Il Re e la Regina vivevano nel grande Castello fiorito dalle alte torri, dove in stanze murate erano rinchiusi gli anelli di lunghe catene inconcluse.
Danzavano nel grande salone incantato il ballo di sconosciuti avi, il sole impaurito gettava i suoi raggi sul decrepito corpo del principe ereditario, fiero di mostrare per la prima volta in battaglia il suo coraggio contro la paura ricca di secoli di schiavitù tramandata. La piccola principessa legge sui libri di scuola inutili storie raccontate da un metro incolore, vorrebbe volare, toccare terre lontane, farsi dire dai piccoli sassi bagnati di sangue affamato la vita, la storia che torna, esce dalla grande piramide che seppellì il muratore, nella grande caldaia che impasta la potenza del signore con piccole irriverenti gocce di sapore.
La principessa guarda le luci del grande salone dove i reali muovono i loro ridicoli passi stanchi nel ballo di sconosciuti avi, ma preferisce il sole, corre nel grande giardino del castello non suo, raccoglie guardinga il frutto acerbo del pesco gigante, lo mangia con gusto, il sapore del frutto rubato al normale le piace.
Quante volte s'è tolta le scarpe per toccare il piacere dell'umida terra, di fare amicizia col piccolo lombrico impaurito che nasconde il suo fragile corpo sotto la foglia caduta, quante volte la piccola principessa s'è tolta il vestito da festa e ha saltato l'altissimo muro, quante mani d'artigli l'hanno rincorsa, strappato le ali di carta, coperto d'angoscia, frustrato la sua libertà intuita, deriso la sua ribellione, la rabbia sputata a pezzi, il sorriso cercato invano, le carezze inchiodate nelle piccole mani, i baci senza ricatto, l'affetto richiesto, negato, oppresso, ingoiato, sino alla negazione del caos inconcludente, alla disperata ricerca di lacrime finite, alla tristezza immensa divenuta istintiva, indelebile, a gloria dei figli del re e della regina la principessa ha bruciato i valori del mondo, il Dio sconosciuto stampato da un artista bugiardo, le lunghe ali d'acciaio che divorano beffarde le sue illusioni, i larghi cancelli che rubano la vita, il giardino blu che regala i suoi giochi solitari, le antiche voci noiose che ripetono gradini sempre uguali, il fuoco sempre acceso nel camino a cercare il calore che affetti assenti non sanno dare, i sorrisi dati in sovrappiù, le gambe sempre in corsa a dare agli altri e a se stessa la sensazione di un'infanzia felice, il pianto soffocato sul cuscino per un amico rubato alla vita, per le lacrime derise da chi vicino non sa capire la disperazione di un giorno svanito al primo mattino, le lunghe strane parole buttate su un diario di scuola per dire agli amici ciò che la voce non sa spiegare.
La piccola principessa ha strappato i vestiti regali, ha bruciato i suoi libri di scuola, ha sputato il bacio criminale del fratello maggiore, ha smesso di regalare ingenui fiori agli amici che si inebriavano del loro odore, non canta più la canzone del cacciatore per poche monete, non chiede più carezze mai date, nasconde la sua rabbia, varca la soglia della delusione, cerca in un'altra isola risposte a domande soffocate, identità, azioni mai tentate, entusiasmi da verificare. Il castigo è molto più forte della sua ribellione, la lampadina resta accesa sul soffitto, le frasi non dette, i dubbi celati, i desideri non osati, le paure masticate, ingoiate dal non senso, l'angoscia che uccide, due note imparate a stento per coprire la malinconia, l'incapacità, la paura di dare ciò che sente, il bene che non sa spiegare, riempire l'angoscia di non fare.
Il re e la regina hanno spento le luci del salone, hanno finito il gran ballo degli avi, la rana rimane, continua a saltare nel suo stagno, si tinge la pelle di mille colori, la principessa la vuole toccare, le vuole dire i suoi timori, vuole farsi aiutare, la rana la guarda, sorride, le graffia la guancia, le strappa i capelli senza ascoltare, la spinge nell'acqua, la principessa piange per uscire, la rana le salta intorno facendole mille sberleffi, la solitudine di chi non sa farsi capire, il contatto di un bimbo che ti fa ricominciare, parole represse, gesti d'amore che stupiscono le sue paure, bene sentito, avuto e dato senza ricatti, una piccola mano, un sorriso, un bacio, uno scherzo, una parola insistente che cancellano un attimo il vuoto che sentiva dentro, l'amarezza di sempre che cade alla dolcezza infinita di un gesto d'amore infantile, e non sapere perchè non sa allungare l'attimo al tutto, non sapere perchè gli altri le chiedono ciò che non sanno dare, la debolezza residua d'un si troppo a lungo imparato, un grande fuoco acceso sulla riva del mare, i riflessi che giocano con gli occhi, la mente che si lascia andare, bruciare, la pioggia che disturba l'attesa cancella il sonno cercato, la fiamma che si sbriciola piano negli occhi sepolti nel mare, il canto di un corvo lontano, il passo ferito d'una zingara scalza.
La segui, senti le voci lontane, nuove, respinte da tutti, che più alte del sole s'innalzano ancora sempre a incontrare la luna, le stelle, la segui e ti lasci sedere, non vedere, accompagnare e ti unisci a quei canti che sanno di miele, di carezze e sorrisi dati senza scrutare, ti spogli di ogni pudore, riprendi la vita la corteggi la lusinghi, le mani si tendono senza chiedere, lontana dal vecchio castello incominci a danzare, ad ornarti di fiori e di sapori, la manina del piccolo bimbo stretta nella tua non ti lascia più, ti basta, il vecchio grillo quel giorno ha smesso di cantare, i fiori nel giardino hanno smesso di crescere e il tuo pianto non s'è mai asciugato, ferita, impreparata per sempre a raccogliere i frutti migliori, non ti sei arresa, raccatti le briciole e te le fai bastare, mille spine ti hanno ancora graffiata penetrando il tuo cuore mai sconfitto, è appagante per te voltarti e vedere riflessa la tua anima nel sorriso di tuo figlio. E vivi.