Al terzo piano ci sono "I fiori del male" di Baudelaire, con testo originale a fronte. Li comprai il 21 luglio 1969, in un'edizione "UE Feltrinelli", alla Galleria Umberto di Napoli.
Avevo da poco finito la scuola media superiore, con in testa ancora le parole che il professore di Matematica, il sacerdote C., a suo tempo assistente all'Università del grande Caccioppoli (e ricordato nel film "Morte di un matematico napoletano" di Martone) , ci ripeteva spesso sulla grandezza di Baudelaire.
Dopo aver letto velocemente la raccolta (anche nella parte originale, nonostante il mio francese allora ancora praticamente nullo) , ne parlai con un mio amico, che me la chiese in prestito.
Dovetti aspettare un tempo valutabile attorno a qualche mese prima di vedermela restituire (dopo varie insistenze) , per di più mutilata di un pezzetto di una pagina dell'indice: ricavai la lezione (avevo avuto già qualche altra avvisaglia, da altre persone) che i libri non vanno mai prestati!
Al quarto piano sopravvivono ancora (dopo quasi quarant'anni) i due volumi gemelli di "Poesia Verde N° 6" e "Poesia Verde N° 9" , editi a Roma, a Viale Castrense 9, rispettivamente in settembre 1971 e in settembre 1972, a cura del poeta Pietro Cimatti.
Il peso complessivo di entrambi i volumi è di 403 grammi e, considerando il fatto che le mie sette poesie pubblicate occupano lo spazio di quattro pagine, su un totale di 280, si può dire che il peso della mia pubblicazione poetica è di appena sei grammi scarsi!
Al sesto piano riposa "Uomini e topi" di Steinbeck, in traduzione, poco distante da un'altra traduzione, "Il grande amico Meaulnes", di Alain-Fournier.
Sono due libri regalati da mio padre, il primo nel 1969 ed il secondo un anno dopo.
Non ho mai finito di leggere "Il grande amico Meaulnes", mentre "Uomini e topi" l'ho letto tutto, ma senza entusiasmo.
I gusti di mio padre, per quel poco di letteratura che aveva frequentato, erano abbastanza diversi dai miei. Durante la lunga prigionia in Africa mio padre si era abituato a dei gusti piuttosto rudi e avventurosi (lessi, da ragazzo, anche "Livingstone attraverso l'Africa", un libro personale di mio padre, che stimava molto le avventure dell'esploratore inglese), compreso l'amore per il pugilato, che ha lasciato me invece sempre indifferente.
"L'uomo solo", un volume delle "Novelle per un anno" di Pirandello, vive al settimo piano. Fu da me comprato il 19 agosto 1970 e, all'ultima pagina, porta un'annotazione: "Questo libro è stato cinque minuti tra le mani di M. L. " .
Controllando il mio diario di allora, appuro che ciò è vero; quel giorno vidi M. L. dalle 13,30 alle 14,05: indossava una minigonna blu e una maglietta celeste a maniche corte con lo scollo a "V" , era abbronzata perché era andata al mare a Licola nelle prime due settimane del mese e, nel vedere il mio libro di Pirandello, mi disse che G. L. , un comune amico (un altro dei suoi spasimanti? ) , le aveva dato in prestito "Il fu Mattia Pascal" .
Sempre al settimo piano, nel suo caratteristico, anche se un po' usurato, vestitino rosso e nero dei "Corvi" di Dall'Oglio, fa bella mostra di sé "Senilità" di Italo Svevo.
Manca l'ultima pagina, quindi non posso sapere quando fu stampato, ma il prezzo ("Costa duecentocinquanta lire") mi fa pensare che lo sia stato nell'immediato ultimo dopoguerra.
In realtà io lo pagai solo cento lire, perché lo comprai usato, il 21 novembre 1969, su una bancarella di Piazza Carlo III , a Napoli, sotto l'Albergo dei Poveri.
A pagina 3 si può leggere, ripetuta quattro volte, la firma "A. V. " , molto probabilmente il nome del suo vecchio proprietario.
Anche se in seguito amerò Svevo soprattutto per la sua opera maggiore, "La coscienza di Zeno" , do tuttora a "Senilità" un posto particolare nel mio cuore, forse perché è stato uno dei primi libri che ho comprato per mio personale soddisfacimento, e non per obblighi scolastici.
Ancora al settimo piano si può trovare "Il Gattopardo" di Tomasi di Lampedusa, nell' "Universale Economica Feltrinelli".
Il libro, da me acquistato il 27 giugno 2002, è stato stampato nel febbraio dello stesso anno, però male, perché ben quattordici pagine sono bianche!
Avrei potuto comprarne un altro, ma ho preferito tenermelo così difettoso, forse perché rappresenta un simbolo dell'esercizio quotidiano del capire, tra le righe, il non detto (in questo caso il non scritto... ) .
All'ottavo piano, vicino agli altri tre romanzi dello stesso autore, si trova "Nel corpo di Napoli" , di Giuseppe Montesano, edito da Mondadori e comprato il 30 settembre 1999.
Quando lo lessi mi piacque molto, per la forte critica verso il modo di vivere napoletano ed anche perché mi ricordava degli episodi della mia gioventù (come l'andare a Napoli dalla provincia con gli autobus delle "Tramvie provinciali" , o la descrizione di una ragazza spigliata e disinibita che mi richiamava alla mente M. L. ) .
Sapendo che l'autore viveva a S.A. , mi procurai l'indirizzo dall'elenco telefonico e gli scrissi una lettera, in cui illustravo una mia astrusa teoria linguistica che spiegherebbe i motivi della decadenza napoletana.
Conservo naturalmente la lettera che lo scrittore, poco tempo dopo, nell'ottobre dello stesso 1999, mi inviò come risposta. Non dà molto peso alla mia teoria, e mi scrive, tra le altre, queste parole: "Chi ha vissuto qui o in una certa Campania ha più possibilità di entrare dentro questa carcassa sempre sull'orlo del disfacimento e mai disfatta. La tua 'concezione' della 'napoletanità' mi è sembrata molto vicina a quello che sostengono alcuni dei miei personaggi. Ma: è la lingua a influenzare gli uomini - o viceversa? Mi sembra un po' la storia dell'uovo e della gallina di Aristotele" .