Ero là, seduto, di fronte alla scrivania del Capo in attesa di una bella sgridata.
Per che cosa?
In quel momento non riuscivo proprio a immaginarlo. Avevo investito in azioni di sicuro rendimento, nessun ritardo nell'esecuzione dei compiti, ero stato cortese con tutti, eppure, quando vidi la chiamata del numero 999, non ci furono dubbi... era il mio turno!
Il Direttore aveva due segretarie. La prima era bionda, leggiadra, bellissima e, nel momento in cui nel display compariva il numero 333, ci si aspettava una piacevole comunicazione, tipo concessione di ferie, promozione o un premio.
La seconda, al contrario, era una racchia, per di più zitella inacidita e il suo 999 poteva far drizzare i peli a un cane.
Stavo spremendomi le meningi alla ricerca di una motivazione, quando il Direttore entrò nella stanza e mi fissò, girandomi intorno come un condor sulla preda.
"Tu conosci la politica aziendale circa la collocazione dei titoli azionari e obbligazionari, vero?"
"Certo Direttore, l'ho studiata nei minimi particolari" dissi con devozione, usando anche il movimento della testa per rafforzare la mia risposta.
"Tu sai quali sono i vecchi clienti ai quali spetta un trattamento di miglior favore, vero?"
"Assolutamente sì" muovendo nuovamente il capo con un'assurda intensità.
"Allora, la Signora Donovan dove si colloca?"
"Tra i vecchi clienti" e improvvisamente fu tutto chiaro.
"Bravo, e allora perché le hai venduto i titoli della Harrison e Carl?"
"Temo di aver commesso un errore" e, mentre lo dicevo, il Direttore appoggiò gli occhiali sulla scrivania e in viso gli comparve la classica espressione del tipo "Non la passerai liscia, bugiardo".
"Sbagliato Marc, le hai venduto quei titoli perché pensavi al tuo immediato guadagno. Mi spiace, ma questo non è ciò che io ti ho insegnato. Alcune persone meritano rispetto. La bramosia del rapido avere si sta impossessando della tua mente e non ti fa ragionare".
Sapevo che la cosa più sbagliata che potessi fare era di interromperlo o contraddirlo, per cui chinai il capo in attesa dell'inevitabile punizione, senza battere ciglio.
"Sono deluso. La Signora Donovan è una delle più care clienti. Sta investendo tanti soldi e merita tutta la nostra attenzione. Oggi l'ho chiamata, le ho spiegato l'accaduto e le ho anche detto che risolverai questa spiacevole situazione. Però una punizione non ti può essere risparmiata. Devi imparare a umiliarti e per un mese, a partire da domani, sarai a disposizione della nostra cliente per rimborsare, con il tuo lavoro, la perdita nei rendimenti che sta subendo. Se ti venisse in mente di non andare o di rientrare prima del dovuto, considera la nostra collaborazione chiusa per sempre. Non hai diritto di replica e in segreteria troverai l'indirizzo e numero di telefono. Buon viaggio".
Detto questo il capo si rimise gli occhiali, chiaro segno che la predica era finita e che potevo, silenziosamente, andarmene.
Allora, senza esitare, mi preparai alla partenza. Il viaggio fu terribile, immense zone di vuota e trasandata campagna, dove qualche casa spuntava solitaria in mezzo a un verde spento e bruciato dal sole. Erano mondi desolati, dove le poche persone rimaste sembravano nascondersi alla vista. Ogni tanto incontravo qualche vecchio cane randagio che tentava di venire addosso alla mia auto, con la speranza di trovare un po' di cibo. Poi, dopo vaste distese dove regnava il nulla più assoluto, arrivai al villaggio della Signora Donovan. Fu straordinario. Dopo tanto Inferno mi sembrò di giungere al famoso Paradiso Terrestre. Tutto era lindo e ordinato. Le strade ben asfaltate, le case ristrutturate da poco e dai colori sgargianti, giardini puliti e brillanti, insomma... non c'era nulla fuori posto.
Immediatamente mi chiesi da dove provenisse il capitale per tutti quegli investimenti, in considerazione che l'economia della zona si basava prevalentemente sull'agricoltura, ma non ebbi abbastanza tempo per un ragionamento profondo, poiché mi ritrovai davanti alla bella dimora della Signora Donovan. La cosa che mi colpì fu il favoloso giardino che circondava la villa. Poi notai il bel porticato, un gazebo e pensai immediatamente alla vastità della dimora. Per gente come me che abitava in città, rinchiuso in ambienti che al massimo potevano arrivare a 70 metri quadrati, vedere spazi così ampi risultò essere mentalmente destabilizzante e dopo aver chiuso per un attimo gli occhi e aver respirato profondamente, mi decisi a suonare il campanello.
