Ora le immagini avevano ripreso a seguire il giusto corso dello spazio temporale nell'ordine cronologico. - Pronto, Laura? Sono Gilda, c'è una lettera per te - esordisce l'amica - E' di mio cugino Livio. Mi ha chiesto di fartela pervenire. - Ma non è al servizio militare? - Chiede Laura. - Infatti, arriva da Trieste - prosegue l'amica. Livio! Cosa poteva volere da lei - si chiese Laura. Quella strana lettera le fu consegnata dalla cugina quasi con aria di scuse... Laura estrasse il foglio dalla busta:
"Cara Laura, da tanto, da troppo tempo desidero parlarti. Non ho mai trovato il coraggio di farlo. So del profondo legame che ti unisce a Roberto. Ma io amo te, da sempre... Sto vivendo l'esperienza militare come una condanna. La sola cosa che ti chiedo, se puoi, è di pensarmi ogni tanto. Una parola, un saluto, una cartolina... Grazie se lo farai. Livio".
Doveva trattarsi di uno sbaglio. Doveva esserci un'altra Laura - si disse. Livio faceva parte della comitiva di amici comuni che frequentava insieme al suo fidanzato, ma non vi era stato mai nulla fra loro. Non un cenno, una parola, un'allusione che le avesse fatto pensare a qualcosa di diverso dal semplice cameratismo fra amici. E invece la sfortunata destinataria di quella lettera era proprio lei. Non aveva mai visto quella luce negli occhi di Roberto. Ne ebbe paura. Era tornato in licenza militare natalizia, e quel pomeriggio si erano avviati per una passeggiata, fra quei luoghi a loro tanto cari. -Non devi guardarmi così. Dovevo dirtelo. Ci siamo sempre detti tutto. Non volevo che venissi a saperlo da un'altra persona. Io amo te. Non m'importa nulla di quella dannata lettera! Non avrà mai alcuna risposta - lo rassicurò Laura. - D'accordo. Allora sarà solo una questione personale fra me e Livio - pronunciò Roberto. Ma quelle parole giunsero al sesto senso di Laura col tono di chi è pervaso dal bisogno insopprimibile di annientare qualcuno. - Tu non farai nulla. Sarà stato un momento di debolezza, di solitudine. Perché vuoi essere così cattivo? Noi abbiamo tutto. Non si può essere indulgenti con chi è meno fortunato di noi? - prese a dire Laura. - No. - Fu la secca risposta di Roberto. - Allora la nostra storia si chiude quì - concluse Laura. Quella sera, si erano lasciati così... con quelle parole amare sospese, nell'aria che odorava di muschio e incenso... mentre la prima manciata di stelle s'era annunciata sul cielo, e si confondeva al brulichio delle luminarie natalizie. Laura era lontana dall'immaginare che un veleno sottile si era già insinuato nel cuore del suo ragazzo. E il silenzio era sceso fra loro come il più crudele degli spettri. Fu Laura a cercarlo. Voleva che capisse quanto lo amava. La licenza natalizia volgeva ormai alla fine. - Ti scriverò - furono le uniche parole di Roberto. Ma il suo sguardo era già lontano... Come fosse volto verso orizzonti confusi, paurosi, ignoti... Quella notte, Laura, non era riuscita a dormire. Una sensazione di vuoto, come se fosse sospesa in una dimensione irreale, si era impadronita di lei. Cercò di ricordare dove avesse letto quelle espressioni sul dolore. Che, adesso, sembravano riecheggiare come da un'eco lontana... " Il dolore profondo... che ora si trascina in catene, ora geme con rotti singhiozzi, ora si scioglie in lunghi lamenti, ora vaga attraverso tutte le speci di dolore perfezionando la sua stessa sofferenza... ma solo raramente scorge, tra le nubi nere, deboli lampi di speranza...". Chi lo aveva scritto? E perché la rincorrevano quei pensieri? Ecco, adesso ricordava... "Espressionismo E Formalismo Nella Storia Dell'Estetica Musicale". Si trattava di un musicista.
Il volto di sua madre fu il primo che incontrò quel giorno tornando dall'Università. Aveva assistito, molto distrattamente, ad una lezione di filosofia, ed ora sentiva solo il bisogno di stare un pò da sola. Dal terrazzo di casa sua aveva preso ad osservare il cielo: continuava a disegnare nuvole...
Alcune avevano strane forme. Sembrava raffigurassero i personaggi di una fiaba molto triste.
Da una lama incontaminata d'azzurro, ne era uscita un'altra: aveva un'espressione stranita...
E vagabondava, lungo i giardini del cielo, come se faticasse a ritrovare la sua originaria collocazione fra i suoi simili. Forse si trattava di una nuvola molto stanca di essere nuvola. E se fosse stata lei una nuvola, cosa avrebbe fatto? Dove sarebbe andata?
Chissà -pensò- dove vanno, poi, a dormire le nuvole... (Continua)