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Cronaca di una giornata normale di una pendolare

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“ Ma cos'è questo suono così spiacevole che mi richiama alla realtà? Ho appena chiuso gli occhi!” Guardo la sveglia: le 5, uffa, non sbaglia mai. È ora. A malincuore mi devo alzare, comincia un nuovo giorno... giorno? Mi guardo intorno, è ancora così buio e silenzioso, ad occhi chiusi vado verso la cucina, tutto di me urla di sonno, di freddo, di stanchezza, solo un caffè extra mi potrà salvare! Guardo fuori dalla finestra, la luna illumina un cielo di cristallo, sarà un altro giorno di sole e di luce, ma non ora, è ancora troppo presto. I miei movimenti sono rallentati, ma non posso indugiare, il treno non mi aspetta! Una doccia veloce, mi vesto nel buio per non disturbare il sonno di chi, beato, si alzerà tra un po', quasi quasi mi metto le scarpe da ginnastica, comode, no, no, le scarpe con i tacchi, ma se devo correre? Se non trovo posto a sedere? Se devo aspettare il treno in ritardo? Opto per i miei soliti stivali da battaglia. Pantaloni comodi, una sciarpa calda: il treno potrebbe essere bollente (ma questo soprattutto d'estate) o gelido, come capita spesso ultimamente ed un'ora e mezza circa di viaggio in quelle condizioni minerebbe anche persone ben più forti di me! Mi muovo spedita ora, solo un po' di trucco e sono pronta, occhiaie o borse stamattina? Mi guardo nello specchio: occhiaie! Benissimo, quelle con il trucco si mimetizzano meglio! Esco di casa, ora comincia la vera corsa, i minuti scorrono veloci e nonostante tutto riesco ad uscire sempre in tempo limite, è ancora così buio tutto intorno, le strade vuote e silenziose, solo qualche raro passante, imbacuccato, che corre verso la stazione, sarà il caso di allungare il passo, balzo sui gradini ed entro in un vagone bollente, non si respira quasi, l'odore è nauseante, i finestrini sono bloccati, so per esperienza che tra un po' non sentirò più questo odore misto tra fogna e lana di pecora. Mi siedo, oggi sono fortunata, guardo intorno le facce pallide e stanche degli altri viaggiatori, qualcuno racconta dei ritardi della sera prima, qualcuno inforca gli occhiali da sole e dopo pochi istanti si addormenta, qualcuno chiacchiera un po', ma per poco tempo, non è l'ora adatta per fare conversazione quella, che la giornata è infinita, guardo fuori, forse oggi riceverò il dono della bellezza di un'alba...

speriamo bene, da oggi comincia il lavoro presso la nuova sede, oltre al viaggio in treno ed allo spostamento in metropolitana ho anche la navetta, venti minuti di percorso! E la navetta non attende, come il treno quando parte puntuale, la metro no, quella l'attendi in eterno, nella strana malia per la quale i minuti del cartellone luminoso non corrispondono mai a quelli dell'orologio, scorrono più lentamente e non ne ho mai compreso la ragione. Forse che se devi attendere 10 minuti e sul display appare 5 minuti tu ti rilassi? O sei più contento? O non ti preoccupi?

