
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-Già! Forse, là dove sembra che tutto sia regolato da leggi esatte, esclusive, inevitabili, si cela una realtà più sottile di quanto ci appaia. Forse… ma proprio non so!