Mi ricordavo della Signora Donovan, ma vederla in tenuta da campagna e non nel classico vestito a giacca, mi sembrò un'altra persona.
"Buongiorno caro Marc, la stavo aspettando. Sapevo del suo arrivo e noto con piacere che è perfettamente puntuale".
"Buongiorno Signora. Sì, il Capo mi ha detto di essere da lei entro le 16. 00 ed eccomi qua".
"Bene caro. Innanzitutto la vorrei ringraziare per il suo aiuto. Il giardiniere dovrebbe tornare tra un mese e senza di lei, non avrei saputo come fare. Il mio defunto marito amava questo giardino e gli ho promesso che l'avrei mantenuto bello e rigoglioso. Ma andiamo dentro che ti offro un caffè e ti faccio vedere la tua stanza. Ops, scusa... non ti dà fastidio che io ti dia del tu, vero? Potresti essere mio nipote, sei così giovane e io di fronte a te mi sento ancora più vecchia".
Ovviamente la casa era bellissima. L'arredamento antico, non cupo o invasivo, rendeva l'ambiente caldo e molto confortevole. La struttura era composta di due piani, l'area giorno a terra, mentre la zona notte occupava tutta la parte superiore del caseggiato. La cosa più sorprendente era la cura per i particolari e ovunque si trovavano oggetti di pregio e sicuramente di un certo valore. Onestamente mi chiesi da dove provenisse tanto benessere, ma la mia domanda poteva tranquillamente essere estesa a tutti i cittadini di Sunvillage.
"Ecco caro, caffè e torta ai mirtilli. L'ho fatta questa mattina apposta per te".
Il caffè era intenso e dolce al punto giusto, ma la torta era di una bontà ineguagliabile. Anche nella pasticceria più rinomata della city non avrei potuto trovare un dolce così buono. "Complimenti Signora Donovan. Mai sentito una torta così gustosa".
"Grazie caro. Per vent'anni ho gestito una pasticceria e ti assicuro che ho avuto tante belle soddisfazioni".
"Davvero? Qui nel villaggio?"
"Sì, caro. Ma ho dovuto lasciare. Purtroppo la vita può diventare complicata e bisogna fare delle scelte o rinunce, a seconda dei casi" e mentre lo diceva, lanciò uno sguardo carico d'affetto al ritratto di un uomo che immaginai fosse stato il marito.
"Da quanto tempo è morto?"
"Sono già trascorsi sette anni, ma ogni giorno sento la sua mancanza".
In una delle camere adibite a ripostiglio intravidi una sedia per disabili e immaginai che il marito, prima di morire, avesse avuto bisogno di parecchie attenzioni.
"Torniamo a oggi. Allora caro, stasera si mangia alle 20. 00 e da domani inizieremo a sistemare l'orto e il giardino. Ti prego di considerare questo periodo quasi una vacanza, lontano dalla città, dal frastuono e dalla velocità del vivere".
Sarebbe stato bello credere a quelle parole se avessi spontaneamente scelto quella sorta di forzato isolamento, ma la realtà era ben diversa. Mi trovavo in quel posto per un motivo ben preciso: dovevo scontare una punizione, dovevo umiliarmi e fare dei lavori che non avrei mai immaginato. Avevo sbagliato, ma non pensavo di meritare tutto questo. Io amavo la città e quel caos che la Signora Donovan definiva "una devastante frenesia collettiva".
Non ero abituato al silenzio, alle pause, ad andare a letto presto, alla totale assenza di distrazioni e divertimenti. Non era una vacanza, ma una mortale prigionia. Sconsolato, mi ritirai nella mia camera con la speranza che una doccia e un riposino mi facessero dimenticare la rabbia e la delusione. La cena fu una delizia e l'abilità culinaria della Signora Donovan era senza dubbio da esaltare.
