Ci tenni tanto, una quindicina di anni fa, a visitare Castel del Monte, nel Comune di Andria, e non rimasi deluso. Quell'originale castello ottagonale voluto dal grande imperatore Federico Secondo, anche senza penetrare nella sua presunta simbologia, incanta il visitatore per le sue pareti e i suoi pavimenti completamente spogli: un senso del nulla e di quiete assale chi lo visita, una vera spiritualità, se vogliamo, si sprigiona da quell'edificio nudo, una spiritualità che Federico, amante del mondo arabo e musulmano, ben doveva conoscere; egli volle forse ricreare, con la pietra, un pezzo di deserto iconoclastico nel cuore della Puglia. Fui molto contento quando, qualche anno dopo, trovai Castel del Monte raffigurato sulle monetine da un centesimo di euro.
Quando scesi alla stazione ferroviaria di Bayonne, un giovanotto mi porse un fiore di carta con i colori della bandiera basca, invitandomi a dare un contributo per la "causa" . Gli diedi qualche franco e presi il fiorellino (che credo di conservare ancora a casa, da qualche parte) . Molti muri delle case della cittadina vecchia avevano scritte che inneggiavano (in basco; comprendevo molto vagamente) all'indipendenza. L'unione dell'Europa ha inevitabilmente portato con sé anche il suo contrario, la rinascita dei localismi (del resto, forse, più una famiglia è numerosa, più nascono gli individualismi al suo interno) .
Quasi non ci si accorge quando il treno, proveniente dalla Francia, arriva in Svizzera, a Genè ve, essendo la città addossata al confine francese. Ecco forse il segreto della Svizzera, della sua agiatezza, della sua tranquillità, della sua tolleranza: avere ai suoi confini delle città che potevano appartenere ad altre nazioni (Genè ve alla Francia, Basel alla Germania, Lugano all'Italia...) , e farle sentire fiere di vivere in una condizione migliore, di maggiore autonomia; ciò ha dato forse impulso a un convinto desiderio di perfezionamento, che esse cercano di trasformare in realtà.
Da ragazzo amavo molto fare delle passeggiate in bicicletta e scoprire dei posti vicini a casa (percorrevo anche 60, 70 chilometri in un pomeriggio) . Ma, quando giungevo alle "Colonne di Giugliano" (due colonne situate sulla strada statale 7 bis, che immettono nel vasto territorio - che si estende fino al mare - di Giugliano in Campania, popoloso Comune a nord di Napoli), non avevo mai il coraggio di oltrepassarle: mi facevano l'effetto delle Colonne d'Ercole, oltre le quali si estendeva un mondo sconosciuto e pericoloso. Non conoscevo, allora, molte cose della storia e della cronaca locali, ma forse un sesto senso mi guidava: proprio lì, infatti, inizia il territorio dominato dal clan dei Casalesi, che allora (anni Sessanta) aveva un tono molto più dimesso di adesso, ma contro il quale, comunque, finanche il fascismo (che era stato capace di ridimensionare alquanto la camorra napoletana e perfino la mafia siciliana) si era dimostrato pressoché impotente.
Il simbolo del leone (l'acqua delle fontane pubbliche, ad esempio, esce dalle bocche di leone delle statue) domina la città di Lyon, onorando così il suo nome. E' la terza città della Francia, ma non si direbbe, perché non fa quasi mai parlare di sé e conduce una vita industriosa ma piuttosto riservata. E' suggestivo percorrere certi viali del centro, perché - cosa alquanto rara - volgendo lo sguardo da un lato e dall'altro si possono ammirare contemporaneamente i due fiumi che bagnano la città, il Rodano e la Saona. E' una città un po' misteriosa, Lyon, un po' subdola, se è vero che, con Torino e Praga, forma quel famoso triangolo magico dell'esoterismo.
Merano (Meran) dà l'impressione di un luogo asettico, di un luogo in cui le nostre inquietudini, i nostri dolori vengono anestetizzati in quell'ambiente freddo in mezzo alle Alpi. Certo, non sembra Italia, e forse non è Italia, nemmeno nei dintorni. A Bozen (Bolzano) la commessa di un negozio mi parlava in tedesco e, quando la pregai di usare l'italiano, lo fece, non prima però di avere mostrato un evidente disagio e disgusto. E a Riva (del Garda) l'anziano trattore e sua moglie, dopo avere confidenzialmente colloquiato con me durante il pranzo, si ritrassero quasi impauriti quando, alla loro domanda, risposi, con un po' di approssimazione, che ero di Napoli (ma io non do la colpa a loro, bensì ai troppi Napoletani che, nei sempre più frequenti spostamenti al di fuori della loro città, ne hanno in vari modi infangato il nome) .
Visitai Rimini da ragazzo, e poi in età adulta, trovandovi sempre un'artificiosità organizzata (anche nell'evasione) che si è sovrapposta ormai definitivamente alla primitiva genuinità (la Rimini di Pier Vittorio Tondelli ha preso il posto di quella di Federico Fellini) . Le megadiscoteche, le scese a mare tutte numerate, i pranzetti standardizzati nei ristorantini nei pressi del lungomare attraggono turisti vogliosi di trasgredire (ordinatamente) più con il corpo che con la mente, di provare emozioni in un certo senso paragonabili a quelle che potrebbe suscitare un lager (ecco perché, forse, tanti - nostalgici? - turisti tedeschi nel secondo dopoguerra, e parecchi ex sovietici più recentemente...)
Mi recai una volta a Bari soprattutto per vedere la basilica di San Nicola, dato che mio padre così si chiamava: mi colpì per la sua semplicità e per la sua posizione, nel cuore della città vecchia. Ma, tornando a casa, prima di imboccare l'autostrada a Trani, fui ancor più conquistato dalla visione della cattedrale di quella cittadina, posta proprio a un passo dal mare. I rapporti della Puglia con l'Oriente sono stati sempre intensi: i Baresi affrontarono tanti pericoli per andare a recuperare le spoglie del santo, e i Tranesi, con quella cattedrale baciata dalle onde del Mare Adriatico, sembrano volere offrire un biglietto da visita e d'accoglienza ai tanti cittadini dell'Est che cercano rifugio nella nostra ospitale penisola.
Il quasi fiabesco Palazzo Ducale di Urbino, che svetta sulla cittadina marchigiana, non è certo una "cattedrale nel deserto", ma ne ha un po' le sembianze: pur non essendo trascurabile il centro urbano che esso domina, il Palazzo dà l'impressione di essere stato costruito per una città alquanto più grande. Quel Palazzo mi ha sempre affascinato, forse perché tanto ci rassomiglia: rassomiglia ai nostri sogni, alle nostre aspettative, alle potenzialità della nostra mente, creata per ambire al raggiungimento di traguardi ben più importanti e impegnativi di quelli spesso meschini che le vicissitudini delle nostre povere vite ci portano a conseguire.
Come Rimini, anche Viareggio fu da me visitata la prima volta quando ero ragazzo, e poi rivista in seguito. Ma che differenza! Sarà l'aria del Tirreno, sarà la vicinanza con l'irriverente Livorno, con la scettica Genova, il risultato è che passeggiando per Viareggio si respira la libertà della mente, non ci si lascia intrappolare in idee preconfezionate, ci si sente unici, non gregge. Viareggio è una città per intellettuali, in cui la spiaggia e i locali di divertimento fanno solo da sfondo al suo vero centro, che è per me la profumata e ispiratrice pineta.