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Il cigno ne piagneva e all'onda tetra -
che in folli esequie andava -
melanconicamente ne cantava
all'acque e all'etra.
Come in febbre funerea or palpitava
questo rostro di cetra,
e folle e inquieto e mesto a un'alta pietra
si lamentava;
e quale un tòn che un nembo ne penètra,
il canto inabissava
nel lago oscuro e reo che 'l tormentava,
e che or s’addietra.
Allor in questa Notte ‘ve la Luna
nell’acque si tergeva
e scialba si specchiava e si gemeva,
e in sulla bruna
e trista e ansante ripa or si taceva
la flebile laguna,
e lontano dal nido e dalla cuna
or si fremeva
il cigno che piagneva
in un turbamento oscuro e ostile
nel vespertino cielo or novembrile.
Cantava in lagne a un stel di roseo fiore,
e un’aquila n’amava,
e in questo insano e folle e indarno Amore
febbrile or s’inquietava,
e vanamente ‘l canto in mezzo al core
or si balzava.
Ma la Notte passava,
e stanco all’alba nuova, ahimè, si tacque,
affogava nell’onde... salì... e giacque;
e ‘l rostro immerso stava,
e ‘l collo ne scendeva in sull’abisso,
e ‘l spento ciglio volse e al cielo affisso,
e come crocifisso
coll’ale aperte e ferree e in morto ardore
dondolava pell’acque e in reo dolore. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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