"Vedi mio caro, la vita nel villaggio è molto lenta. A volte le giornate sembrano infinite e perse in un vuoto silenzio, ma imparerai ad apprezzare tutto questo. Penserai ai veri valori della vita, ritrovando così il tuo spirito e te stesso. Nei nostri giorni non si ha abbastanza tempo e tutto scorre così in fretta che perdersi dei momenti importanti è pressoché inevitabile. Qui ritroverai la voglia di uno spazio dove rifugiarti quando la stanchezza riesce a toglierti la capacità di ragionare. So che hai sempre vissuto in città e che tutto questo sia un po' al limite per te, ma cerca di rasserenarti e tutto sarà più semplice. Il presente è già abbastanza complicato, specialmente quando il passato ci ha richiesto fin troppa energia".
Quella notte feci fatica ad addormentarmi. Tutto mi sembrava strano: il mio errore, il fatto di umiliarmi, la Signora Donovan, il giardino e lui... il Capo, con la sua inflessibile freddezza. Poi arrivò il sonno e quando la mattina mi svegliai, mi sentii straordinariamente fresco e riposato, come se avessi dormito cent'anni.
"Buongiorno, mio caro. Facciamo una bella colazione e prima di sistemare il giardino, direi di passare dall'orto. Oggi voglio preparare dei pomodori ripieni e ti chiedo se me li puoi raccogliere".
L'orto della Signora Donovan era una meraviglia. Non che io me ne intendessi, ma vedere tutta quella verdura, dall'aspetto così sano e genuino, mi mise allegria. La giornata era splendida, il sole già alto e tutto sembrava risplendere. Avevo in tasca le sigarette e l'iPod, ma decisi di godermi quel momento nella sua pienezza, evitando di fare ciò che mi ricordasse la città e le mie abitudini. Allora apprezzai in canto degli uccelli, il calore sulla pelle, il vento che mi solleticava il viso e improvvisamente sentii una strana energia, una voglia di fare particolare. Era un nuovo mondo, pieno di strane sensazioni e io decisi di provarle tutte, senza risparmiarmi assolutamente nulla.
"Che buoni che sono questi pomodori ripieni, Signora Donovan". "Grazie caro, piacevano tanto anche a mio marito".
"Se posso permettermi... quella sedia a rotelle era sua?"
"Purtroppo sì, gli ultimi dieci anni sono stati complicati".
"Di che soffriva?"
"All'età di quarantotto anni gli diagnosticarono la sclerosi multipla e nonostante le medicine, molto presto dovemmo ricorrere a vari rimedi. Fu un trauma che cambiò radicalmente la nostra vita, tanto che decisi di affittare la pasticceria per stare insieme a lui a tempo pieno. Non volevo ricorrere alle cure di estranei, avevamo diviso tanta felicità e mi sembrava giusto spartirci anche i momenti bui. Poco dopo arrivò anche un ictus e una parte della sua mente si oscurò. Iniziò a dimenticare parte della sua vita, perse lo scorrere del tempo e sempre più spesso si estraniava. Ma nei pochi momenti in cui tornava un po' di memoria, io vedevo nel suo sguardo tutto l'amore che conservava intatto nel suo cuore. Ricordavo quando si presentò a casa mia con due mazzi di rose rosse, uno per me e uno per mia madre. Ripensai al giorno del nostro matrimonio e a tutti quei momenti che, dopo cena, ci raccontavamo la giornata in compagnia dei libri e nulla di più. Quando stai bene insieme a una persona, non ti servono tante cose. Non si hanno molte necessità".
"Avete avuto figli?"
"No, io non potevo averne. Ne abbiamo adottato uno che ora vive in città. Quando mio marito iniziò a stare male, nostro figlio ci raggiungeva nei weekend, ma non poteva lasciare il lavoro e fermarsi per più tempo sarebbe stato impossibile. Vendemmo anche parte della nostra terra e con i soldi ricavati, ci assicurammo una certa tranquillità economica, ma fu dura, molto dura".
"Immagino Signora Donovan".
"Sì caro, ma non fu arduo assisterlo, quanto vederlo morire. Ogni giorno si spegneva un po' di più e pensare alla nostra vita insieme e a quello che non potevamo più fare, era un vero tormento. Però vivevo nei ricordi ringraziando il cielo per la felicità che mi era stata donata. Mi aggrappai a questi pensieri con tutta la forza, anche quel giorno in cui gli dissi addio. Ora mantengo questa casa nel migliore dei modi, perché mi sembra giusto farlo, per tutto l'impegno che lui ci ha messo nel costruirla. Vedere il giardino e l'orto a posto, mi fanno venire in mente lo sguardo e il suo sorriso nei momenti in cui ammirava il lavoro che aveva fatto. Grazie a mio figlio anche adesso non ho problemi economici e posso permettermi tutto questo".
