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Parte 3 della raccolta "Andrea & Daniel " di Gianny Mirra (14 racconti)
Un amore immenso |
Il tempo passava lento, le giornate di Daniel scorrevano alternandosi
tra il lavoro delle foto, gli spostamenti col camper, con la troupe, città nuove e le telefonate ad Andrea.
Non riusciva a far passare un giorno senza averlo sentito per telefono almeno una decina di volte e quando aveva qualche ora libera sentirlo anche in chat.
Andrea si spostò ad Amalfi con i suoi genitori mentre Daniel era a Lecce, in Puglia. Dopo nemmeno due giorni nella città barocca prese il treno e lo raggiunse sulla costiera amalfitana.
Andrea era felice di poterlo vedere e Daniel non stava più nella pelle.
Dopo aver cenato in un ristorante del centro, andarono in un albergo sulla costa. Si amarono con tutta la passione che avevano dentro.
Dopo aver fatto l'amore rimasero abbracciati sul letto a guardare le stelle che si riflettevano sul mare. Daniel guardò sul comodino dalla parte di Andrea.
Daniel: "Cosa stai leggendo?" Gli chiese.
Andrea: "Un libro che parla degli elfi! E' molto bello sai!"
Daniel: "Cosa dice il tuo libro?" Gli chiese.
Andrea: "Parla dell'antica razza degli elfi bianchi che vivevano ad Alfheim nella regione sacra al Dio Freyr. Si chiamavano Liòsàlfar, erano degli esseri di luce così luminosi che brillavano come i raggi del sole. Era l'epoca della fondazione della Corte dell'Alba. Isha era la Dea Madre degli elfi, la signora dei semi, delle stagioni e della natura. Era venerata ad Ulthuan presso gli elfi di Avelorn. Moglie di Kornous il grande cacciatore. Il più vecchio dio degli elfi è
Asuryan detto anche il re fenice, simboleggiava l'equilibrio cosmico."
Daniel: "Interessante !"
Andrea: "En maus ! Nella lingua elfica vuol dire 'con piacere."
Daniel: "Come si dice madre?"
Andrea: "Amil. I giorni della setimana, cominciando dal primo giorno si dicono: Ar Manwen, Ar Ulmon, Ar Veruen, Ar Fanturion, Alduuya, Ar Neldion, Ar Nessaron. Oggi siamo esattamente a Ar Veruen."
Daniel: "Quante cose che conosci ! Fammi una lezione di elfico dai! Come si dice Luna?"
Daniel: "Si dice Isil, ma ha diversi nomi in base alla sua fase. Luna calante si dice' Minga raana', luna crescente' kuu'. Sole si dice 'Uurr', Sole ardente 'Uur -anor'. Cielo 'Fanyare'. Mare 'Aire '. Vento ' Suulime '. Padre ' Atar '."
Daniel: "Ma che bravo il mio amore. Conosce anche la lingua elfica."Disse dandogli un bacio sulla fronte.
Andrea: "Gli elfi popolavano le foreste, i laghi e le montagne della Svezia, Norvegia, Finlandia, Scozia e Irlanda. C'è n'erano molti anche nelle regioni germaniche. Con l'arrivo degli uomini ci fu una grande battaglia per la supremazia. Gli uomini li odiavano perchè gli elfi erano molto belli e sapienti, mentre gli uomini assomigliavano a degli orchi brutti e pelosi. Così gli elfi per non essere uccisi e divorati, dato che gli uomini erano anche cannibali, perchè credevano che mangiando le loro prede ne acquisissero i poteri dell'anima del nemico, si rifugiarono nelle regioni sotterranee degli oceani e delle foreste. Essi escono di notte quando c'è la luna crescente o quando c'è il plenilunio, per i loro riti alla Madre Cosmica. Hanno delle piante sacre che li richiamano. C'è la lavanda, il timo, il gelsomino, il biancospino, la quercia e la betulla. La loro festa più importante si chiama Eostar. I mesi,cominciando dal primo si chiamano: Arvinye, Enime, Sulime, Viresse, Lotesse, Narie, Cermie, Urime, Yavannie, Narquelie, Hisime, Ringare." Continuò.
