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Tra le bestemme del bieco necroforo
e tra le risa de’i folli gendarmi,
e tra uno stuolo d’insulti e poi d’armi,
stava un cadavere tinto di ner:
putride e negre parevan le guance,
e gonfio ‘l labbro, e gli occhi eran aperti
ed in sul collo sen stavan de’ certi
segni di mani suicide ed altèr,
e infatti un pugno dell’egra mancina
stringeva l’ugola in sulla faringe,
ed una vena vêr l’empia laringe
era marcata di negro color,
e la sua testa pendeva dal letto,
e rea e ricurva, e volta vêr l’alto,
e tra le tenebre dell’empio spalto
parea uno spettro ricolmo d’orror,
e ‘l ciglio spento le bianche pupille
solo mostrava, e palpebre turgide,
e la sua fronte bagnata dall’umide
acque di Morte n’andò a imputridir,
e dalle nari s’ergevano chiazze
di sangue secco da più di tre giorni,
cupo era ‘l mento, e ancor ne’ dintorni
stavan le lagrime d’un reo soffrir,
e ancor più orribili di quest’aspetti
eran l’impronte dell’empie catene,
e i polsi laceri d’onde le vene
ben penzolavano sozze di cruor,
ed il farsetto, i lacci e le maniche,
parvero un mare di sangue essiccato,
ed eran segni che ‘l prode soldato
patì cotanto per togliersi ‘l cor,
e infatti un giorno forzando gli acciari,
e le tenaglie ben volle morire,
e la mancina in sul collo e a soffrire
sì, egli istesso, securo portò,
ed ogni polso conteso dal ferro
si lacerava, e ‘l sangue n’usciva,
ed ei strozzandosi tristo soffriva,
poscia mezz’ora dolente spirò,
e la sua cella di spruzzi sanguigni
ben dipingevasi dopo le grida,
e sol di Notte una guardia sì infida
balda s’accorse che quegli morì,
e per due giorni lasciàronne ‘l corpo
tra topi e muffe, tra polvi venefiche
e tra le tenebre brute e malefiche
con gran fetore veloce marcì;
e la sua bocca sen stava dischiusa,
e tra’i suoi denti la lingua stringeva,
ed una traccia di bave cingeva
le labbra smorte dal lungo aspettar,
e la man destra e ‘l braccio cadevano
a penzoloni dal legno tremendo,
e le rie dita in sul suolo premendo
eran già d’ossa tra un folle trottar,
ed il becchino diceva baldante:
«Questo s’è ucciso facendola al boja»,
ed un gendarme rispose: «La noja
forse l’ha tolto purtroppo da noi»,
ed or portavanlo verso la fossa,
e lo coprivano d’orrida terra,
e con insulti facevangli guerra,
coprîr la tomba di sterco di buoi. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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«Composizione tratta e decontestualizzata dal X Canto di un Poema che sto componendo.» |
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