Qualche urgente rimedio, per esempio, sarebbe da applicare, essendo fra i tanti mali occulti della vita, al modo deviato e corrotto molto spesso di intendere la religione. Ci vorrebbe proprio un antidoto. Sì, anche le varie religioni con tutte le loro applicazioni e deviazioni e anche or via tutte le varie contorsioni possono essere annoverate tra le malattie della società, non ci sono dubbi.
La devozione che cos'è? Come un dare senso alle nostre sofferenze, un risolvere col mistero i problemi atavici dell’umanità. Che poi succede che, siccome tutti ci si affida alle materne braccia della religione, essa non essendo assolutamente mamma bensì un’altra donna dal cuore corrotto, si è finiti irreparabilmente per essere rapinati della dignità e del nostro senso critico. In altre parole la scena è ben descritta dalla fiumana di gente che si trova spaesata a seguito di qualche corteo religioso nelle feste patronali o in qualsiasi altro rito religioso. Con tutto rispetto per una sana devozione in un vero ideale, almeno io parlo per me, una volta ho partecipato ad una processione. L'ho fatto da maggiorenne e quindi presunto artefice della mia volontà. Ma c’era sotto un interesse, come succede credo sempre, nel mio caso un interesse particolare e stuzzichevole. Non si fa mai nulla per nulla. Si agisce tutti in tale modo, non illudiamoci!
Avrei da sempre voluto partecipare da quando la vidi per la prima volta. Partecipare ad una processione per il santo di turno con uno scopo ben preciso: aggraziarmi i favori amorosi di una ragazza devota, della quale andavo pazzo, fingendomi un uomo pio. Ma lei in fondo lo sapeva che io non lo fossi, certo che lo sapeva!
Il suo nome era, è e sarà per sempre Azzurra. Azzurra come i suoi splendidi occhi nei quali ancora vedo il mare della mia amata terra e il profumo naturale che lei emanava a mio godimento nei sentori inebrianti del rosmarino e della lavanda. Un incontro di anime nel perfetto stadio di spirito che si elevano con al collo ghirlande di orchidee per ringraziare chissà chi, facendo festa con la natura per una così unica e meravigliosa bellezza eterna. Era di estrazione molto religiosa la famiglia di Azzurra. La pia Azzurra! A partire dalla nonna fino ad arrivare ai suoi genitori, i quali la istruirono sin da piccolina ad una devota attività. Per un periodo, passata l’adolescenza, si pensò anche che lei avesse le caratteristiche per farsi suora.
Per fortuna non venne perpetrato tale atto, a mio avviso paragonabile ad un imperdonabile scempio anche perché saggiamente venne data la priorità agli studi e all’accompagno assistenziale del fratello maggiore il quale da piccolo perse la possibilità di camminare a seguito di un incidente col motorino. Così non si fece suora! Che diabolico bastardo interessato che sono. Azzurra finì gli studi secondari e si dedicò completamente ai lavori sia di casa che della campagna e la presunta vocazione passò miracolosamente in cavalleria. La sua famiglia possedeva un appezzamento di terreno non molto distante dalla loro casa. Era coltivato a dovere dal buon padre il quale portava ai suoi familiari ogni giorno tutte le primizie di stagione.
Anche Azzurra partecipava ai lavori in campagna qualche giorno a settimana, specialmente per la raccolta. E poi le piaceva fare la strada del ritorno, uno dei suoi pochi momenti di svago. Circa due chilometri a piedi per passeggiare con il cesto pieno di verdure che portava comodamente appoggiato sulla sua testa ricolma di neri e lunghi odorosi capelli. Le piaceva d’estate indossare vestitini molto leggeri che esaltavano con garbo la sua estrema piacevole e delicata bellezza. Lei lo sapeva e la vedevo giocare innocentemente con questa sua qualità preziosa. Sì, si faceva notare da tutti, ma io lo vedevo e lo capivo che ero il suo prediletto spasimante, che di spasimare troppo me ne guardavo, atteggiamento che lei gradiva oltremodo, intrigandola non poco. Tutto ciò rappresentava il suo modo di sentirsi donna. E poi le rimaneva ancora di rientrare a casa per continuare con la madre la preparazione del pranzo e sbrigare le faccende domestiche. Queste erano le sue abitudini. Credo che qualcosa le mancasse e quel qualcosa doveva al più presto manifestarsi con tutta la sua passionale tracotanza.
… il cuore
Abitava Azzurra non molto lontano dall’ufficio dove lavoravo. La vedevo spesso, anzi quasi tutti i giorni, la cercavo sempre incontrandola ed invitandola con signorilità al bar per un the o un caffè. Non sempre accettava però. Lo faceva, notai, solo quando in piazza c’era poca gente, quasi come a voler mantenere una certa riservatezza rimarcando la sua indiscutibile preziosità. E ci riusciva secondo me, ogni cosa le riusciva, credo che mi avesse stregato facendomi innamorare perdutamente. Credo…!
