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♦ Giorgio Lavino | |
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«Quella giovane universitaria rese, forse non pensandoci, un bell’omaggio a Sigmund Freud con il suo gioco di parole. Infatti il famoso psicoanalista viennese amava parecchio quel tipo di umorismo, tanto è vero che sentì il bisogno di riportare, analizzandole, non poche barzellette ebraiche basate sui giochi di parole nel suo libro "Il motto di spirito e la sua relazione con l’inconscio" . Da buon ebreo, anche se non professava più quella fede, Freud non poteva essere insensibile al fascino della "Kabbalah", che fonda la conoscenza del mondo sulle lettere, oltre che sui numeri: basta a volte sostituire una lettera con un’altra per aprire la porta a segreti fino ad allora insospettati (talvolta non fa questo anche il poeta, quando ad esempio cerca e trova assonanze e consonanze?) E, del resto, un buon psicoanalista deve essere "freddo", per non lasciarsi troppo coinvolgere dalle parole del paziente, per poterle analizzare con la massima lucidità...» |
Inserita il 12/01/2020 |
Risuona ancora, dentro la mia mente,
quella battuta (avevo venti anni)
che una ragazza, particolarmente
di spirito dotata, in quegli anni
in cui ci sembra arridere la vita
fece, rendendo fila più gradita.
Lunga era coda in segreteria
dell’Università per prenotare
gli esami: tra le altre, pur la mia
richiesta aveva tanto da aspettare
prima d’essere accolta da impiegato
avanti un po’ negli anni ed imbranato.
Per ingannare il tempo, noi a parlare
ci mettemmo di Freud, di quel viennese
dottore il quale allora di stellare
fama godeva nel nostro Paese
(sembrava quasi nuova religione
lo strano modo suo di confessione) .
"Freud era freddo", la ragazza disse,
"perché ‘froid’ è pronuncia del cognome
nella lingua tedesca, ma lui visse
da giovane a Paris; sappiamo come
è pronunciato ‘froid’ da quella gente:
’fruà’, che vuol dire ‘freddo’ certamente! " |
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«E’ un aneddoto (un gioco di parole piuttosto tortuoso, possibile forse soltanto in una facoltà di Lingue...) dei primi anni Settanta.» |
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