ll tramonto lontano spegneva lentamente i suoi accesi colori nella fredda brughiera che sembrava voler celare nell'abbraccio della nebbia il villaggio in festa svelandone però i gioiosi canti in gaelico che a poco a poco diventavano sempre più distinguibili.
La famiglia del pastore Liam giunse sulla piazza addobbata secondo l'antico rituale, fuochi e falò erano stati collocati lungo il perimetro a celebrare il risveglio della Natura sotto la Luna crescente purtroppo velata da nuvole invidiose della sua candida beltà.
L'altare di legno intarsiato era stato posto in direzione della stella Capella (stella alfa della costellazione dell'Auriga) che in quel periodo transitava più lucente che mai, di potenza poco inferiore a quella di Sirio.
Ogni attività si interruppe nel silenzio. Si erano fermati tutti perché attendevano l'arrivo del pastore per la preghiera propiziatoria.
La comunità si prese per mano e mescolando rito pagano a tradizione cristiana recitò il ringraziamento a Dio e alla Luce, dopodiché iniziò il ricco banchetto.
Su tavolate imbandite si servì selvaggina in abbondanza, costate di angus, stufato d'agnello e patate, formaggi di pecora con marmellate di mirtilli, salmone all'aneto, ostriche al ginger e gelatina di mele, aragoste con salsa al burro ed ogni altro tipo di pescato del luogo, il tutto irrorato da boccali in rame di corposa birra scura e l'immancabile whisky per scaldare le vene e gli animi in festa.
In sottofondo si alternavano i suonatori di violino con ballate tradizionali che si fecero via via più vivaci.
Erano iniziate ora le danze, le fanciulle più giovani ballavano tra di loro mentre gli adulti potevano cambiare dama.
Owen osservava tutto in disparte ma poi prese coraggio e chiese ad un vicino di imprestargli il violino.
Intonò la ballata del Vento Solitario, le fanciulle si disposero dinanzi a lui formando le quadriglie.
Crystal fece in modo di trovarglisi di fronte e ballò solo per lui: i suoi occhi luccicavano alla luce dei falo' e lei ora sembrava davvero una piccola strega, la Little Witch del suo soprannome, lo sguardo aveva un qualcosa di magico e i lunghi capelli raccolti si erano sciolti ribelli, scarmigliate labbra e viso in fiamme, le nari dilatate dalla frenesia del ritmo che agitava il petto ribollente di quella passione tipica che solo chi ama danzare conosce. Il ritmo cresceva e ancora cresceva e lei non si accorse di aver su di sé molti sguardi, non solo uno, quello dell'unico uomo che le interessava.
Di colpo la musica venne interrotta da uno stridulo scampanellìo e si fece varco tra la folla il tenutario terriero Connor, alto e magrissimo, dalle folte sopracciglia crudelmente arcuate sopra a gelide pupille, sembrava un corvo ossuto pronto a carpire la sua innocente preda. Adirato per quel che lui e tutti quanti avevano visto esordì: "Cari compaesani, con grande piacere vi annuncio che questa sera non siete qui solo per celebrare la Luce di Imbolc ma anche e soprattutto per festeggiare il fidanzamento della signorina Crystal con me. Avrei voluto attendere l'inizio della primavera ed annunciarlo durante la Festa di San Patrizio ma dopotutto perché attendere oltre? Desidero sposarla il più presto possibile".
A quelle parole Crystal si sentì mancare, ancora stordita dal ballo il suo cuore fu più vulnerabile a quello shock imprevisto. Il fiato sembrava essersi fermato, il suo NO le implodeva dentro e lei non riusciva a respirare. L'apnea duro' un lungo, dilatato momento dopodiché iniziò a tossire convulsamente. Le venne portata dell'acqua.
Lui continuo': "Milady, ho qui con me l'anello di fidanzamento, chiedo al suo venerato Padre di benedirlo così potremo procedere con la cerimonia di fidanzamento, siete d'accordo pastore Liam?"
Il pastore annuì, sorpreso anche lui dall'affrettata richiesta.
Crystal urlò "No!"... le sembrò di vedersi circondata da tanti punti interrogativi, non vedeva più i compaesani ma solo i loro occhi stupìti ad accerchiarla.
Allora continuò "ehm no, non posso così, all'istante".
"Ah no? e perché no di grazia?" le chiese il malefico promesso sposo digrignando i denti.
"Perché devo ricevere la benedizione dai miei cari genitori defunti, permettetemi di tornare al cottage a prendere il medaglione con la loro immagine" rispose lesta ansimando, sperando di averlo ben occultato sotto il colletto in pizzo bianco.
" Va bene, Vi accompagno" disse lui.
"No!" era la seconda volta che lei sentiva il suono disperato della sua voce pronunciare quel no che proveniva direttamente dalle viscere, così s'affrettò ad aggiungere: "non serve, prenderò la scorciatoia nel bosco, ci impiegherò proprio un attimo".
E si incamminò affrettando il passo col terrore di sentire dietro di sé l'alito di quella presenza che odiava.
Il piccolo ed unico boschetto dell'isola, strappato alla forza del mare ma destinato a soccombere alle falde salate sotterranee, l'accolse tra i suoi alberi scheletrici che sembravano allungare i loro rami ad accarezzarla quasi a volerle far forza.
Lei si mise a correre e perse la spilla dorata con lo stemma di famiglia su un rovo di pruno. Arrivata nel punto centrale del bosco si lasciò cadere in ginocchio e abbattuta scoppiò a piangere urlando all'amico vento che accoglieva paternamente le sue tristezze: "Vento, vento, perché hai riservato un sì triste destino per me? Io non voglio! Non voglio e non posso! ...io ..io ..sono innamorata di un altro!"
A quelle parole comparve tra le cortecce illuminate dalla luna il viso amato di Owen che s'inginocchiò davanti a lei, in posizione speculare, sembrava stessero pregando...
Lui le porse la spilla che aveva ritrovato sul rovo e le disse: "Milady, io sarò sempre servo Vostro non temete, supereremo ogni ostacolo, troverò la via ora che so che Voi mi amate! Ma adesso la cosa più preoccupante per noi è questa" e le mostrò l'interno del suo mantello nero: vi era ricamato in aurei fili preziosi uno stemma uguale al suo ma molto più grande...
Lui le chiese: "Vi risulta noi possiamo esser parenti?"...