Aveva la capacità di scovare e tirar fuori la sua parte bambina, capricciosa, volubile,
con infinita pazienza attendeva che calmasse le sue esplosioni di rabbia, le sue follie, i suoi voltafaccia. Senza stancarsi, senza ritrarsi, apparentemente senza perdere mai la calma o quel sorriso che sempre lo illuminava quando era con lei.
Lo aveva incontrato ad un corso di spagnolo all'Istituto Cervantes, a Roma, un bel palazzo tra Villa Borghese e Porta Pia, al quale era stata iscritta dal suo datore di lavoro.
Se ne stava in disparte, concentrato, assorto ed incurante di tutto quello che accadeva nell'aula fuori delle ore di lezione. Elegante, mani grandi che portava spesso davanti alla bocca in segno di concentrazione, capelli grigi, spalle larghe ed un'età indefinibile ma probabilmente aveva quasi il doppio degli anni di lei.
Non partecipava mai alle battutine che si scambiavano prima della lezione anche se dava l'impressione di recepire e studiare ogni gesto, ogni parola, ogni espressione.
La metteva leggermente a disagio, sentiva il suo sguardo sulla nuca e sulla schiena e questo le provocava uno strano formicolio, ma poi si dimenticava della sua presenza e si concentrava sulla lezione.
Una mattina era arrivata in ritardo a causa di un incidente che aveva bloccato il raccordo e l'unico posto libero era accanto a quell'uomo, gli sorrise imbarazzata, si mise seduta cercando di non incrociarne mai lo sguardo, si mostrò concentratissima!
Aveva un buon profumo, un misto di dopobarba, sapone e sentore di sigaro, muoveva le mani con calma, scriveva fittamente, disegnava, rilassato, sicuro di sé, eppure lei si sentiva costantemente i suoi occhi addosso che la scrutavano ostentatamente soffermandosi sulle sue mani, sul suo profilo, sul suo seno, sulle sue gambe.
“Pranziamo insieme?” una voce ruvida, graffiante, leggermente roca le provocò un brivido lungo la schiena, era più un'affermazione che una domanda.
“Ma certo, perché no?” voleva giocare? Avrebbe trovato pane per i suoi denti!
Uscirono in silenzio dall'aula, la mano di lui che la guidava sfiorandole la schiena sembrava piombo fuso, senza una parola arrivarono in un ristorantino poco distante, circondato di verde e con una bella vista sulla strada piena di turisti e di colori, una lieve brezza faceva oscillare la tenda che regalava la sua ombra agli ospiti.
“Ed allora cara Francesca, perché mi sfuggi? Cosa temi da me? Io ti ho riconosciuta sai, sei una mia simile, non devi preoccuparti di nascondere la tua natura con una maschera...”
Lo guardò attonita. Ma chi era quell'uomo e cosa voleva da lei? E poi era quello il modo di esordire in una conversazione informale con una compagna di corso? Non si parla del tempo o dell'insegnante o della ragione per la quale ci si è iscritti?
“Riconosciuta”?
Si mise immediatamente sulla difensiva, pronta a scattare, a rispondere per le rime, poi incrociò i suoi occhi, pacati, magnetici, accoglienti e sorrise.
E cominciarono a parlare, un fiume di parole inarrestabili, uno scavare in fondo alla propria anima.
“ Si, sei proprio tu, ti ho riconosciuta subito, i tuoi occhi non mentono”
Ed era cominciata quella specie di amicizia, sempre sull'orlo di qualcos'altro, più intenso, più profondo, più oscuro, più avvincente.
Lei era intrigata da quell'uomo, quella voce ruvida andava a toccare corde profonde, inesplorate, nascoste ed intime della sua natura, ma ne provava anche un innato timore, se lui si avvinava lo rifuggiva, se sembrava lontano lo inseguiva, lo desiderava e più era intenso il desiderio più si comportava da capricciosa, volubile, inaffidabile. Ascoltava incantata i suoi racconti, gli chiedeva di parlarle in continuazione, andava a pranzo con lui tutti i giorni, aspettava con ansia le sue telefonate ma era anche capace di lunghi silenzi, di assenze, di apparente indifferenza.