Stazione Termini, una fiumana di persone si riversa sulle banchine, provo a dribblare, a sorpassare qualcuno, a superare questa muraglia umana per arrivare prima alla metro ma sono incastrata, devo adeguarmi al ritmo lento di questo serpentone che si incunea tra i percorsi, ogni giorno nuovi, della nuova metropolitana, ci vorranno decenni prima che sia tutto a posto, prima che funzionino le scale mobili, prima che per fare pochi metri non devi più stare sottoterra per più di dieci minuti! Mi sorprende sempre, di tutta questa varia umanità, l'odore... di fumo di una sigaretta appena spenta, di un buon profumo, raro, di dopobarba, dell'odore di panni rimessi su senza essere stati cambiati, sudore ed umido, qualche zaffata di aglio, immancabile, la puzza penetrante di sudore, anche alla mattina presto, anche con questo freddo! Ma ti ci abitui, è terribile, me lo ripeto ogni giorno, quando ricordo i miei primi viaggi, la nausea a volte e quel senso di liberazione quando finalmente uscivo all'aria aperta e potevo respirare, smog, ma pur sempre aria! Salto con fare atletico qualche valigia trascinata ed usata come arma di distruzione di massa, ma possibile che non si rendano conto che quel braccio è un'estensione del loro corpo? Una volta o l'altra cado, ma oggi mi va bene, leggo un avviso all'entrata della metro, gli occhi registrano, la mente non percepisce, sono alla fermata, forse riesco a fare in tempo per la navetta, per entrare con un po' di calma, almeno salutare le colleghe, almeno sedermi ed aprire i programmi con un minimo di calma- Ciò che la mente non ha registrato arriva appena mi riverso nel vagone affollato: una sola fermata e poi i bus sostitutivi, c'è un guasto sulla linea, si scusano per il disagio! Quante volte sento quella frase? Oramai la odio! Ci sopprimono i treni e si scusano per il disagio, ci lasciano languire in mezzo alla campagna e si scusano per il disagio, ci fanno stare su vagoni strapieni ammassati uno sull'altro, senz'aria o al gelo e si scusano per il disagio! Quante volte dovrò ancora sentire quella frase? Li scuso, mille volte, ma ora basta! Ogni giorno un disagio ed un anno è fatto di 365 giorni! Una fermata e tutti fuori, di nuovo nel flusso di persone che fa muro, su scale anguste, fuori a cercare il bus sostitutivo, sono le otto passate, sono in piedi da più di tre ore, in viaggio da due, guardo l'orologio con apprensione e penso che anche l'ennesima navetta è partita, senza di me! Il percorso è lungo, su strade senza traffico ma strette, spesso il bus si ferma quando incrocia un auto in seconda fila, un camioncino che scarica la merce, l'entrata di una scuola, guardo le strade di una periferia di Roma che non conosco, mano a mano i palazzi si diradano, spero che non manchi ancora molto, ci guardiamo come profughi su quel bus, sento le telefonate di chi avverte del ritardo, appuntamenti ed impegni che nonostante tutta la buona volontà non si riesce a rispettare, parlo un po' con due ragazzi che vengono da Napoli, sono partiti un'ora prima di me, fanno quel percorso ogni giorno, sono supplenti di una scuola elementare, e sorrido amaramente, si parla di “ bamboccioni”, e questi ragazzi? Sono bamboccioni? E sanno benissimo che passeranno molti anni di questa vita prima di avere il ruolo e magari avvicinarsi a casa, che di pagare un affitto a Roma nemmeno se ne parla, non basterebbe il loro stipendio... finalmente l'ultima fermata, ora si riscende in metro! Tre fermate e scendo, prendo una navetta al volo, sono le nove passate. Finalmente arrivo, sono passate quattro ore da quando mi sono alzata, tre e mezza di viaggio, devo anche chiedere un permesso per il ritardo, beh, fa un po' rabbia questo, anzi tanta, penso al pomeriggio, a quando riuscirò a tornare a casa a queste condizioni, alle poche ore di tempo per far fronte agli impegni, alla stanchezza che mi assale ora che mi sono rilassata e seduta, ma bisogna sorridere e concentrarsi, il lavoro aspetta, respiro forte:” Buongiorno, in cosa posso esserle utile?”


Annamaria Barone 11/02/2012 10:38 7 1836

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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Nota dell'autore:
«nessuna nota, il racconto descrive questa specie di odissea che ogni giorno siamo costretti a vivere...»

Commenti sul racconto Commenti sul racconto:

«Una cronaca spietata di un giorno qualunque ...vissuto quotidiano raccontato abilmente in ogni dettaglio... Questa è anche la vita anche dei Bamboccioni che non hanno l'opportunità di essere "collocati" da mammina o papino a qualche metro da casa. Questa è l'Italia che hanno regato i politici negli ultimi 50 anni in cui nessuno ha avuto come obiettivo una equa distribuzione del lavoro e della riccezza privilengiando i grossi centri e le metropoli a discapito di una provincia che oggi è agonizzante.
Una volta c'erano le guerre che azzeravano tutto... per ricominciare ...ora non ci sono manco più quelle... è guerra senza fine tutto il quotidiano. Dove finiremo? Un plauso all'Autrice... per la sua capacita di leggere sempre tutti i dettagli della vita... Complimenti!»
Duilio Martino

