...e il cantastorie iniziò il suo racconto:
scura in volto e minacciosa, la fata cattiva guardò la piccola Rosaspina, che dormiva tranquilla e ignara nella culla, e le lanciò la sua maledizione: un giorno la principessa si sarebbe punta con un fuso che l'avrebbe uccisa. Ma la dodicesima fata, che aveva ancora in serbo il suo dono, trasformò il presagio di morte in un sonno di cent'anni.
Rosaspina crebbe, conobbe il suo principe, pensò che il loro amore fosse il più grande e il più perfetto, anzi, l’unico amore davvero grande e perfetto e cominciarono a viverlo, sicuri che niente e nessuno li avrebbe mai separati. Azzurri i suoi occhi, come pietre di smeraldo sposato ad un'acqua marina, morbidi i capelli, profumata la pelle, immenso il suo cuore, perfetta di lui ogni cosa.
Ma incombeva sul suo destino la triste profezia e un giorno essa si avverò.
Il fuso era sinuoso e girava veloce. Volle provare a prenderlo tra le mani, a farlo girare e più girava veloce, più Rosaspina si sentiva felice e appagata. Mentre una gioia indicibile le invadeva il cuore, si punse. Sugli occhi le cadde oscura la notte e per cent'anni non vide che buio.
Tutto intorno a lei si fermò. Sotto le palpebre chiuse la Vita si era distesa al suo fianco e aspettava con lei che arrivasse il termine dato per risvegliarsi.
Il sole non tramontava e la luna immobile tra le stelle vestiva di luce argentata valli e colline. I fiori tenevano aperte le loro corolle e i colori tingevano i prati senza stagioni.
Nel sonno sicuro scorrevano i giorni, i mesi, gli anni. Nulla mutava dentro il suo cuore. Rimanevano uguali a se stessi uomini e cose, e non solo le forme esteriori restavano identiche, ma anche pensieri, emozioni, promesse e ideali. Al risveglio avrebbe trovato immutato il suo mondo, com'era nei patti.
E dopo cent'anni, com'era nei patti, un principe venne a svegliarla, ma nulla era più come prima.
Il principe non era né biondo né bello e il castello in rovina era pieno di gente che non conosceva. Rosaspina si aggirava nelle stanze che un tempo l'avevano vista felice e le scopriva ormai vuote e polverose. Nemmeno gli oggetti più amati riconosceva e seppure qualcuno poteva sembrare più noto di altri al suo sguardo, non riusciva per questo a parlare al suo cuore.
Mentre vagava con l'animo colmo di muto sgomento, vide in fondo ad un lungo e oscuro corridoio un enorme specchio, in cui si rifletteva la sua immagine, sempre più grande e nitida man mano che si avvicinava. Ad ogni passo nel petto i battiti del cuore divenivano più veloci e le risuonavano come tamburi nelle orecchie. Poi di colpo tutto si fermò e nel silenzio l'immagine nello specchio parlò, con la voce di Rosaspina invecchiata di cent'anni.
"Non esistono le fate, né buone né malvagie. Gli incantesimi non sono nient'altro che le scelte umane, e da chi le fa, vanno accettate, siano giuste o sbagliate. Il fuso, che affascina prillando allegramente, può pungere e uccidere, ma non è un sonno di cent'anni che ci ridà la vita né il bacio di un principe, che non sarà mai più lo stesso della fiaba.
Guardami negli occhi adesso, con coraggio, e leggerai la storia senza veli di Rosaspina, che aveva voluto sfidare il destino giocando col fuso e poi si era illusa, dormendo, di ritrovare al risveglio immutato il suo regno."