Daniel appoggio la testa tra il petto e il braccio sinistro di Andrea.
Daniel: "Parlami ancora di loro. Raccontami qualcosa che li riguarda."Disse sospirando e chiudendo gli occhi per ascoltare.
Andrea: "Ti racconto una storia degli antichi elfi:
In un bosco ai piedi di alcune montagne, c'era un lago dove la luna amava specchiarsi. Quando era una piccola falce sembrava una barca che dondolasse sulla superficie. Quando era piena lo illuminava così tanto da farlo sembrare un lago di luce dove le stelle danzavano in circolo.
Cera un villaggio che si chiamava Ferinya, un villaggio di elfi protetto da grandi alberi di faggio che gli facevano da fortezza. Le casette erano tutte piccoline, con un bellissimo giardino davanti e un orticello dietro.Al centro del villaggio c'era una piazza con al centro la grande quercia e ai due lati dell'albero una statua della Dea Isha e del Dio Asuryan. La piazza si chiamava 'Aina Alka', sacra luce. In questa piazza si radunavano tutti gli elfi del villaggio a festeggiare le feste delle stagioni: "Samain,Bealtane, Imbolc, Eostar, Lu' nasa ecc.
Gli elfi bianchi erano una razza di esseri bellissimi, saggi e buoni. Amavano lavorare ed essere produttivi e la sera quando finivano il lavoro, mettevano una candela fuori dalla finestra e si sedevano davanti al loro caminetto acceso a raccontarsi leggende, ricette e incantesimi. Tra gli elfi giovani c'era un ragazzo che si chiamava Melindo, che in elfico vuol dire 'innamorato'. Dopo cena, Melindo andava a farsi una passeggiata fuori dal villaggio. Sulla riva del lago c'era un'altra grande quercia dalle ghiande bianche, dove nel suo interno abitava una ragazza elfo di nome Thildin, che vuol dire 'Stellaluna'.
Thildin usciva la sera tardi, si sedeva su una delle radici della quercia che si allungava nell'acqua del lago e cantava delle canzoni antiche alla luna con la sua bellissima voce. Tutti gli animali del bosco aspettavano ogni sera questo momento. Si nascondevano dietro agli alberi o dietro alle rocce e ascoltavano le sue canzoni per buona parte della notte.
Una sera Melindo, andò a farsi una passeggiata dalle parti della quercia dalle ghiande bianche. Camminando sulla riva del lago, sentì la meravigliosa voce di Thildin. Quel suono meraviglioso lo incantò facendolo precipitare di corsa dietro un masso di quarzo verde, molto vicino alla ragazza. Quando la vide si innamorò subito di Thildin. Lei aveva i capelli biondo oro, legati in una coda che le arrivava fino alle caviglie. I suoi occhi viola splendevano come due stelle del cielo. La sua pelle era bianca come il latte e le labbra rosse come ciliegie, emettevano dei suoni stupendi.
"SE MI FARAI DORMIRE TRA LE TUE BRACCIA,
IO CONTERO' PER TE LE STELLE
E FARO' SCENDERE LA LUNA
CHE TI HA CONDOTTO QUI DA ME.
SE MI DARAI IL TUO SORRISO,
IO SARO' UN FIUME IN PIENA
CHE SCORRENDO NEL SUO FLUSSO
TI TRASCINERA' NEL MIO CUORE.
SE MI TOCCHERAI CON LA TUA MANO
LA MIA ANIMA SI APRIRA' COME UNA ROSA
ED OGNI PETALO TI PARLERA' DEL MIO AMORE
CHE SCORRE LIMPIDO TRA LE TUE DITA.
