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Rammento che il barroccio qua girava:
due bovi maremmani col carretto;
canestri con i fichi e l’uva; un detto
facea: "Solenne qua il carriaggio entrava!"
Là, rena pozzolana di una cava
usava, il mastro, per murar lo stretto;
l’odor, di calce e pietre, in quel prospetto,
il ton di ‘elle campane, venerava.
La chiesa, al sommo al pago di collina,
l’invito, a Vespro, vivida intonava,
quale Pace del giusto, e di contrada;
odor di latte munto e fieno, abbina
incensi e laudi, quale ambrosia lava
di nettar primo che, sull’alma, vada...
...salivan gli inni, da la gente brava. | |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
«Al paesino in acropoli di colle, nel vicolo retrostante alla chiesa antica e maestosa, soleva entrare, pio, un barroccio tirato da bovi bianchi e solenni, carico delle primizie agresti. Al Vespro, il profumo d’incenso s’abbinava a quello di calce e pozzolana dalle cantine, del fieno e del latte appena munto. La Pace del giusto, unita a preci sacrali, permeava l’aria, tra Rosari pii ed ossequiosità negli animi. A quell’epoca, si scriveva in terzine endecasillabe...» |
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