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Il Servitore di due Padroni

"Il servitore di due padroni", noto anche come "Arlecchino servitore di due padroni", è una delle (leggi...)
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Raccolte di poesie Raccolte di poesie
Viento y fuego di Arelys Agostini
Sorge il Sole ogni mattina di Alberto De Matteis
Minuzzoli di pane 2 di Berta Biagini
Sonetti Arcanici di Franco Scarpa
Un ‘emozione in volo di Rita Angelini

SpiegaPoesie riproposte
Quando il destino di Elena Artaserse
Vulesse da’ (Festa dei Gigli di Nola) di Peppe Cassese
Presunzione di Silvana Poccioni
Bob di Stefano Acierno
Esalazioni dimezzate di rosanna gazzaniga
Pioggia e nozze a Rocca- Morreale! di Giuseppe Vullo
Figlia Di Un Tempo Diverso! di Adele Vincenti
Sollievo di rosanna gazzaniga
Sono diventata assenza di rosanna gazzaniga
Aspettando il domani di Elena Artaserse

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Temporale del 21/07/2012 alle 23: 00 circa di un sabato sera mfm Luigi Mancini

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Ode- sonetto Ballata - La Tempesta di Mare

Morte
È Notte, e ‘l lugubre ombreggiar di Luna
in tra le nubi si specchia e in sull’onde,
e ‘l mar si scalpita, e l’orba laguna
è tinta in ciel di folgori iraconde,

e un tòno grida, e infuria un nembo, ed una
mesta saëtta or le vette profonde
uccide e abbaglia, e un’albugine bruna -
tra’i lampeggiar - pe’i nuvoli s’effonde,

e la Tempesta vien, e all’orizzonte
s’alzano in tremiti i sali spumosi,
e d’acque va - e irremovibile - un monte,

e i tristi venti ne son burrascosi,
e vêr un’isola ancor stilla un fonte
di lampi e grida, e di sangue e marosi.

Istanti tempestosi!
Sen geme ‘l nembo che pria fu lontano,
s’adira e s’apre in varco l’Ocëàno.

Sen va spettrale in tra’i tòni un vascello,
le vele lacere e ‘l legno ammuffito,
e d’una rotta insegue un passo ardito,
funereo e negro, e maliardo e rubello.

In tra le folgori e i cieli in furore -
fattosi spettro - v’è un teschio corsaro,
e quest’è un bieco vessil che l’onore
d’un prode annunzia estinto a un fioco faro;

e l’osse al cranio - qual cupo arboscello -
empie germogliano ‘l fior della Morte,
e l’aspre sartie n’ombreggian l’avello
d’un sciagurato ch’è stretto in ritorte.

Sen va spettrale in tra’i tòni un vascello,
le vele lacere e ‘l legno ammuffito,
e s’alza un canto e dolce e intenerito
d’un cor di donna sconsolato e bello.

D’Amore è un pio suggello,
di miser dama da un crudo rapita,
in braccio a Morte per sempre smarrita!

Ulula ‘l vento e un maroso lampeggia,
e piove ghiaccio in terra e in sul cotone,
e ‘l negro schiavo supin si dileggia
coll’ansia e mesta e infausta sua canzone,

e l’habanera d’un lampo gareggia
co’i bianchi fior d’un’aspra piantagione,
e ‘l tòn orribile in sull’acque ondeggia,
e in cielo iscoppia una truce tenzone,

e più s’agitano i lenti fondali,
e pur de’i lidi maggior s’alza ‘l flutto,
e piangon l’àlighe, e i germi e gli squali

e l’onda è fatta un brivido di lutto,
e tetri gridano i ner maëstrali,
e ‘l cesio vetro del mare è distrutto;

e delle piogge ‘l frutto
scende furioso e l’imo fiotto ‘l beve,
ed è un oscuro cenere di neve.

In tra gli spettri geme una fanciulla,
è incatenata a un chiavistel spettrale,
e piagne ai vivi, e al suolo suo natale,
e de’i fantasmi d’intorno n’ha ‘l Nulla.

È bionda e giovine, e prona si geme,
e ‘l guardo è colmo d’orrore e di pianto,
e ai Cieli prega, e senza più una speme
alla Tempesta ne dona un pio canto,

e all’aspro ponte ‘l core le s’annulla,
e l’empia grandine ‘l ciglio le scuote,
e sotto ai vel laceri e rozzi e in sulla
pozza che piove, le membra n’ha immote.

In tra gli spettri geme una fanciulla,
è incatenata a un chiavistel spettrale,
e sol la Furia dell’onda fatale
e ‘l volto e ‘l sogno in brividi le culla;

e un tamburino rulla:
è giunto ‘l tempo che s’imparadisi
alfin costei che più non ha sorrisi!

