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"Un'altra vita" cap. 2

Amore

IRENE.

Anche se Irene si aspettava quella telefonata, lo stesso, sentendo quella voce sconosciuta, non poté frenare una certa agitazione. Ormai da molto tempo si era decisa a quel passo: la necessità era incalzante, ma interiormente le sembrava anche un modo possibile di imprimere una svolta alla sua vita. Però adesso, che il momento era arrivato, e doveva superare le esitazioni, adesso lo stesso si sentì invadere da un senso di panico. Al telefono c'era Augusta; era stata Tatiana, sua amica della giovinezza, a metterle in contatto fra di loro. Tatiana era da molti anni in Italia, come assistente di anziani, una “ badante”, come più prosaicamente si usava dire. Irene aveva pensato per sé di provare a percorrere la stessa strada: da troppo tempo non otteneva un incarico come insegnante elementare, i tagli alla spesa pubblica avevano colpito duramente soprattutto la scuola, aveva abbandonato le speranze di riuscire a tornare a insegnare. Così Tatiana l’ aveva introdotta nell’ ambiente della cittadina dove lavorava, in Italia, e attivato il contatto con Augusta, che cercava una badante per suo padre.

-Buongiorno, sono Augusta. Tatiana mi ha parlato molto bene di lei e mi ha fatto il suo nome per assistere mio padre... lui è molto anziano, da assistere quasi completamente. Ma, a parte questo, è come un bambino, è silenzioso e si lascia gestire con semplicità..

Augusta continuava a parlare a ruota libera, facendo ogni sorta di precisazioni, sembrava un nastro registrato; Irene si sentiva travolta da quel fiume di parole, la sua interlocutrice non le lasciava né modo, né tempo, per dire alcunché; sembrava parlasse da sola, del tutto priva della facoltà di ascoltare. A dire il vero le sue non sembravano nemmeno parole, di più una sequela di ordini, impartiti in modo perentorio e che, Irene lo capiva già bene, non amavano essere contraddetti.

Per questo lei, che non aveva una grande inclinazione per le contrapposizioni forti, si limitava ad annuire, sentendosi interiormente piuttosto sbigottita. Non poté trattenersi dal provare una forte sensazione di antipatia, percepiva con forte disagio quel tono freddo, metallico, autoritario, se avesse potuto scegliere certo sarebbe stata alla larga da quel tipo di persona; ma che scelta poteva avere? Aveva già aspettato troppo tempo, questa volta che era decisa a partire, l’ avrebbe fatto.

Anche perché erano finiti i tempi in cui le offerte per quel genere di lavoro era come piovessero, c’ era stato un cambiamento, forse le famiglie cercavano di provvedere autonomamente alle loro necessità, perché la crisi economica incalzava anche nei paesi un tempo più ricchi. Bisognava cogliere al volo l’ occasione, questo si era già ripetuta mille volte Irene, per convincersene. Un po’ le bruciavano i propri modi acquiescenti e remissivi, con cui aveva seguito ed accettato tutte le indicazioni e gli imperativi di Augusta, ma il momento era troppo delicato per lei, per giocarselo.

Augusta aveva già stabilito tutte le regole, certo aveva già molta pratica di badanti: “ questo è il compenso, devi far questo e questo, non puoi far questo e quest'altro” e ad Irene non era restato che confermare “ sì signora... d'accordo signora... senz'altro signora...”

Alla fine della telefonata si accordarono su quando Irene sarebbe arrivata: avrebbe trovato Augusta ad attenderla alla stazione e, insieme, sarebbero andate direttamente nella casa del padre, dove le sarebbero state impartite le ulteriori informazioni ed istruzioni necessarie per iniziare il lavoro. Esattamente una settimana dopo.

Adesso che il dado era tratto, e non poteva più tornare indietro, Irene cominciava a sentirsi più tranquilla e a farsi una ragione della decisione presa, che sentiva necessaria ed irrevocabile. Non era più una ragazzina, si sentiva come chi sta ormai uscendo da quella che in genere si considera la parte più importante della vita, quella in cui si pensa si sarebbe dovuto già realizzare tutto quello che si era pensato di realizzare… o in cui si suppone che quel che è fatto è fatto, e ben poco si può cambiare. Proprio ora che si accingeva a questa impegnativa partenza ricordava con quante speranze era entrata nella vita, con sincera passione. Era stata una ragazza ottimista, fiduciosa, con un forte intimo sentimento religioso. Aveva desiderato una vita coerente con questa fede. Tante cose non erano andate come aveva desiderato, e certamente anche questo aveva influito molto sulla sua decisione di allontanarsi dai luoghi dove aveva trascorso quasi tutta la sua vita. Non nascondeva a se stessa che, pur essendo quella decisione frutto di un lungo travaglio, in cuor suo sentiva che solo lanciandosi nel vuoto avrebbe forse ritrovato se stessa, in una sorta di vita nuova.

Così, il mattino previsto, si trovò puntuale alla stazione dei treni. In tutti quei giorni aveva sentito con molta commozione l'imminente partenza, il dover lasciare i suoi luoghi familiari e guardava, quasi con le lacrime agli occhi e come se li vedesse per la prima volta o per l’ ultima, le vie, la chiesa antica, le colline a raggera. Si sentiva di separarsi da una parte molto grande di sé.