«Cronaca di una giornata di ordinaria follia, potrebbe essere illuminato sottotitolo a questo racconto.
Devo confessare che ben conosco la bravura della Barone nel confezionare racconti brevi, in quanto sovente ho avuto modo di leggerne e sorriderne compiaciuto e avvolto.
Questa proposta narra quasi con distacco di un accadere inevitabile, e l'attore qui raffigurato descrive con compassata rassegnazione l'inevitabile accadere che quotidianamente accompagna i suoi obbligati spostamenti.
"Ci scusiamo per il disagio" assume le forme di un tormentone estivo del quale difficilmente si può evitare l'ascolto e la pedissequa odissea si tinge di grigi ammantandosi di sgratevoli puzziteri.
Degno di pubblicazione sul Messaggero di Roma»
Moreno Tonioni

«...una corsa continua... momenti che si trasformano in emozioni, in sorrisi che sottovoce si estendono in un tempo che sembra infinito ma ...terminerà con respiro profondo ...in un buon inizio di giornata...
Che dire, eccellente Annamaria...»
Rita Cottone

«mi hai strappato più volte un sorriso, ma non uno di quei sorrisi 'felici' uno di quelli del tipo 'che fine di m**** ho fatto'
solidale in quanto Pensolare... approvo il testo (favoloso)
e mi scuso, per il disagio!»
redent Enzo Lomanno

«scorre come un fiume in piena il racconto... e mozza il respiro esattamente come la trama... un film dell'orrore, quotidiano del pendolare, tra puzze ed affari altrui... nel disagio di servizi che non funzionano... e alla fine son tutte grane da sgranare da soli...
narrato magistralmente con il pathos dalla prima parola all'ultima, in un accelerazione degli eventi che avanza travolgendo!...letteralmente divorato! ammiratissima!»
Angela Fragiacomo

«Tempo. La vacuità del tempo che scorre inesorabile mentre la notte diventa mattino. Tempo perso, vissuto a metà perché ancora non si è del tutto svegli, perché sì è in balìa di un trasporto che è pubblico solo di nome, ma risponde in realtà alle esigenza di una solita oligarchia, perché fatto umanità forzatamente vicina e di rapporti sociali nulli o quasi. Tempo che si dilata ancora e ancora, spennellato dall'autrice in quei periodi lunghissimi -scelta brillante e direi anche coraggiosa- in cui anche il lettore comincia a sentirsi intrappolato. Racconto mirabilmente scritto, un occhio attento che rende una realtà quotidiana più vera del vero. Fotografa la rassegnazione, ma riempie le note in calce di rabbia. Complimenti!»
Giorgio Arcari

«Il disagio incredibile di chi fortunato, ha trovato un posto di lavoro, e deve fare di tutto per tenerselo stretto! Ore di vita che se vanno fra odori, rumori, insofferenze e aspettative. Sogni solo notturni: il tempo di quelli ad occhi aperti, manca, nella frenesia della giornata! Molto realistico questo racconto, spaccato della frenetica e stressante vita quotidiana di molti "fortunati".»
rosanna gazzaniga

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La bacheca del racconto:

Molto ben scritto, complimenti! (rosanna gazzaniga)

speciale tu (Angela Fragiacomo)

bellissimo (redent Enzo Lomanno)

scorre..che è una meraviglia...ciaà dolce anna!! (Rita Cottone)

Poco spazio per commentare come merita (Moreno Tonioni)

molto brava! (enza fontana)



Annamaria Barone ha pubblicato in:

Libro di poesieSe tu mi dimentichi
Autori Vari
Le poesie che hanno partecipato al Premio di Poesia Scrivere 2011, con tutte le opere partecipanti ed i vincitori

Pagine: 208 - € 11
Anno: 2012 - ISBN: 9781471686214


Libri di poesia

Ritratto di Annamaria Barone:
Annamaria Barone
 I suoi 27 racconti

Il primo racconto pubblicato:
 
La Donna del Lago (14/12/2010)

L'ultimo racconto pubblicato:
 
Clorinda della pioggia (02/05/2016)

Una proposta:
 
Quarant'anni fa... la Luna (05/02/2011)

Il racconto più letto:
 
Quella tenda di bianca organza (27/04/2014, 3501 letture)


 Le poesie di Annamaria Barone

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