TRACCIA UN CERCHIO INTORNO A NOI
ED IO DANZERO' PER TE,
SULLE ALI DI UNA FARFALLA.
TI PORTERO' DOVE NASCONO GLI ANGELI
TI PORTERO' NEL RESPIRO DEL CIELO
E TU NON AVRAI PAURA
DI DIRMI TI AMO."
così cantava.
Melindo sentì battere forte il suo cuore, mentre polvere di stelle cadeva dal cielo e si muoveva nell'aria intorno aThildin.
Da quella sera Melindo che era figlio del calzolaio, del villaggio degli elfi di Ferinya, andò ogni sera a nascondersi dietro la roccia di quarzo verde per ascoltare la bellissima elfo dal vestito verde e il berretto in testa che cantava con la sua splendida voce.
Una di quelle sere Melindo arrivò prima che Thildin uscisse dalla sua casetta nella quercia. Si avvicinò alla finestra dalle tende rosa e attraverso i vetri, vide Thildin che metteva a letto sua nonna. Thildin accese una candela adagiandola sul comodino di legno di quercia intagliato e indossò il suo berretto da elfo per uscire fuori.
Melindo con un salto arrivò sulla radice dove lei si metteva a sedere, appoggiò una rosa dai petali d'oro e si nascose dietro la roccia verde.
Thildin uscì dalla porta della casetta. Scese i sette gradini del pianerottolo, fece una carezza su una delle foglie delle piante di lavanda che aveva nel suo giardino e andò a sedersi sulla radice che scendeva nel lago.
Quando vide la rosa d'oro brillare alla luce della luna, i suoi occhi si spalancarono di meraviglia. La prese e la porto al viso per annusarla.
La rosa aveva un profuno intenso e avvolgente, era il profumo dell'amore che il cuore di Melindo sentiva per lei.
Si sedette di fronte al lago e cantò:
"IL TUO PROFUMO HA L'ODORE DEL MARE
E DELLE ONDE CHE MUOVONO IL TEMPO
TRA UN SOSPIRO ED UN BACIO.
IL TUO PRORUMO HA IL COLORE DEI GIARDINI,
QUANDO IN PRIMAVERA CADE LA RUGIADA
DALLA LUCE DELL'ALBA, PRIMA DEL GIORNO.
IL TUO RESPIRO SOSPINGE LE MONTAGNE,
SPAZZA LE NUVOLE PER LIBERARE IL SOLE
E MI PORTA IL SUONO DEL TUO NOME.
ED IO TI ASPETTO APPOGGIATA AD UN DESIDERIO
MENTRE LE DITA DELLA LUNA
DISEGNANO IL TUO VISO SULLA MIA MANO."
Melindo restò dietro la roccia a guardarla ascoltando la sua canzone.
Poi tornò a casa nel villaggio, e nel suo letto, guardando le stelle dalla sua finestra pensò a lei teneramente.
Arrivò la festa di Beltane e tutti gli elfi del villaggio si riunirono intorno alla quercia della piazza per i festeggiamenti. Melindo era malinconico e sospirava sempre. Pensava alla sua elfo della quercia delle ghiande bianche e gli venivano gli occhi lucidi dall'emozione.
Dovette seguire i suoi fratelli e i suoi genitori alla festa della piazza, controvoglia. Quando arrivarono, i festeggiamenti erano già iniziati, tutti saltavano e danzavano intorno ai fuochi di Beltane. La vecchia saggia del villaggio chiamò tutti i ragazzi e le ragazze e in coppia li incitò a saltare sul fuoco rituale. Infine decise che quell'anno ci sarebbe stata la coppia di Maggio formata da un elfo e un' elfa che si sarebbero amati di puro amore.
La vecchia saggia fece rullare i tamburi e annunciò l'arrivo della nipote sulla roccia sacra, e che avrebbe cantato per l'essenza dell'amore. Con grande meraviglia di tutti e in particolare di Melindo, salì sulla grande roccia violetta proprio Thildin con una rosa d'oro in mano.
