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Piango e m’angoscio in fremiti
di stizza infame e inerme,
volo al soffrir ignobile
che infetta come un germe;
e dal mio core l’anima
grida furente e muor.
Come una goccia reduce
da un nembo odioso e tetro,
cade sul suol la lagrima...
s’infrange come un vetro;
e dall’assillo estatico
sento che fu, l’Amor.
Piango e m’atterro e in gemiti
scorro la Notte insonne,
l’ombre discerno e i balsami
e i gelsi delle donne;
e tra costoro l’ultima
la mia saëtta fu.
Come un pianforte pallido
che grida ardente al vento,
sento che ‘l pianto m’ansima...
che ‘l cor mi batte a stento;
e da quel son che palpita
non la riveggo più.
Piango e m’uccido in lirici
sogni di fiori e baci,
mesti e incompiuti aneliti
che in Notte van rapaci;
e questa donna mormora
tra l’urla e i miei sospir.
Come una fiamma luccica
in sulla cripta oscura,
ella m’inquieta e l’incubo
per lei ancor perdura;
e da tal brama pronuba
prolunga ‘l mio martir.
Docile fiamma, piccola
spene nel cor felice,
senti! È ‘l segreto impavido
che or ti parla; e dice
che sei tu sola ‘l nobile
Sole del mio pensier...
e piango ancora e lagrimo,
prostrato a terra e illuso,
come l’incanto debile
d’un mesto e spento muso...
ed il silenzio fulmina
da’i nembi del dover.
Sento e assaporo incredulo
l’aspro fetor de’i morti
sogni, de’i bianchi palpiti
che vanno al sonno assorti;
e l’egro ciel mi pingono
le stelle un negro asil.
Come un velen di vipera
s’infiamma al tosto morso,
del pianto ‘l sale e l’iride
mi pascono d’un sorso;
e mi percòte ‘l spasimo
nel cor come uno spil.
La vidi un giorno e piacquemi,
in petto udii l’Amore...
mi piacque ‘l ciglio e femmina
mi piacque ‘l suo candore;
ed il suo crine in tenebra
di luce ‘l mio giovò.
La scorsi bella e giovine,
ridente e fresca e onesta...
mi stette accanto e libera
nel verno d’una festa;
ed il suo nom di cenere,
di foco allor tònò.
Piango, e perché adultero
mi rende tal desiro
lagno la sorte lurida
e tristo poi deliro;
ed il Destin terribile
men vado ad imprecar...
ed ella è d’altri, ahi misero,
e d’ignorar me finge...
e questo ciel di lagrime
in cor il duol mi pinge...
e qui non ha più termine
l’estro del mio gridar.
Foco che infiamma flebile
costei sarà per sempre...
piango irrequieto ed ansimo
e qui non ho più tempre,
laddove sento l’anima
che gonfiasi d’Amor.
Ma la sua lira ‘l funebre
sòno d’esequie canta,
ed il mio cor tra’i palpiti
di strazi allor s’ammanta;
e questo ch’è desiderio
molle s’acqueta... e muor. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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