"Mi dispiace Signora Donovan per suo marito, doveva essere una gran bella persona".
"Si caro, ma adesso mettiamo nel cassetto i ricordi e pensiamo ai prossimi giorni. Domani inizieremo con il giardino. Immagino che tu non abbia mai fatto questi lavori, ma vedrai che, sotto la mia direzione, faremo un bel po' di cose".
E così fu. Potare le piante, togliere le erbacce, seminare, spargere il fertilizzante, tagliare l'erba, fare questi lavori sotto lo sguardo attento della cara signora fu un piacere e quando pensavo a quella che doveva essere la mia espiazione, quasi mi veniva da ridere. Tuttavia i momenti più belli erano quando facevamo le pause a base di spremute, torte e ricordi. Era bello sentirsi raccontare i fatti più importanti di una vita tanto piena, vissuta in armonia con gli altri e forse era proprio questo il segreto di quella inesauribile energia e ottimismo. La sera successiva, dopo l'ennesima e indimenticabile cena, proseguimmo il nostro viaggio nei ricordi.
"Mi racconti di suo figlio".
"Certo, caro. Successe tutto in poco tempo. I nostri vicini morirono in un incidente e il loro figlio, che all'epoca dei fatti aveva appena tre anni, si ritrovò orfano e senza alcun parente. Allora mio marito interpellò un avvocato e immediatamente avviò le pratiche di adozione. Il Signore ci fece l'occhiolino e in men che non si dica la nostra famiglia si allargò. Essendo così piccolo si abituò presto a noi, anche se non gli nascondemmo mai la realtà. Spesso andavamo insieme al cimitero e nelle sue preghiere sentivo che raccontava ai genitori naturali quanto stesse bene. Fu bello accompagnarlo nella sua crescita. A volte la vita sa essere drammatica, quasi spietata, ma un raggio di sole illumina sempre il cielo e la via". In men che non si dica il mio "mese di umiliazione" trascorse veloce come un lampo, tra l'orto, sempre pieno di frutta, verdura e soddisfazioni e la cura del giardino – paradiso.
"Che bravo, mio caro, hai assimilato talmente in fretta che neanche ho avuto modo di spiegarti come avrei dovuto".
"Non è vero Signora Donovan. Lei è stata un'ottima maestra. Ho imparato un sacco di cose e non mi riferisco solo ai lavori manuali. Mi sarebbe piaciuto conoscere suo figlio. E' per caso in vacanza?"
"No, mio caro, è al lavoro e credo che tu lo conosca molto bene. Lui è il tuo Direttore. Donovan è il mio cognome da ragazza. Gli dirò che tu sei una persona meritevole di fare carriera. Abbiamo sempre preso le decisioni insieme e anche questa volta mi ha chiesto un parere. Però devo chiederti un favore".
Ero talmente stupito e contento che a malapena riuscii a pronunciare un fac – simile di risposta.
"Ti sei mai chiesto il perché questo villaggio sia tanto bello? Modello oasi in mezzo al deserto?"
Era vero, infatti ricordai le miei impressioni la prima volta che feci un giro.
"Bene. Mio figlio sta curando gli interessi di tutti gli abitanti del paese. Lui consiglia gli investimenti più sicuri e grazie al suo buon cuore, tutti noi possiamo vivere in un ambiente confortevole e sereno. Quando sarai nello staff direttivo, curaci anche tu, ti prego. Noi vogliamo bene a tutto ciò che ci circonda".
"Signora Donovan, lo prometto nella maniera più assoluta e se non sarò bravo, le sistemerò l'orto e il giardino per il resto della mia vita".
Le diedi un bacio sulla guancia e lei diventò rossa, come la spremuta di arance che ogni mattina mi faceva trovare. Tutto andò bene e in poco tempo entrai nello staff direzionale. Il capo mi fece seguire gli interessi degli abitanti del villaggio e grazie al cielo gli investimenti furono più che azzeccati.
Quel mese trascorso con la Signora Donovan mi aveva cambiato, come se una parte nascosta di me fosse emersa dalle profondità del mio essere.
Poi una mattina: "Buongiorno Signora Donovan".
"Mio caro, che bella sorpresa. Come mai da queste parti?"
"Le presento il suo nuovo vicino. Sono io".