A capo, per tornare al punto preciso che mi trovo oggi, in questo istante, seduto alla poltrona, ascoltando musica e pigiando tasti di un portatile, descrivendo emozioni che ancora oggi, a distanza di tempo emergono dal profondo e accendono la luce del vissuto. Quel vissuto sano, spensierato, sereno, dove per un tempo lungo o breve, siamo un tutto con le stagioni che si susseguono e con gli accadimenti. Siamo centralità della natura stessa, siamo figli del tutto, e semidei caduti da chi sa, quale nuvola bianca. Ricordi … frammenti di tempo che ancora vivono e scoppiettano come i carboni accesi che ardono nel focolare. Andavo a scuola, spensierato, senza futuro o passato, andavo … camminavo svelto per l’ irta salita che mi conduceva al convento, monastero divenuto poi, col passare del tempo scuola elementare, gestita delle Suore Francescane. Era il mese di maggio, è in questo momento il mese delle rose, io ero maggio, tutto si risvegliava, tutto cantava in armonia con il momento. Mi stavo preparando per la prima comunione con Suor Gioconda, una grassa e antipatica suora che usava vecchi sistemi di punizione: “ Bacchettate sul palmo delle mani, oppure, ceffoni “ Ero bravo in religione, mi piacevano le storie bibliche. M’immedesimavo in tutti i personaggi, un giorno ero Giuda, un altro, Santo Agostino, poi, Benito, e altro giorno ancora, un discepolo di Gesù. C’ era sempre odore d’ incenso nella scuola, e quando si mescolava con l’ odore della bella stagione primaverile, deliziosamente lo annusavo, esalava trasportato dal vento nelle mie narici. Viaggiavo … nel tempo e nello spazio. Ero incenso, fiore, soave vento, ma soprattutto amore. Stavo in quello che provavo, ero ombra e luce, a volte, anche malinconia. Quando qualche ragazzina mi sorrideva, toccavo gli Angeli del cielo, e quando uscivo dalla scuola volavo nel cielo come una rondine. Stavo sempre insieme, ero unito, non ero tempo che passa, ero tempo. Ero giorno insieme allo stesso giorno con i suoi colori, con il suo moto, e il suo trascorrere; ero sera nella sera quando si spegneva il sole, e le strade improvvisamente ammutolivano. Amavo senza chiedermelo, amavo e basta, sognavo anche, sognavo regine e cavalieri, fate buone e streghe cattive. In quel tempo passato, collezionavo figure di santini, il mio preferito era San Sebastiano. Poverino mi dicevo, trafitto nel torace da frecce dalle punte affilate, in armonia col suo corpo; ero geloso del suo piacere nel morire. Altra immagine che mi piaceva tanto, era Santa Lucia, mi faceva paura con quegli occhi che offriva a chi sa chi, sul vassoio d'argento … Me ne innamorai, in particolare per la sua estasi perfetta; l'immagine la portavo sempre con me nella tasca del pantalone corto che indossavo. Volavano in quel tempo gialle farfalle su ogni fiore. Ero fiore, ero nettare e polline, divenni a mia insaputa quello che sono. Non sono un nostalgico, sono quello che ora sono e quello che sicuramente non sarò domani. Tutto cambia e si trasforma, tutto diviene altro e altro ancora. Cambiano i pensieri, cambia il modo di stare al mondo, e quello di percepire una realtà che dipingiamo a secondo la nostra evoluzione nel tempo che passa. Passiamo, andiamo verso un qualcosa che nemmeno sappiamo, un po, come l'universo che si espande, si distende e si allontana dal nucleo di nascita, in cerca di chi sa quale meta finale. Forse lo stesso, un tempo tornerà indietro, un po, come facciamo noi e come faccio io di solito, allora rivivremo tutti inversamente di nuovo le stesse e medesime cose all'incontrario, consapevoli che siamo universo e tempo, e ci espandiamo tra futuro avvenire e passato. Mi piace il jazz... |
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