Anche più grande emozione aveva provato prendendo commiato dalla sua famiglia, soprattutto il distacco dai suoi figli ora la addolorava moltissimo. Non erano più bambini, Anita aveva 24 anni e Marin 20, erano entrambi forti, emanavano una serena e sicura emotività. Irene non temeva che la sua assenza davvero li potesse colpire; ma lei continuava a percepirli con l'amore di quando erano bambini, li sentiva come allora e certo era dolore l'idea che, non sapeva per quanto tempo, non avrebbe più potuto guardarli e continuare ad amarli, come allora, sempre come allora.

Quanto a Carlo, il marito, si sentiva in modo molto diverso, con lui. Da tanti anni il problema del lavoro si era frapposto, insinuato nel loro sentimento. Irene pensava di aver lottato perché ciò non accedesse, secondo lei le difficoltà economiche non avrebbero dovuto sormontare così quelli che erano stati i loro sogni, le loro speranze, anche il loro amore. Lei aveva visto che altri avevano reagito diversamente ai problemi, si erano accontentati magari di poco, ma non avevano lasciato che le esigenze economiche si mangiassero completamente le loro vite, i loro rapporti, il tempo insieme. Invece con Carlo non era stato possibile, lui voleva “ il meglio” diceva, per loro, e da anni accettava gli impegni più disparati, lontano, o anche vicino, ma sempre totalmente assorto nel suo “ fare” frenetico, fino a quel momento in cui, non riuscendo più ad avere nessun lavoro, era entrato in una forte crisi personale; era stato proprio allora che Irene aveva deciso di partire. Sentiva che forse era stato proprio il deterioramento del loro rapporto a darle la spinta più forte per la sua decisione, anche se quasi non lo confessava nemmeno a se stessa. Viveva la relativa depressione di Carlo con dispiacere, ma allo stesso tempo si sentiva ferita dal fatto che lui, anche in quel caso, non riuscisse ad anteporre null’ altro al lavoro. Non c’ era mai stato verso di mettere il loro rapporto al primo posto, e neppure adesso era stato possibile farlo. Perché, con il contributo dei piccoli lavori che Irene da sempre realizzava per una cooperativa di ricamatrici, e il lavoro fisso di Anita, sarebbero riusciti a cavarsela. Avrebbero potuto essere felici lo stesso. Ma Carlo non ci aveva mai creduto, in una possibile felicità che avesse al primo posto la loro intesa, e la loro intesa si era persa nel tempo. A ulteriore prova, la reazione di lui alla notizia della sua partenza era stata quasi di indifferenza: era completamente assorto nel suo mondo fatto di rimpianti e di nuovi progetti di difficile realizzazione. Irene soffriva la partenza come un male necessario, consapevole però allo stesso tempo che una parte di sé la desiderava. Irene di accomiatò da Carlo con un dolore dentro, che si accorgeva essere più la consapevolezza che mancava cosa li aveva uniti, che avrebbe voluto rimpiangere, che altro. Lui per un momento si commosse, le disse -Speriamo di avere presto belle notizie per te, che potrai tornare tra poco tempo.

Nel suo abbraccio Irene sentiva già il suo pensiero lontano, alle nuove cose che aveva in mente di fare, se solo fosse riuscito.

Finalmente il treno si mosse, iniziava il viaggio. Si era seduta, dopo aver sistemato alla meglio la sua grande valigia, vicino al finestrino; le era capitato molto raramente di viaggiare. Osservava con piacere i panorami che le sfrecciavano davanti e che volte sparivano all'improvviso ingoiati da lunghe gallerie. Una volta partito il treno, provò una strana sensazione: le sembrò di essersi completamente staccata da tutto quanto precedeva. Come se una sorta di libertà, pur unita all’ apprensione dell’ ignoto, all'improvviso si aprisse per lei, e fossero spariti i pesi che in tanti anni aveva accumulato dentro di sé. Si sentì serena, in pace, era tanto che non provava una sensazione simile e forse così intensa non l'aveva mai provata.

Era attenta e recettiva a quanto la circondava, cose, persone, ogni elemento di vita che le passava intorno. Si lasciò andare sul sedile, guardava le montagne lontane, la campagne, i piccoli paesi che continuamente apparivano e sparivano davanti ai suoi occhi, e anche il campionario di persone che popolavano il vagone. Le era sempre piaciuto guardare la gente, provare a capire l'umanità dietro a volti all'apparenza impenetrabili, anonimi. Le piaceva immaginare la vita, i pensieri, dolori, gioie, lunghe storie da raccontare. Aveva un libro aperto davanti, le piaceva leggere, ma in realtà era assorta nelle sue osservazioni. Vedeva un gruppo di studenti discutere animatamente, con scherzi e risate, anche sguaiate; in un angolo signore anziane che si lanciavano, quasi per caso, come se una conoscenza fortuita in treno fosse l’ occasione che aspettavano per farlo, in resoconti dettagliati delle proprie vite. Irene sentiva quelle storie che prendevano forma, le sembrava di entrare nell’ esistenza di quelle persone e di trovare un più vasto respiro alla sua, di vita. Intanto il treno correva, macinava chilometri su chilometri, il tempo passava e la sua destinazione si avvicinava.

Michele Serri 17/05/2013 19:25 1064

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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