"QUANDO LA LUNA E' ALTA NEL CIELO,
ED I TUOI OCCHI MI CERCANO NELLA SERA,
I TUOI SOGNI VOLANO NELL'ARIA
E TU MI CHIAMI SOSPIRANDO.
QUANDO I BATTITI DEL CUORE SI FANNO PIU' INTENSI
ED IL RESPIRO PRENDE LA FORMA DI UN GABBIANO
MI GIUNGE L'ECO DEI TUOI PENSIERI,
SENTO IL CALORE DELLA TUA MANO."
così cantava Thildin, mentre tutti i giovani elfi la guardavano sospirando.
Ad un tratto gli occhi di Thildin si posarono in quelli di Melindo che si sentì fremere d'amore.
COSI' HO ASPETTATO DIETRO UN RAGGIO DI LUNA
CHE MI HA MOSTRATO IL RIFLESSO DEL TUO VISO
MENTRE SPLENDEVA NEL LAGO.
UNA ROSA D'ORO MI HAI PORTATO
CHE PROFUMA DEL TUO AMORE,
TRA TUTTI GLI ALTRI TI HO RICONOSCIUTO
TU CHE HAI SCRITTO IL TUO NOME SUL MIO CUORE;
TRA TUTTE LE VOCI MI E' GIUNTO IL TUO SOSPIRO
COME UN RAGGIO DI SOLE NEL PRIMO MATTINO,
IO NON POTREI SBAGLIARMI,
PERCHE' TU MI SEI VICINO
E DENTRO I TUOI OCCHI VEDO L'AMORE."
La rosa si staccò dalle mani di Thildin e volò lentamente tra le mani di Melindo che tremava dall'emozione.
Tutti applaudirono per la coppia dell'amore e la vecchia saggia nominò Thildin e Melindo ' Il Re e la Regina di Maggio,' legando i loro destini ai piedi della grande quercia, per sempre."
Concluse il suo racconto dando un bacio sulla punta del naso di Daniel.
"Grazie amore! Che bella storia che mi hai raccontato. Io sono il tuo elfo norvegese che ora chiude gli occhietti e fa la nanna sul tuo cuore." Disse abbracciandolo teneramente. "Buona notte amore.
Andrea: "Buona notte mio amato, Melindo. "Gli rispose accarezzandogli la testa, mentre le mani affondavano tra le ciocche bionde di Daniel.
Mentre Daniel dormiva Andrea andò in bagno a farsi una doccia. Quando si svegliò lo vide uscire dalla porta del bagno ancora nudo avanzare lentamente in controluce.
Daniel era totalmente affascinato, preso in un laccio ipnotico. Andrea si avvicinò piano verso il letto, vi salì a gattoni, piegò la testa in basso e i suoi splendidi capelli medio-lunghi ancora bagnati toccarono le gambe nude di Daniel. Risalì in quel modo il corpo del ragazzo disteso sotto di lui, mentre le ciocche bagnate risalivano l’addome, il torace, il collo, il viso di Daniel, dandogli dei brividi di eccitazione erotica. Poi Andrea con un colpo secco sbatte dietro la sua testa facendo andare indietro i capelli, gli prese la testa tra le mani e lo baciò con trasporto.
Il pomeriggio successivo, Daniel andò a prendere Andrea, per fare una passeggiata, dal B&B che i suoi genitori avevano affittato.
Andrea lo aspettava dietro il cancelletto dell’abitazione e quando lo vide
ricordò la frase che aveva scritto con le sue mani sul suo profilo: "L’ANGELO DELL’AMORE, APRI’ PIANO LE SUE ALI,MI PRESE PER MANO …..ED IL VOLO INCOMINCIO’ ".
Non poteva che essere lui il suo angelo dell’amore. Non poteva che avere quel viso, quella voce, quelle mani. Era il suo angelo.
