Non ho rimpianti, la mia vita è stata piena, fatta di tante gioie, anche se qualche dolore non è mancato, come quando mia figlia ha perso suo marito in un terribile incidente con lo scooter, aveva solo trenta anni e due figli piccoli da far crescere. Non è stato facile superare la tragedia, ma tutti insieme c'è l'abbiamo fatta.
Ho vissuto a lungo, non tutti possono dire la stessa cosa, la morte a volte si porta via bambini così piccoli che spesso mi sono chiesto, “ non esiste Dio se permette questo”. Non ho neanche rimorsi, perché credo di aver fatto sempre il mio dovere cercando di non ferire nessuno nel corso della mia lunga vita. A volte avrei voluto tornare indietro e avere un'altra occasione per fare ancora meglio, ma questo penso che sia un desiderio comune a molti.
La mia famiglia poi è stata la cosa più importante che abbia realizzato. Se ci penso, sembra che il tempo sia volato, mi sembra ieri quando giovane e bello iniziavo ad apprezzare qualsiasi scoperta, credo che sia la gioventù che abbia il merito di sviluppare questa magia facendo apparire tutto straordinario.
Nello stesso tempo sembra sia passata un'eternità da quando ero un uomo normale, con la possibilità di leggere, dormire, sorridere. Ora che sono un uomo senza speranza sento che tutto quello che ho costruito non ha più importanza per me. La speranza è fondamentale per andare avanti e quando questa viene a mancare, un uomo non si sente più uomo.
Non voglio che i miei cari debbano sopportare il peso del mio dolore e vederli soffrire mi fa soffrire ancora di più. Qualche giorno fa la dottoressa che mi tiene in cura mi ha prescritto la morfina, ha detto che non devo sopportare il dolore e che devo iniettarla appena percepisco i primi sintomi, ma ormai sono abituato al dolore.
Oggi i mie figli e i miei nipoti sono stati a pranzo da noi, mancava solo Sabrina, la nipote più grande, è a Parigi, lavora in una grande azienda multinazionale, sta facendo una strepitosa carriera, siamo orgogliosi di lei.
Siamo stati bene come ai vecchi tempi, prima della malattia, quando passare una giornata così appariva normale. Già, non ci si rende conto che le cose che sembrano normali, possono essere meravigliose quando la vita sta per abbandonarci, dovremmo sempre vivere ogni occasione come se fosse l'ultima per poterla apprezzare veramente.
E' da un po' di tempo che ho maturato l'idea, dovrò lasciare le persone che amo. Sappiamo tutti che prima o poi dobbiamo morire, è un evento naturale, ma quando abbiamo la certezza che è solo questione di tempo allora è terribile. Mi guardo allo specchio e vedo un povero vecchio consumato dalla malattia con il viso segnato dalle operazioni, ma non è tanto l'aspetto fisico ad addolorarmi, l'angoscia più forte è sapere che potrei non ragionare più, che il mio cervello vada in tilt. Io che ho basato tutta la mia vita sulle potenzialità della materia grigia, ora mi trovo a dover fare i conti con il destino.
Avevo una grande passione per la lettura e mi divertivo moltissimo a scrivere, era il mio hobby preferito, evadevo ogni volta che scrivevo una storia, ora invece non solo non riesco più a vedere bene, ma non riesco più neanche ad inventare storie, quando dentro si è già morti non si ha più voglia di niente.
Vorrei credere in Dio, sarebbe fantastico avere fede, sopporterei il mio destino senza batter ciglio e forse mi sentirei onorato di essere stato scelto per sopportare tale martirio, i veri credenti pensano così, ma purtroppo io non credo in lui, non l'ho mai creduto e ormai è tardi per convertirsi.
C'è silenzio in casa, mia moglie è nella stanza da letto a riposare, i miei figli e nipoti sono andati via e io mi ritrovo solo a ripercorrere la mia vita. Avevo sempre pensato che morire fosse un evento inaspettato e naturale e non avrei mai immaginato invece di dovermi trovare in questa situazione, sono come un condannato alla pena capitale in attesa che la morte arrivi.
Il silenzio è assordante, non riesco più a sopportarlo, a volte nel silenzio sento le urla di disperazione dei miei cari, loro non gridano, non piangono, ma io le percepisco lo stesso le loro grida e il loro pianto.
E' una giornata invernale, c'è il sole ma fa molto freddo, non prenderò l'ascensore, salirò le scale fino all'ultimo piano. La chiave della terrazza e stretta tra le mie mani, le chiavi di casa le porterò con me.
Non lascerò un biglietto d'addio, il mio testamento è scritto tra le righe, non ho altro da aggiungere. Andrò incontro al mio destino questa volta, non aspetterò che sia lui a raggiungermi.
Mi tolgo la vestaglia, non voglio che si sporchi, mio figlio me la comperata proprio ieri e poi non credo che serva per dove devo andare, li non sentirò freddo e non proverò dolore, mi sentirò finalmente leggero, non so se il mio è coraggio o vigliaccheria, so solo che ho bisogno di pace.
Sono in alto, il vento mi scuote la pelle e l'altezza mi fa girare la testa, ma il vuoto più profondo e quello che ho dentro. Un salto e finalmente tutto finirà, mi lascerò andare nel vuoto, proverò l'ebbrezza del volo che è uno dei desideri più ricercati dell'uomo e poi sarà la fine, il mio corpo sarà solo un pezzo di carne senza vita.
Chiudo gli occhi, apro le braccia e mi lascio andare, il vento sul viso è tagliente, ma dura solo pochi istanti. Che strano non sento niente, eppure dovrei essere morto, apro gli occhi e mi vedo steso in terra inanimato come un fantoccio. Ma allora io dove sono? E' per caso la mia anima che ancora esiste?