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Ma a che la sera riporta il fruscìo
del Sole che tramonta e della Luna,
non senti? No! non son che Sogni, oh cuore!
ricordi e oblio, o sussurri della Notte,
o i rimorsi che salgono a rapìrmi
da' i mausolei della mia gioventù.
Ma cos'è, or dunque, quest'aspro fruscìo
che le guance mi gela tristemente,
non senti? Sarà un alito di vento,
o forse il mio dolère, o acuto spasmo,
spettro di desii e speni decadute
da quando la mia Estate non è più.
Così or siedo pensando: albe più giovani,
quando io davvero era visïonario,
e sognatore e credea a' gli Idëàli
da pôr eröicamente nel mondo;
un'alba io vidi che fu irripetibile,
una volta, in tra' i boschi, e in cuor restò
dove ora mi fa dono nel ricordo,
ma qui non c'è, né mai la vedrò più.
Cos'è e che fia? L'insano io odo fruscìo
che i singhiozzi accompagna della mia Anima,
non senti, oh cuor? che riverbera il soffio
've qui men gìo, e che è un divieto d'Amore,
forse, da me medesmo imposto un dì
perché amàr mi vergogno e con ciò, vivere, e
che fia l'essere un Genio, o un pazzo, o nulla,
quando di sera, dopo il pomeriggio,
tutto tramonta, ovunque, quel che fu.
Cos'è questo malato, orbo fruscìo
delle campagne intorno, canta un pioppo,
non senti? Geme uno stagno, o una rana,
e solitario io espìo i miei e il suo tormento,
seduto io come un vecchio a un ceppo inerme,
io! che a ventinove anni piango ormai
su questa da me istesso trafugata,
su questa tanto amata gioventù.
Ma, ahimé, nemmeno nella Pöesia
io trovo quiete o attesa parousìa! |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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