Passeggiarono per le strade di Amalfi. Guardarono i negozi, le ville, i bar all’aperto e mentre camminavano lungo la costa, una costosa decappottabile rossa, passò di li al loro fianco e ritornò indietro accostandosi.
Un signore molto distinto sulla settantina, probabilmente un conte, li vide come erano belli e raggianti. Notò come la loro luce oscurava quella del sole e li volle invitare per un aperitivo, un gelato.
"Ma certo, perché no" rispose Andrea all’invito. "Dai Dan andiamo e così gentile".
"Ok", rispose Dan, e si avviarono tutti e tre insieme in un bar poco distante da li.
Si sedettero ai graziosi tavolini, fuori nella piazzetta e una cameriera,
si avvicinò al gruppo per le ordinazioni.
"Il miglior gelato alla frutta che avete, per tutti e tre, e una bottiglia di champagne", ordinò il ricco signore nei suoi vestiti chiari.
"Sono proprio belli questi posti" disse Andrea,
" Molto nostalgici e suggestivi" replicò Dan.
"Amalfi è un balcone fiorito sul mare. La perla del Tirreno" disse soddisfatto il conte. "E voi siete dei fiori rari su questo balcone".
"Lei è molto gentile signore", rispose un po’ intimidito Andrea. "I,o sono stresano e il mio amico e di Venezia".
"Ahhh bellissimi posti anche quelli….bellissimi !" esclamò il conte" Spero vi tratterrete a lungo vorrei mostrarvi le meraviglie del posto, io stesso".
"Purtroppo partiamo nel pomeriggio" rispose Andrea, "io sono con i miei genitori per una vacanza, diciamo di cultura, in giro per l’Italia. Dan è un modello che attualmente sta lavorando in Puglia".
"mmmmm la Puglia, Gallipoli ! molto bella" sospirò il conte," ci andai molti anni fa quando era ancora viva mia moglie…..è passato tanto tempo".
" Si è molto bella, soprattutto Lecce. Piazza del Duomo, la Basilica di Santa Croce. Molto artistica", disse Daniel.
La cameriera,completamente presa da Daniel non smetteva di fissarlo e parlava in continuazione per attirare la sua attenzione. Daniel era molto gentile con lei e la lasciava fare.
"Ha delle bellissime scarpe lo sa? " disse ad un tratto Andrea alla ragazza.
"Grazie, si piacciono molto anche a me. Le metto sempre anche per andare a ballare, sono molto chic" Rispose lei.
Ecco, allora le usi anche per andare a fare l’uovo da un'altra parte. Le dispiace? La ringrazio," disse con garbo Andrea fissandola senza ombra di timore, ma con un sorriso gentile.
La ragazza inghiotti il rospo e si tolse di mezzo risentita, ma almeno non parlava più.
"Bravo, certete ragazze non hanno proprio il senso della misura. Quando vedono un bel ragazzo si infiammano come tizzoni, hahaha’, esclamò il Conte’.
Daniel: "Forse sei stato un pò duro con lei. Povera!"
Andrea: "Duro è un calcio tra gli stinchi, quello lo puoi chiamare duro." Rise, "vedrai che si riprende presto, quelle come lei ne hanno uno per ogni bottone".
"Giusto" commentò il conte "per ogni bottone " ripetè divertito.
Dalla Puglia Daniel e la sua troupe si spostarono, prima in Sicilia rimanendoci quasi una settimana. Poi in Sardegna a Portocervo.
Andrea era a Vienna con i suoi, ma i due si sentivano costantemente per telefono e per chat. Ogni giorno per Dan era una lama fredda nel cuore dover stare lontano da Andrea. Il suo lavoro, allietato da cene lussuose con personaggi importanti, alberghi costosi e ville mozzafiato sul mare, non riusciva a tenerlo lontano dal suo gattinoarruffato che gli aveva rapito l’anima.