La sfida di perdere l'interesse di quell'uomo la spingeva a limiti estremi, con la consapevolezza a volte dolorosa che se si fosse abbandonata nulla di quello che aveva sperimentato fino a quel momento sarebbe stato paragonabile all'affidarsi completamente a lui ed al suo potente fascino.
A volte non riusciva nemmeno a capire cosa quell'uomo volesse da lei: attento alle sue parole ed ai suoi gesti sembrava profondamente attratto, respinto in un approccio più intimo si ritirava in buon ordine senza insistere mai.
Era lì, disponibile e sorridente, sempre, e questo la faceva impazzire!
Più cercava di allontanare il pensiero di lui e più si ritrovava a pensarci e sognare, le sue mani, la sua voce, il sapore di un suo bacio, l'intensità di un suo abbraccio.
Le portava sempre dei regali, un'orchidea, un libro introvabile, una penna particolare, dei sigari di cui era estimatore e cultore.
Un pomeriggio nel quale era rientrata prima in aula aveva visto il suo blocco di appunti incustodito sul banco. Spinta da una curiosità incontrollabile si avvicinò cauta e cominciò a sfogliarlo, i primi fogli erano fitti di appunti intervallati da poesie colme di profondo erotismo, e poi schizzi di occhi, grandi, scuri, profondi.
Pagine e pagine di quello sguardo a volte triste a volte sorridente, accigliato , sognante, passionale, attonito.
Un viso, il suo, in uno schizzo che la ritraeva assorta con i capelli che lo coprivano parzialmente e la bocca dischiusa come a cogliere un pensiero o una parola appena accennata.
Con mani tremanti girò il foglio e si vide, sdraiata, seminuda, il lembo di un lenzuolo che le scopriva un seno e la curva del pube, le braccia abbandonate che scivolavano giù dal sofà sul quale era adagiata . L'immagine era così intensa e sensuale che arrossì e chiuse il blocco con un colpo secco, completamente sconvolta.
Era come se avesse spiato dal buco di una serratura cogliendo l'intimità di un'altra persona, eppure gli occhi, il viso, il corpo della donna ritratta erano i suoi!
Con il cuore che le martellava forte in petto tornò al suo posto incapace di concentrarsi sulla lezione che si stava svolgendo, non si voltò mai per incrociare il suo sguardo sicura che avrebbe capito subito tutto, la voleva, intensamente, ossessivamente, perdutamente, quello aveva letto in quelle immagini e ne era terrorizzata.
Alla fine della lezione fuggì via senza rispondere al suo richiamo.
Aveva bisogno di stare sola, riflettere, staccarsi da quello sguardo magnetico che l'avrebbe persa.
Ora sapeva quali erano i sentimenti di quell'uomo verso di lei, aveva letto la sua passione nei tratti con i quali l'aveva colta, aveva sentito la sua ossessione e compreso la natura della loro interazione.
Empatia, affinità ma anche un intenso erotismo, inesauribile.
Quella settimana era finalmente finita. Spense il cellulare e non rispose mai al telefono, andò al mare ubriacandosi di sole e di bagni e di letture e di chiacchiere con le amiche.
Cercò di non pensare a lui nelle notti pazze in discoteca a stordirsi di musica e di alcol fino a cadere sfinita in un sonno senza sogni.
L'ultima sera mentre tornava dal mare, bruciata dal sole e piena di sale sentì un'auto accostarsi a lei, si spostò per farla passare, senza girarsi, ma visto che non si decideva a muoversi si volse con fare infastidito: era lui.
Il cuore le fece una capriola e cominciarono a tremarle le gambe.
“Sali, ti prego, ti devo parlare, voglio raccontarti tutto quello che provo per te” quella voce che le graffiava l'anima, la dolcezza del suo sguardo interrogativo.
La decisione che avrebbe preso avrebbe sicuramente cambiato il corso della sua vita.
Poteva girare le spalle a quella grande passione che le avrebbe aperto mondi inesplorati e sconosciuti o abbandonarsi e perdersi completamente, fusa e confusa, perché lui non avrebbe preteso niente di meno di quello, le avrebbe donato la sua anima ed avrebbe preteso la sua, completamente.
Chiuse gli occhi, fece un profondo respiro e prese la sua decisione.