Il nido.
I loro corpi erano avvinti nel più armonioso dei balli d'amore, con l'olio dei loro pensieri erano scivolati dentro il più dolce e appassionato trasporto dei loro sensi e si sentivano pura emozione, puro piacere; quasi come storditi, erano in un "non tempo", come se quelle sensazioni non avessero avuto nè un inizio, nè una fine, ma fossero state pura essenza: moto perpetuo, che nelle sue oscillazioni, sempre diverse ma sempre uguali, diventava immobilità. Come onde di un mare che, nonostante il loro eterno movimento, appare sempre immobile ed uguale.
Completamente avido di lei Sergio amava il cuore del suo piacere come avesse voluto amarlo per sempre; la sua bocca e la sua lingua lo cercavano animose, ora percorrendolo lievi, ora invadendolo impetuose; desideroso dei suoi aneliti e delle sue sensibilità, ne beveva il piacere, desiderava sentirsi smarrito con tutto il suo viso dentro di esso.
Ugualmente Irene amava il suo sesso, lo assorbiva nella sua bocca, lo accompagnava nella sua pulsante eccitazione ed il loro piacere si andava confondendo sempre più, e diventava sempre più un piacere unico, dove entrambi non percepivano più nessuna distinzione fra piacere vissuto e piacere riflesso.
Provò una grande emozione quando Irene, prendendo la sua mano e con parole appena sussurrate, più intuite che comprese, la accompagnò dentro di sè, dove più sentiva diffondersi il suo fuoco, la guidò, perchè lui la cercasse e la esplorasse nei suoi più profondi sussulti, e gli premette la mano dentro il suo aperto e desideroso fuoco.
Sergio la cercò con le sue dita, si insinuò piano nei suoi sbocciati e bagnati sensi, vi entrò lieve, sfiorando i suoi petali aperti, per trovare con le sue dita l'armonia più dolce con quella sua calda intimità; vagabondava nel suo caldo ed umido rifugio, desideroso solo del suo desiderio, desideroso di scoprire tutti i segreti della sua profonda sensualità; si addentrava con le sue dita in ogni sua più intima sinuosità e, come dentro una magica empatia, ne condivideva le pulsioni ed accompagnava, vivendoli egli stesso, i suoi slanci di piacere; si sentiva allora attraversato dai più profondi fremiti di eccitazione, nella sensazione delle sue dita completamente immerse e bagnate del piacere di lei, tutto correva dentro di loro, in un'unica ed indistinta circolazione di piacere.
Lo aveva emozionato molto quel suo piccolo gesto, così naturale, di accompagnare la sua mano dentro di lei; sentiva ancora in quel gesto la meravigliosa bellezza della loro confidenza; aveva intuito come se lei avesse usato la sua mano con la stessa naturalezza come se avesse usato la propria.
E lui davvero l'aveva sentita come se non gli fosse più appartenuta e come se fosse stata portatrice del desiderio di lei e così plastica e trascendente quasi da interiorizzarne le sensazioni, così armonizzata con la musica del suo corpo, come se davvero ne fosse stata una sua reale appendice.
E così camminava dentro di lei, e con tutto il suo corpo si sentiva nel suo corpo ed ugualmente sentiva lei vagabondare intorno a lui, più che attratti si sentivano assorbiti, come se una forza irresistibile li facesse confluire in un'unica miscela di sensazioni.
Non sentivano il tempo e non vivevano nessun pensiero che andasse oltre a quel loro momento; sentivano solo straordinario come, seppure avessero consapevolezza della loro realtà, avessero potuto crearsi quelle loro dimensioni, che ben sapevano ostili alla stessa, ma che a loro volta esistevano.
Una realtà parallela e magica, che li faceva sentire separati da tutto, come se tutto quello che stavano vivendo non fosse minimamente oscurato dal resto e non poteva in nulla renderli rimproveranti con sè stessi; quel tempo era una loro proprietà e nessun ostacolo avrebbe loro impedito di viverlo così. Quel senso di fusione, dentro cui, in modo tanto naturale da diventare involontario, si erano trovati coinvolti, inevitabillmente li sottraeva da qualsiasi senso di colpa, e in esso si identificava la libertà di amarsi nel modo più assoluto.