Daniel aveva molti corteggiatori e corteggiatrici fuori e dentro la chat ma nessuno poteva avere il suo cuore.
Aveva conosciuto alcune persone attraverso i messaggi e con alcuni di essi si sentiva quasi ogni giorno in chat.
Alcuni erano diventati i suoi confidenti, tra cui Paolo, un ragazzo di Vercelli che si era ammalato di aids ed Axel, un medico ligure.
Anche Andrea aveva conosciuto delle persone in chat e con essi si sentivano spesso, ma nessuno aveva le sue confidenze tranne un tipo di Verbania, trovato in chat anche lui, e di cui aveva come nick Volpacchiotto. Tra di loro si era instaurato un rapporto molto stretto, come tra fratelli.
Andrea andava a trovarlo spesso e lo coinvolgeva nei suoi pensieri, nelle sue emozioni, nel grande amore che provava per Dan.
Chiedeva spesso a Volpe se Dan lo amasse veramente o se invece fosse il capriccio di un ragazzo ricco e per di più un modello.
Volpe lo rassicurava sempre e lo coccolava con la marmellata alle arance, con gli infusi di lavanda, con le canzoni d’amore che scaricava da internet.
Amavano ascoltare la grandissima voce di Lisa Gerrard, le canzoni di Erin Mcarley, i Lunik, la bravissima Lisa Thiel con la loro canzone preferita "Litha," e molti pezzi ricercati che Volpe scovava in rete.
Lo vedeva come un fratello minore, con un’affinità quasi totale tra di loro, e questo era bellissimo.
Daniel conobbe Volpe attraverso Andrea che gli parlo di lui e del suo caro amico domiciliato a Verbania.
Gli parlò della sua sensibilità, della sua intelligenza e spassionata comprensione. A Dan piacque molto.
Quando Dan era giù di corda, e questo succedeva spesso, le tre persone importanti conosciute in chat, Axel, Paolo, e Volpe gli davano coraggio e lo confortavano nei momenti di pianto e di abbandono che Dan provava nell’essere lontano da Andrea.
"Axel "scriveva Dan nei suoi messaggi" per me Andrea è la luce che illumina la mia anima, io non posso vivere senza di lui. Se per qualche ragione Andrea non ci fosse io mi ucciderei subito."
"Non dire stronzate Dan non succederà. Andrea ti ama e tu lo sai bene", gli rispondeva Axel.
"Tu pensi che lui mi ami Axel? E' così razionale, così misterioso. Io non riesco a entrare nei suoi pensieri. Ho paura che la distanza per il mio lavoro possa allontanarlo da me, e questo non lo sopporterei."
Axel: "Non preoccuparti Dan. Fidati Andrea ti adora e ti aspetta, sempre!" Lo incoraggiò.
Daniel: "Si è come dici tu…grazie amico."
Dopo la sardegna Dan si spostò in Corsica a Portovecchio.
Axel era molto contento di avere le sue confidenze. Tutti e due erano figli del silenzio perché amavano la solitudine e i posti silenziosi. Perché meditavano nel silenzio che li faceva immergere dentro se stessi e arricchirsi di bene e di luce spirituale. Quando Axel seppe il nick di gattinoarruffato/Andrea, da Dan, volle andare a vederlo e il giorno dopo lo contattò.
Ormai si sentivano parte di uno stesso tutto e, anche se Dan e Axel non si erano mai visti in cam, o sentiti per telefono, la loro amicizia trascendeva ogni cosa.
Un giorno Axel mandò un messaggio in chat ad Andrea.
Axel: "Ciao Andrea, tu non mi conosci, sono un amico di Dan. Mi piacerebbe conoscerti se a te fa piacere".
"Ciao, perché no, i suoi amici sono anche i miei. Come ti chiami?" rispose Andrea.
"Axel", disse il medico.
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.
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«Questo è il terzo capitolo del mio romanzo. Buona lettura» |
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