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Erro pe’i campi e i ciottoli
della campagna lieta,
il guardo affiggo ai nuvoli;
e vado senza meta
verso l’oscuro incognito
che spinge ‘l mio cammin.
Sento l’odor del fetido
e tristo e inquieto stagno,
grida la rana, e supplice
e pur anch’io mi lagno;
e in sul lontano etere
quest’urlo non ha fin.
Scerno la terrea resina
della corteccia in doglie,
scorgo la nube ignivora
che ‘l Sol ancor mi toglie;
e tra gli stormi e i nugoli
veggo i piccion volar.
Canta la berta formida
dal dolce e glauco tiglio,
scorge dell’oro e un crimine
le bacia l’aspro ciglio;
ed è quell’ôr che luccica
l’astro che vuol sottrar.
Sull’alte rive i platani
mi copron d’ombre cupe,
mi veste d’ombra l’acero
che cresce in sulla rupe;
e gl’olmi, i pruni e i frassini
m’avvolgono ‘l sentier.
Scorgo lontan la rovere
che dolce e lieta infiora,
veggo vicino ‘l salice
che d’aspro pianto odora;
ed i castagni dormono
lungo l’aurette fier.
Miro in sul suol che scalpita
l’orme d’un quieto tasso,
mentre cammino impavido
sento gridar un sasso;
e dal boschetto incredulo
urla una volpe ancor.
Veggo tra’i fior le tenere
api che fanno ‘l miele,
bevono allegre ‘l nettare
che cola in sulle chele;
e tra costor s’aggirano
bianche farfalle allor.
Le grezze van crisalidi
lungo le fresche aurette,
vanno contente e volano
verso le fredde vette;
e le falene girano
liete d’intorno al Sol.
Vanno e volando salgono
alle tempeste istesse,
scorgo tra l’erbe roride
le molli e pie vanesse;
e come i glauchi pòllini
voglion volare in stuol.
Esterrefatte danzano
battendo ‘l vento e l’ale,
la bianca Ville sembrano
che dal sepolcro sale;
e sotto ‘l ciel che mormora
si slanciano al frinir.
Veggo che ‘l Sol le illumina
dal raggio maschio e ardente,
ed esse come fiaccole
quiete sen vanno e lente;
e come stelle brillano
nel ciel che va a dormir.
Sono del giorno l’ultime
e rosse e bianche tinte,
canta in dolor la nottola
che l’aure allor fa vinte;
e le fugaci nuvole
col Sole hanno la fin.
Scorgo la sera perfida,
le berte vanno al nido,
le pie farfalle tornano
al quieto e ignoto lido;
e in quest’istante misero
finisce ‘l mio cammin. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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