Francesco dovette insistere con Salvatore, un sessantenne che aveva lavorato in una miniera d’ oro del Sudafrica, affinché gli vendesse la sua bicicletta che conservava nella stalla come se fosse una reliquia sacra. Era appesa alla trave del soffitto insieme al suo casco di minatore, agli attrezzi agricoli più arcaici e ad una corona d’ aglio che, secondo lui, allontanava il malocchio dalla sua casa.
La bicicletta africana, come la chiamava Salvatore, era secondo lui un pezzo da museo d’ inestimabile valore, ma in realtà era diventata, con il passar del tempo, il cordone ombelicale che lo teneva indissolubilmente legato al suo passato.
Era tornato a vivere ad Amardolce, dopo trent’ anni passati all’ estero, con una cospicua fortuna in tasca tale da permettergli di sposare Giuliana, una graziosa signorina trentenne povera come un gatto del Colosseo ma bella come una dea.
La strana coppia si unì in matrimonio nella Chiesa di San Rocco tra lo stupore generale della popolazione perché la differenza d’ età tra i due coniugi, era così elevata che avrebbe senz’ altro comportato in futuro un serio problema per gli sposi.
Giuliana era corteggiata dai molti giovani amardolcesi perché, nella mentalità maschile degli anni settanta, il fatto che quella strana coppia non avesse messo al mondo un bambino era ascrivibile ineluttabilmente all’ impotenza dell’ anziano marito. Il fatto poi che lei avesse la quinta misura di seno, ingigantiva la loro immaginazione, morbosamente perversa, e la elevava al settimo cielo.
Una decina d’ anni dopo il matrimonio, Salvatore contrasse la Malattia di Huntington che si caratterizzò con disturbi del movimento che lo costrinsero a spostarsi su di una sedia a rotelle che emetteva un sibilo simile a quello prodotto dalla catena della sua mitica bicicletta africana.
Savaltore, quando intuì che, con il degenerarsi della malattia, sarebbe entrato in uno stato di semi incoscienza permanente, accettò di cedere la sua bicicletta in cambio di qualcosa che sconvolse letteralmente Francesco, che all’ epoca dei fatti era poco più di un ventenne.
“Ti piace, mia moglie?”, gli disse laconicamente.
Francesco lo guardò incredulo, arrossendo come un peperoncino. Era noto che Giuliana fosse l’ oggetto segreto dei desideri di tutti i maschi del paese, ma era altresì risaputo che nessun uomo aveva osato mancarle di rispetto, soprattutto perché temevano la reazione del marito che era molto geloso.
Salvatore si avvicinò a Francesco e lo guardò dritto negli occhi.
“Perché non rispondi? Il gatto ti ha mangiato la lingua?”, chiese di nuovo l’ uomo, questa volta con un tono di voce ironico.
“É una bella donna, ma- ma è… tu- tua mo- moglie”, balbettò il giovane temendo la reazione dell’ uomo che si agitava animatamente sulla sedia a rotelle.
“Se accetti la mia proposta, ti regalo la bicicletta africana!”
Francesco non aveva ben capito la proposta dell’ uomo ma era così interessato a quella misteriosa bicicletta che era riuscito a risparmiare circa centocinquantamila lire per acquistarla.
Salvatore gli si avvicinò lentamente e, trattenendo a stento i suoi movimenti scomposti, dovuti all’ infermità che lo affliggeva, gli sussurrò:
“Mi rimane poco da vivere, Francesco, e preferirei che mia moglie non rimanesse da sola, dopo la mia dipartita. Appena sarò deceduto, si faranno avanti molti pretendenti, soprattutto perché le ho intestato tutte le mie terre e le mie due case. Allora, ho pensato che ci sarebbe un modo per risolvere il problema.”
Francesco continuava a non capire il ragionamento dell’ uomo, ma assunse un atteggiamento educato per non turbare la sua sensibilità. Lo conosceva dal suo arrivo al paese e non aveva mai avuto problemi con lui di nessun genere. Aveva soltanto desiderato segretamente di possedere quella donna, grazie alla prosperità dei suoi seni, ma si era sempre accontentato di lanciarle sguardi maliziosi e furtivi ai quali, a dire il vero, lei sembrava indifferente.
“Sono sterile a causa di un virus che ho contratto in Africa e che m’ impedisce di procreare, ma se tu mi aiutassi nell’ impresa, potrei avere un erede e non dovrei regalare i miei soldi, le mie terre e le mie case al primo zoticone di Amardolce.”
Francesco rimase a bocca aperta per lo stupore perché pensava che l’ uomo stesse farneticando.
“Tu metti incinta mia moglie ed io ti regalo la bicicletta africana. Il tutto, naturalmente, dovrà rimanere un segreto.”
“ E Giuliana è d’ accordo?”, rispose il giovane con un filo di voce.
“L’ ho sposata che non aveva neanche le lacrime per piangere. Le ho parlato del mio progetto e lei non è contraria alla mia proposta, ma lo farebbe soltanto se fossi tu a farlo perché sei un bravo ragazzo e l’ hai sempre rispettata.”
“Le mogli dei miei amici sono le mie sorelle”, sentenziò con poca convinzione Francesco.
“Vi incontrerete sabato notte, ma non nel nostro letto matrimoniale. Potreste farlo sul divano o sul pavimento. Se non ho sbagliato i conti, dovrebbe essere il momento giusto per rimanere incinta”.
Francesco ascoltava incantato la proposta di Salvatore e aveva dimenticato completamente la bicicletta africana. Non gli pareva possibile che, grazie a una serie fortuita di eventi, egli potesse realizzare il sogno più recondito della sua vita: amare la donna più desiderata del paese e in più con il beneplacito del marito.
Nove mesi dopo, nacque Nicola, un bellissimo bambino al quale il padre ufficiale aveva intestato tutti i suoi beni.
Per una strana coincidenza del destino, Salvatore morì lo stesso giorno in cui Nicola compiva due anni.
Francesco cercò inutilmente di contattare Giuliana, che passò tutto il resto della sua vita a occuparsi del figlio.
Fu durante il Festival Blues del 2010 che Francesco incontrò per l’ ultima volta Nicola, che si era appena esibito sul palco, eseguendo un bel pezzo di musica popolare afroamericana, e lo guardò con particolare attenzione.
Era simile a lui da giovane, ma non osò neanche guardarlo negli occhi perché il suo era un segreto che si sarebbe portato fino alla tomba.
La sola cosa che fece Francesco, prima di lasciare per sempre Amardolce, fu quella di restituire la bicicletta africana al suo legittimo proprietario.