Or d’in sul mar sen corron gli elementi,
e stille son di vento e di bufera,
e ai negri scogli che giaccion sgomenti
versano l’onde e in sopra la scogliera,

e allor tramontano i bei firmamenti,
e l’alba Luna svanisce, e la sera
è un folgorar di piogge e di tormenti,
e l’orizzonte n’è pallida cera,

e fredda l’acqua del mar non si placa,
e bolle e s’alza, e schiuma e piagne, e irride
pur la Tempesta crudele ed opaca,

e un quieto lido burrascosa uccide,
e un bel palmizio con essa si baca,
e a’ solitari sepolcri sorride;

e tempestosa stride,
e l’eco espande l’infame ululato,
croce d’un cielo che va indemoniato!

Canta la misera ai spettri funesti,
e al rapitor crudel e maledetto,
e delle piogge in tra’l tremulo getto
il guardo volge agli orizzonti mesti.

Trema e singhiozza e ‘l vascel maledice,
e sa ch’è prossima a un folle trapasso,
e sogna i baci d’una sua nutrice
e della madre, ed è preda del lasso;

e i ner marosi sen mòvono lesti,
e ‘l brigantino tra l’onde saltella,
e va e s’inciela or pria che s’appresti
la truce fin della pioggia rubella.

Canta la misera ai spettri funesti,
e al rapitor crudel e maledetto
e muor alfine, e lungi dal diletto
smorti e pallenti sen giaccion suoi resti;

e bianche son le vesti
e sozze e roride e d’acque e di vento,
di sangue un segno in sul sen d’un tormento.

Riddano l’onde e sommergon gli scogli,
e pien di grandini è un’ombra d’Antille,
e in ciel da’i nugoli - or sempre più spogli -
tra gli empi tòni che son più di mille

scendono i ghiacci, e prima che li sciogli
l’acqua irrequieta divengono stille,
e son malvagi e dannati germogli
di lampi osceni che irroran faville,

e nella possa si strugge ‘l corallo,
e l’erme rade si vestono d’onde,
e un’orba folgore è par a un cristallo

che va a iscoppiar in sulle spiagge bionde,
e ‘l mar del fulmine aggrada ‘l reo ballo,
danze e carole in sul ciel tremebonde.

Le Notti son profonde;
e non si mira null’altro che ‘l flutto
che s’erge infame a seminare ‘l lutto.

Salta tra l’acque ‘l vascello incantato,
negro di legno e smorto di polena,
e un urlo s’ode e un nembo rasserena,
ciurma d’un uomo in eterno dannato.

Sopra le vele le folgori vanno,
fulminan gli alberi e gridano in schiera,
e ‘l ponte riempie la pioggia d’affanno,
e un foco appicca, e va alla polveriera;

e ardon la stiva, e le sartie e ‘l dorato
mesto timone, e l’orribile prora,
e ‘l brigantin n’è poscia funestato
da un cupo vortice, e insan lo divora.

Salta tra l’acque ‘l vascello incantato,
negro di legno e smorto di polena,
e segno è e pieno e di duolo e di pena,
e muor tra l’onde, consunto e bruciato.

Funesto n’ebbe ‘l Fato;
ed or sen torna al baratro infernale.
Maledizione!... La Morte l’assale!

Lento si placa ‘l meschin temporale,
e l’onda ansiosa in sul mar s’addormenta,
e in tra le nuvole un stral celestiale
di nuova Luna in tra’i lampi s’attenta,

e tosto ‘l debil vascello spettrale -
fattosi vento - svanisce, e sgomenta
n’è l’aura inquieta, e un son di funerale
pell’aër fosco ferin si tormenta,

e dolce e pia sen va la pioggerella,
e stanchi e inquieti lampeggiano i lidi,
e in ciel appare fors’anche una stella

che ai freddi sogni de’i morti son nidi,
ed è svanita al vento la donzella
ch’è morta vergine in cor degl’infìdi.

Lampeggian negri gridi,
e si tramonta in un bieco tormento
d’una fanciulla ‘l feral rapimento;

e la Tempesta muore, e ‘l sentimento
dell’alta Luna novel si rinnova,
e quiete v’è poscia ‘l reo patimento,

e l’ansio stel si terge del cotone,
e l’aura mite de’i ciel si ritrova,
dolce habanera di bella passione!...

E ‘l mar s’acquieta, e la pioggia svanisce,
e in sul lontano orizzonte si tòna,
e un grido - l’ultimo! - ‘l Cielo ferisce,
voce di donna, e ‘l Signor le perdona;

e l’onda un requiem sona:
«Riposa in Pace, oh Tempesta fantasma!»
ed un donnesco ombreggiare si spasma.

L’aura che fu predona
piagne a una tomba, al fondale dell’acque
laddove un dì la misera si giacque;

e un nembo s’appassiona
d’una Tempesta grondante dolore,
pegno spettral d’una Notte d’Amore!
Poesia in esclusiva
Massimiliano Zaino 04/03/2014 11:56| 1112

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