Quel periodo di fine primavera di un anno qualsiasi, come ogni anno, veniva svolta la processione dei fedeli per celebrare il santo patrono del paesino: Santo Alfifi del Tratturo Maggiore, protettore di tutti i mezzi agricoli e di tutti gli attrezzi da lavoro. Infatti, in una rivisitazione alquanto moderna, la statua del santo alta due metri e larga tre, raffigurava lo stesso “rustico santo” in sella ad una arcaica trattrice meccanica dall’imprecisata marca. Credo non ci interessi poi tanto la marca, l’importante era notare la coinvolgente “agricola” devozione dei compaesani. La mia di priorità, oserei dire la mia devozione, era fare definitivamente colpo su Azzurra rendendomi attivamente partecipe alla processione e dimostrandole il mio serio attaccamento ai “sani” principi religiosi.
Certo, come no! Riuscii ad avere un posto tra gli otto portantini corrompendo sotto banco un ragazzo che si vendette per un cd dei Beatles. Meglio i Beatles che il patrono, mi pare ovvio no?! Ottima scelta ragazzo, tanto a te che ti importa, mica sei tu innamorato di Azzurra!?
Gli altri sette portantini erano tutte persone come me, dalla robusta nonché aitante corporatura. Di notte al buio, prima che il corteo potesse partire e prima quindi che la statua venisse da noi issata, Azzurra era lì sempre presente in prima fila facendosi anche spazio con il prorompente suo seno aggraziato e generoso. Si posizionava ad arte appena dietro la statua del santo patrono, nel mentre non distoglieva un attimo il suo sguardo sensuale ed accondiscendente da me. Io ero emozionato e del tutto intenzionato a fare un eccellente figura davanti ai suoi occhi. Avevo addirittura anche gli occhi di dietro per ammirarla con passione. La banda attaccava la marcia e con lei le donne anziane pie iniziavano ad intonare le “roccheggianti” nenie religiose. Sempre le stesse queste tristi cantilene atoniche, che diamine, a tal punto che ancora oggi, e credo per sempre, faccio e farò difficoltà ad intravedere la ben che minima differenza fra un corteo funebre ed un corteo religioso festivo. Avanzavamo inesorabilmente imperterriti verso la meta prefissata dalla tradizione.
Era una chiesetta arroccata su una collinetta che per raggiungerla si doveva percorrere una strada impervia non ancora asfaltata a dir poco stretta e con una impegnativa pendenza. Ci aspettava un tragitto alquanto sfiancante della lunghezza di quasi tre chilometri e per lo più al buio. Per lunghi tratti era illuminato soltanto dalle centinaia di lumini che le altrettante più o meno devote persone portavano strette nelle loro mani. La fatica cominciò a farsi sentire non appena che, per soltanto qualche centinaia di metri, avevamo imbracciato la pesante statua del santo. Non sentivo tanto la pressione del peso, piuttosto avvisavo estremo fastidio dagli sbilanciamenti laterali ai quali tutti noi dovevamo resistere con una tensione considerevole a livello di tutti gli anelli della spina dorsale. Ma qualcosa mi dava la forza di continuare imperterrito il cammino con uno sguardo fiero e apparentemente scevro dalla fatica. Qualcuno a questo punto potrebbe pensare che quel qualcosa fosse la mia forma di devozione ai riti religiosi! Assolutamente no! Ricordo che la mia unica propulsione emotiva era unicamente e solo l’attenzione che Azzurra mi mostrava durante tutto il lungo tragitto pur avendola dietro di me ed essendo, per le leggi della fisica, privato dell’opportunità di voltarmi in quanto la mia testa premeva sul fondo della statua e rimaneva per lunghi tratti anche bloccata.
Eppure percepivo assolutamente il suo sguardo su di me o forse mi faceva piacere pensarlo. I miei ipotetici occhi posteriori funzionavano, eccome se funzionavano! E questo piacere era benzina o nafta, fate voi, per il mio motore. Facemmo due soste di dieci minuti dividendo il percorso in tre tronconi. In quei venti minuti di sosta che anticiparono la sosta definitiva dell’arrivo non riuscimmo con Azzurra a distoglierci neppure per un attimo dall’ammirarci beati. Alla fine dell’impervio estenuante percorso arrivammo alla chiesetta e fummo tutti contenti e felici di espletare con piena vocazione la nostra dedizione di cuore ai principi religiosi. Mentre venivano svolte le omelie e i vari riti io e Azzurra salimmo invece in paradiso nel nostro preferito luogo appartato. Lontani da occhi indiscreti consumammo con un bacio lungo una vita la nostra reciproca devozione mentre nell’aria sembrava aleggiare un soave brano di Van Morrison dal titolo “Have I told You Lately”. Ascoltarlo è per tutti come un buon programma didattico-musicale e un avvicinamento irreversibile all’essenza dell’amore. Finì la cerimonia, almeno mi sembra, scendemmo nuovamente in paese, credo. Sinceramente io mi persi definitivamente in Azzurra. Non mi ricordo più nulla, io non mi sono accorto di nulla. Ancora sono perso in quel bacio infinitamente piacevole, ondeggiando per sempre nell’azzurro dei suoi meravigliosi occhi color del mare.
Che devozione!