I loro sguardi erano estasi, a Sergio rimasero stupendamente impresse le parole con cui Irene era riuscita, cogliendone la pura essenza con una sintesi perfetta, a definire quel loro stato di meraviglia. Lo aveva chiamato “ amore emotivo” e “ bellezza emotiva” e infatti così era; erano così emotivamente partecipi fra loro da sentirsi insieme un compendio di particolari di amore e di bellezza, ed in ogni cosa, sia interiore che esteriore, si osservassero, sentivano solo bellezza ed amore. Era un desiderio che viveva di ogni loro gesto e di ogni loro parola, che, in ogni carezza ed in ogni bacio che si donavano, sentivano esaltarsi in guizzi repentini che, come fuochi, si propagavano in tutte le loro sensibilità.
Di quanto tempo fosse trascorso da quando si erano abbandonati a quel loro abbraccio non erano neppure consapevoli e neppure sembravano preoccuparsene; vivevano quel loro flusso si potrebbe dire irresponsabilmente, come se per un miracolo si fossero trovati immersinell'ininterrotto moto cosmico del divenire. Solo qualche raggiodi luce, che penetrava dalle imposte chiuse, dava loro il senso che la giornata era lontana dal finire. Si sentivano padroni di quel tempo e volevano viverlo fino all'ultima goccia, senza che niente interferisse con quelle loro totali sensazioni.
Quando sarebbe stato il momento, sapevano entrambi che sarebbe stato come aprire una porta, per entrare in un'altra stanza e in un'altra dimensione; sapevano che non se ne sarebbero dimenticati, ma, finchè erano là, per loro non sarebbe esistito altro che quella stanza.
A Irene sembrava non servissero gli orologi, diceva, quasi con uno scherzoso vanto, di avere il tempo incorporato e per questo giocò un pò ad interrogare Sergio su che ora fosse. Anche lui, alieno agli orologi, si pensava un buon approssimatore del tempo, ma si trovò un pò disorientato dinanzi a quella domanda e nel proporre la sua stima; poi lui non giocava mai, nel senso che giocava sempre, ma, proprio per questo, viveva il suo gioco con estrema serietà; quello che per altri sarebbe stata una deviazione alla normale serietà, per lui era la normalità. Così lei sorrise quando verificarono insieme quanto fosse stato impreciso nella valutazione del suo tempo e sorrise anche lui, provava un grande piacere nela tenerezza con cui lei sapeva disinnescare la sua serietà.
Ma, mentre giocavano le parole, continuavano ad amarsi e sentivano la bellezza di quel loro gioco sensuale proprio nella naturalezza con cui lo vivevano, come se in quella loro sensualità non ci fosse stato nessun distacco fra quando, solo poche ore prima, semplicemente si parlavano col cuore e quando, dopo, avrebbero continuato a farlo.
Non c'era competizione, nessuna strategia per piacersi o sembrare diversi da quello che erano, semplicemente si esprimevano, in ogni cosa, nella loro piena autenticità, e per questo si piacevano e irresistibilmente si sentivano risucchiati dentro un gorgo di naturalezza.
Il loro viaggio, dentro il più abbandonato dei piaceri, si era sempre più dilatato ed i loro corpi sembravano immersi in un unico sussulto e sospiro.
Irene, mentre era vibrante per le sensazioni che le dava l'amore di Sergio, si era cercata con le dita per stimolarsi nell'espansione di ogni sua particella sensuale.
Seppure interamente avvinto nell'amore del corpo di lei, Sergio aveva subito adorato quella sua liberata ricerca di sè stessa; osservando la libertà con cui gli sembrava a lei riuscisse di amarsi, gli pareva di non esistere, o da esistere così profondamente dentro di lei, che riusciva ad integrarlo in sè stessa in un modo così assoluto, che lo sentiva inesistente ed in quel senso di inesistenza lui quasi si scioglieva.
Adorava quella sua libertà e provava attraverso di essa il più magico senso di accoglienza che avrebbe potuto desiderare e si sentiva completamente coinvolto in quel suo spontaneo amarsi.
Gli sembrava di amare e trovava adorabili quelle sue dita, mentre libere e appassionate inebriavano sè stessa; avrebbe voluto baciarle, sentirle nella sua bocca, ma in quel momento desiderava solo saper accompagnare quella sua discesa dentro di sè stessa; di fatto desiderava solo inesistere, che la sua libertà potesse andare al galoppo e che nessun velo di coscienza si potesse insinuare a vagare il suo ed il loro piacere.